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18 Marzo 2020

Incontri virtuali con lo Staff MBA

  Sviluppo personale e desiderio di miglioramento sono caratteristiche fondamentali per chi vuole essere pronto ad affrontare nuove sfide in un contesto socio-economico dominato dalla rapidità di cambiamento e dall’incertezza. Gli MBA della Luiss Business School rappresentano un’esperienza unica di sviluppo del proprio potenziale sia personale che professionale. Partecipa ad un incontro virtuale da 30 minuti con lo Staff MBA e scopri il formato più adatto al tuo profilo e alle tue esigenze: MBA Full-Time: master internazionale in 12 mesi in partenza a ottobre 2020 indirizzato a giovani professionisti con almeno 3 anni di esperienza lavorativa che desiderano cambiare funzione aziendale o industry; MBA Part-time Roma: master internazionale in formula weekend in 22 mesi in partenza il 17 aprile 2020 per professionisti e middle manager con almeno 3 anni di esperienza lavorativa che desiderano accelerare il loro percorso di carriera; MBA Part-time Milan: master internazionale in formula weekend in 16 mesi in partenza a novembre 2020 per professionisti e middle manager con almeno 3 anni di esperienza lavorativa che desiderano acquisire conoscenze manageriali per accelerare il loro progetto di carriera con un focus particolare sul mondo dell’innovazione e del digitale; Executive MBA: master in lingua italiana in 20 mesi in partenza a maggio 2020 indirizzato a manager con lunga esperienza lavorativa che desiderano ampliare le loro competenze manageriali e affinare lo stile di leadership per acquisire il punto di vista della direzione generale. Durante gli incontri a distanza sarà possibile acquisire insights esclusive su: opportunità di cambio di ruolo e azienda o avanzamento di carriera in funzioni manageriali riscontrate dai nostri ex allievi MBA; possibilità di business network offerto dalla scuola; metodologia didattica volta a sviluppare parallelamente competenze manageriali e doti di leadership. I coordinatori MBA saranno inoltre felice di rispondere a domande su processo di selezione, borse di studio disponibili per donne e studenti meritevoli, sconti disponibili per candidati provenienti da aziende partner. Per partecipare ad un incontro a distanza è necessaria la registrazione. PRENOTA UN MEETING DI ORIENTAMENTO VIRTUALE 18/03/2020

13 Marzo 2020

Coronavirus: Huawei si offre per collegare in cloud gli ospedali italiani

L'intervista al presidente Huawei Italia Luigi De Vecchis, per DigitEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore di Simona Rossitto Un contributo alla lotta contro il coronavirus. Lo propone, in questi giorni drammatici per la vita del Paese,  Huawei Italia, mettendo sul piatto, oltre alla donazione di una serie di apparati di protezione, la possibilità di collegare in cloud gli ospedali italiani tra di loro, comunicando con le unità di crisi. Lo annuncia, in un'intervista a DigitEconomy.24 il presidente del gruppo Luigi De Vecchis. Su un altro fronte, cioè quello della sicurezza delle reti, il manager italiano risponde punto per punto alle accuse che definisce «infondate» contro i vendor cinesi. Innanzitutto «non è mai stata trovata una prova che dimostri che le reti di Huawei non siano sicure». Realizzare, invece, le reti 5G con un solo vendor non farebbe altro che rendere il sistema più attaccabile dagli hacker. Riguardo poi al core network, il cuore della rete, Huawei si dice anche pronta a fare un passo indietro. E alle accuse del Copasir che ha evidenziato gli obblighi di informazione esistenti verso Pechino, il presidente di Huawei Italia risponde affermando che «riguardano solo quanto accade nella Cina stessa». Presidente De Vecchis, di fronte all'emergenza coronavirus, quali iniziative state mettendo in campo? Stiamo mettendo in campo una serie di iniziative, dalla donazione di apparati di protezione, come tute per il personale medico, a una soluzione di comunicazione in cloud che, assieme ai nostri partner, permetterà ad alcune strutture ospedaliere di regioni diverse di comunicare con le unità di crisi in tempo reale, scambiandosi informazioni, dati e collaborando nell'emergenza. Vorremmo anche collegare i centri di eccellenza italiani con gli ospedali cinesi di Wuhan che hanno già sperimentato sul campo il contenimento dell'epidemia. La Cina è riuscita a reagire bene anche con il contributo delle tecnologie (intelligenza artificiale, big data). Dal punto di vista interno non abbiamo nessun problema operativo, ad esempio alcuni giorni fa abbiamo fatto un meeting con centinaia di persone da tutta Italia in videoconferenza. Di fronte al rallentamento atteso dell'economia italiana avete rivisto i piani di investimento? L'epidemia metterà in difficoltà enormi le imprese, e noi non siamo immuni. Cerchiamo però di confrontarci, con l'obiettivo di mantenere una presenza forte nel Paese.  Voglio inoltre ricordare che l'investimento in R&S in Italia è cresciuto del 250% dai 12 milioni di dollari del 2016 ai 42,1 milioni del 2019. Inoltre, entro il 2021, il nostro obiettivo è di incrementare gli investimenti nella ricerca con le università italiane intorno al 15 per cento. Collaboriamo a progetti di ricerca e sviluppo con 16 università italiane grazie al nostro centro globale di ricerca di Segrate dove ci occupiamo, a livello mondiale, di Link in ponte radio e di onde millimetriche. C'è inoltre un forte impegno sul tema delle competenze digitali. Passando al tema della sicurezza delle reti, a breve  l'Italia dovrà recepire il piano Ue sul 5G. Che cosa ne pensa? Nel mondo della scienza tentare di spezzare una competenza ed eliminarla dal contesto delle collaborazioni scientifiche è come decidere di tagliare un fiume con un coltello. Nel 5G Huawei ha realizzato il brevetto numero uno. Ad oggi detiene il 20% dei brevetti nel mondo sul 5G che condivide con tutte le industrie del settore che partecipano ai comitati di standardizzazione internazionali. I pregiudizi, di matrice americana, sulla presenza della nostra azienda in Italia, sono infondati e non contribuiscono all'avanzamento del digitale in Italia. Sono formulati senza la reale conoscenza del settore delle telecomunicazioni. Una delle accuse alle aziende cinesi, è quella di usufruire di aiuti di Stato Huawei è un'azienda che ha un bilancio controllato da Kpmg e investe in ricerca e sviluppo oltre il 15% del proprio fatturato. I soldi non vengono dal governo cinese ma dal nostro fatturato. Huawei, inoltre, investe nel mondo delle tlc più di quanto non facciano le aziende americane del settore messe assieme, questa è la forza del gruppo, non altro. Il Copasir parla di prove evidenti alla base delle preoccupazioni riguardo alla presenza di aziende cinesi nelle nostre reti. Qual è la vostra posizione? Innanzitutto bisogna dire che non è mai stata trovata una prova che dimostri che le reti di Huawei non siano sicure, né è mai stato rilevato dalle università che lavorano con noi, dai nostri competitori o dagli operatori di telecomunicazioni. Ogni volta viene fuori il discorso della porta Telnet sulla rete Vodafone, ma bisogna ricordare che si tratta solo un mezzo per avere diagnosi limitate alla qualità dei dati e dell'accesso. Nel nostro Paese bisogna poi considerare il fatto che il Dis abbia lavorato a una legge che affronta globalmente il problema della sicurezza e che ha portato alla definizione del perimetro informatico di sicurezza. Legge studiata da esperti che conoscono le tecnologie e le reti. In realtà è una legge che ha allargato il perimetro, e secondo noi è l'approccio giusto. Ma supponiamo che abbiano ragione i critici e che si proceda con la realizzazione del 5G con un solo vendor, questo sarebbe un vero disastro per la sicurezza delle reti nel mondo. La sicurezza ha bisogno di una risposta tecnica e non politica. La tecnologia Huawei, è la più controllata al mondo, passata al setaccio da tecnici con autorizzazioni dell'intelligence britannica identici a quelli della Nsa americana, non sono mai state trovate criticità. Abbiamo messo a disposizione i codici sorgenti del nostro software per controllarlo. Purtroppo c'è prevenzione nei nostri confronti e la relazione del Copasir non fa eccezione. La legge cinese sulla sicurezza non impone a nessun cittadino o impresa cinese di sottrarre illegalmente dati. Che cosa può dire sul rapporto tra il governo di Pechino e le aziende cinesi, al centro delle accuse? La nota che è stata divulgata dal Copasir è infondata, la legge sulla sicurezza in Cina è chiara, gli obblighi di informazione verso il governo cinese riguardano solo quanto accade nella Cina stessa. Non è scritto da nessuna parte che le aziende o le persone siano obbligate a farlo fuori dalla Cina. Ciò nonostante si continua a dire il contrario. La sicurezza delle reti 5G non può dipendere da una decisione politica. Con il 5G le società di tlc e le imprese che investiranno nell'innovazione tecnologica, potranno riprendere quel vantaggio competitivo nei confronti degli Over the top, che hanno il 70% della capitalizzazione mondiale delle imprese Ict. Questo è uno dei motivi del nervosismo americano. Attualmente qual è la presenza di Huawei nelle reti italiane? Al momento Huawei ha un 20-30% delle reti, escluso il core network. D'altronde la rete in mano a un solo vendor è più vulnerabile e più reti simili possono veramente rappresentare una debolezza endemica per un sistema Paese. Noi abbiamo sempre detto che se il problema è il core network, il cuore della rete, siamo pronti a fare un passo indietro per restarne fuori. Riteniamo che una rete multivendor sia più sicura. D'altra parte, però, se la rete dovesse essere in mano a un solo vendor, sarebbe più vulnerabile ed un attacco hacker che, se avesse successo, sarebbe in grado di fermare l'intera rete. Immaginate ora più reti al mondo realizzate da un'unica tecnologia. In questo caso un solo attacco hacker sarebbe devastante. Più reti simili possono rappresentare una debolezza endemica per un sistema Paese. Il problema non sono le backdoor, ma sono gli attacchi degli hacker in continua crescita. Infine la sicurezza che usiamo nella nostra rete è uguale a quella dei nostri competitori. Che rapporto avete col governo italiano? Rispettiamo il governo italiano che ha avuto un approccio rigoroso, scientifico ed obiettivo nei confronti della sicurezza delle reti. Certo la prima legge sul golden power ha sollevato un'attenzione inusitata e fuorviante per i vendor extraeuropei, ma la legge sul perimetro cibernetico ha indirizzato il problema vero sulla sicurezza. Siamo convinti che questo sia l'approccio giusto e speriamo che presto siano rimossi i pregiudizi contro i vendor extraeuropei. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 13/13/2020

13 Marzo 2020

«Con emergenza coronavirus sicurezza delle reti ancora più importante»

L'intervista al presidente del Copasir, Raffaele Volpi per DigitEconomy24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore di Simona Rossitto Sul 5G «è il momento di avere al più presto un indirizzo politico, è il momento della responsabilità, il decisore faccia il decisore». Lo chiede il presidente del Copasir, Raffaele Volpi, annunciando di aver riconvocato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sul tema. Volpi ritorna sulla questione della sicurezza, sottolineando che alla base della relazione Copasir di dicembre che ritiene in gran parte fondate le preoccupazioni sull’ingresso delle aziende cinesi nelle attività di installazione, configurazione e mantenimento delle infrastrutture delle reti 5G, ci sono «evidenze chiare», «atti secretati». Inoltre, sottolinea Copasir, «questo – afferma - non è il mio pensiero, è il pensiero di tutto il comitato, all’unanimità». Il settore del 5G, «come altri settori, non si può spiegare solo con dati economici, stiamo vivendo un momento in cui c’è un profondo rimescolamento delle carte a livello mondiale, già la Cina che stiamo vivendo in questi giorni è una Cina diversa da quella di un mese fa». In questo panorama mondiale, l'ancoraggio euratlantico è «imprescindibile». Volpi risponde anche sul concetto di sicurezza nazionale, che secondo quanto dichiarato a DigitEconomy.24 dal direttore generale del Dis, Roberto Vecchione, vale per gli asset strategici e non va dilatato all’estremo. «Il concetto di sicurezza nazionale – afferma il presidente del Copasir - non è interpretabile, è la sicurezza nazionale, non si tratta di dilatare o non dilatare, e non si tratta di avere pregiudizi nei confronti dei cinesi. Inoltre, tutte le infrastrutture, dalle reti alle antenne, sono legate a un dato di sicurezza nazionale». Non solo: bisogna tutelare oltre alle reti anche i dati immateriali. In sostanza siamo di fronte a questioni e problemi nuovi e, quindi, «occorre stare nella posizione di maggior cautela». Presidente Volpi, il 2020 è un anno cruciale per lo sviluppo del 5G anche per l'acuirsi dell'epidemia di coronavirus che richiederà reti sempre più performanti per gestire nuove modalità di lavoro. Come si posiziona l'Italia? Rischia di essere schiacciata nella competizione globale? Il settore del 5G, come altri settori, non si può spiegare solo con dati economici, stiamo vivendo un momento in cui c’è un profondo rimescolamento delle carte a livello mondiale, già la Cina che stiamo vivendo in questi giorni è una Cina diversa da quella di un mese fa. Noi dobbiamo sapere da che parte stare, ci sono questioni importanti come il 5G, gli F35, la partecipazione corretta e continuativa nella Nato che si ascrivono all’interno di una scelta geopolitica. Non c'è solo l'obiettivo importante di dover realizzare le reti, siamo anche di fronte a una scelta di campo più ampia. Anche dal punto di vista meramente economico, l'idea che infrastrutturazione nazionale col 5G costi tanto non corrisponde alla realtà, costa circa 600 milioni, come abbiamo evidenziato nel nostro rapporto. Inoltre si parla di gap tecnologico. Si dice che le aziende cinesi siano più avanti, ma il divario è riducibile in uno spazio temporale di 6-7 mesi, un anno massimo. Noi per una manciata di centinaia di milioni e gap riducibili in pochi mesi siamo sicuri che vogliamo scegliere situazioni che secondo noi presentano ambiguità? Io penso che in questo momento l'ancoraggio euratlantico sia imprescindibile e che dobbiamo metterci in condizioni di avere una posizione contrattuale. Entro il 30 aprile l'Italia deve recepire il piano Ue sul 5G. È un piano sufficiente a garantire la sicurezza? Il piano della Ue sul 5G è molto ampio, generico, se vogliamo, noi dobbiamo guardare alle nostre esigenze. A livello europeo il 5G può essere un'opportunità per far capire che il Vecchio Continente è una potenza mondiale, ragionando almeno una volta su un’infrastruttura strategica. L'Europa deve essere protagonista. È evidente che se non si riuscirà a trovare convergenza nemmeno su questioni strategiche, come il 5G, che riguarderanno i prossimi 30 anni, sarà difficile dire che noi siamo e agiamo come Europa. Serve la politica, questo è il dato che manca da troppi anni, e la politica è fatta di decisioni, la politica non è asettica. Huawei e Zte hanno chiesto di essere risentiti in tema di 5G, ma lei ha già dichiarato che il Copasir non li audirà di nuovo anche perché ci sono evidenze chiare. Ci può spiegare meglio? È bene chiarire che noi del Copasir non siamo una commissione ordinaria. Noi abbiamo condotto un'indagine conoscitiva che si è conclusa a dicembre. Non abbiamo bisogno di risentirli, non è per recare loro offesa, ma perché abbiamo concluso e consegnato la nostra relazione. Il Copasir inoltre ha un rapporto fiduciario col Parlamento. Quando il comitato si esprime in un certo modo, cioè, il Parlamento si deve fidare. Non posso dire perché, ci sono evidenze. Ci sono documenti secretati. A decidere è poi il presidente del Consiglio che ha gli strumenti per verificare le evidenze. Il decisore politico è lui, non è il Dis, non sono i servizi, non siamo noi. Adesso, ancor più con gli strumenti di cui ci si è dotati come il golden power e il perimetro di sicurezza, il decisore è politico. Nel rapporto, inoltre, è contenuta anche una questione di carattere economico riguardante una forma di aiuti di Stato per le aziende cinesi. Ci vorrebbe una presa di coscienza europea per verificare se vi sono forme di distorsioni del mercato. In più bisogna chiedersi se è vero o no che le aziende cinesi hanno l’obbligo di trasmettere informazioni al governo in caso di richiesta. Loro dicono di no, ma sappiamo tutti che è così.  Una volta trasmesso il rapporto, che cosa chiede allora il Copasir al governo? Serve al più presto un indirizzo politico, è il momento della responsabilità, il decisore faccia il decisore. Questo non è il mio pensiero, è il pensiero di tutto il comitato, all’unanimità. Ci sono delle cose che sono evidenti. Non siamo soddisfatti delle rassicurazioni generiche ai nostri alleati riguardo al fatto che il nostro perimetro di sicurezza è di garanzia. Bisogna capire come garantisce, che cosa e perché. Non basta la normativa, bisogna applicarla. Noi stiamo affrontando delle questioni nuove, estremamente nuove, e bisogna usare cautela. Sentirete altri membri del governo? Abbiamo deciso di riconvocare il presidente del Consiglio, ci deve dire che cosa pensa della questione, noi abbiamo evidenziato i pericoli, li ha evidenziato tutto il comitato, li ha evidenziati una persona che ora è ministro della Difesa del Paese. Ci tengo a precisare che da quando faccio questo lavoro sono tutto tranne che un oppositore, il mio ruolo non è fare il leghista, ma il presidente di un comitato bipartisan. La questione è seria, nel frattempo si va avanti con le gare per le reti 5G, con tutte le conseguenze che questo può comportare in futuro visto che alle aziende cinesi non manca la capacità economica di fare, eventualmente, delle cause giudiziarie. Il capo del Dis, Roberto Vecchione, proprio in un'intervista a DigitEconomy.24 ha dichiarato che il concetto di sicurezza nazionale non va dilatato. Lei cosa ne pensa? Bisogna porre attenzione su molti aspetti. Il concetto di sicurezza nazionale non è interpretabile, è la sicurezza nazionale, non si tratta di dilatare o non dilatare, e non si tratta di avere pregiudizi nei confronti dei cinesi. Inoltre tutte le infrastrutture, dalle reti alle antenne, sono legate a un dato di sicurezza nazionale. In più siamo di fronte a una questione nuova: il problema non è solo l'infrastruttura, ma come si possa difendere il dato immateriale che è condiviso, spesso con il nostro consenso. Ma un conto è la profilatura dal punto di vista commerciale, diversa è una profilatura che può condizionare o che si basa su dati sensibili. Consideriamo inoltre che, per i primi anni, il 5G sarà utilizzato soprattutto da grandi sistemi bancari e industriali. Ma se non controlliamo la rete come possiamo controllare i dati? Visto che siamo di fronte a fenomeni nuovi e complessi la conclusione è che bisogna stare nella posizione di maggior cautela. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 13/03/2020

09 Marzo 2020

Intesa - UBI e il caso Lombardia. Tre domande sul futuro del credito

Commento di Raffaele Oriani, Associate Dean Luiss Business School, pubblicato su Affari & Finanza L’offerta pubblica di scambio lanciata da Intesa Sanpaolo su UBI arriva in un momento senza dubbio complesso per il settore bancario italiano, soggetto, da un lato, a forti pressioni sulla redditività e, dall’altro, alle sfide poste dall’innovazione digitale, con il numero di sportelli sul territorio nazionale che si è ridotto del 15% negli ultimi 3 anni. La più recente analisi di KPMG sulle semestrali dei gruppi bancari italiani mette in luce nel primo semestre del 2019 una riduzione de 4,5% del margine di interesse e del 5,4% delle commissioni nette. Si pone con forza oggi la necessità di modificare i business model, con particolare riguardo alle fonti dei ricavi, alla razionalizzazione dei costi e all’impatto delle tecnologie digitali. Un recente report di S&P mostra che ancora oggi il margine di interesse rappresenta circa il 50% dei ricavi delle banche italiane e che la penetrazione dell’online banking in Italia, attestandosi al di sotto del 50%, è più bassa rispetto a quella della maggior parte degli altri Paesi europei. In un tale contesto, l’annunciata operazione è particolarmente significativa perché coinvolge due tra le prime cinque banche in termini di presenza territoriale. A livello nazionale, l’operazione porterebbe alla nascita di un gruppo bancario che avrebbe circa il 20% degli sportelli, al netto di quelli che è previsto vengano ceduti a BPER e senza considerare ulteriori possibili razionalizzazioni della rete. La situazione, tuttavia, a prescindere dalle considerazioni che gli azionisti delle due banche vorranno fare, si presta a diverse valutazioni nel momento in cui, guardando ai dati di Banca d’Italia, si analizzano le quote di mercato degli sportelli a livello regionale, dove si registra una significativa eterogeneità. In alcune regioni, come Trentino, Veneto, Sardegna e Sicilia, la presenza di UBI è molto limitata e non vi sarebbero, dunque, conseguenze rilevanti in termini di competizione. In altre regioni, come ad esempio Lazio e Toscana, gli sportelli di UBI rappresentano una quota compresa tra il 5 e il 6% del totale, divenendo una ragionevole opzione di espansione per Intesa. Ci sono, tuttavia, alcune Regioni, come Lombardia, Calabria e Puglia, dove UBI e Intesa avrebbero complessivamente più del 25 % degli sportelli, mentre nelle Marche si arriverebbe fino al 40%. Non a caso, l’Offerta di Intesa prevede, per ora a titolo indicativo, una più significativa cessione di sportelli in alcune di queste regioni a BPER, che in Sardegna, caso simile, ha il 60% del mercato. Inoltre, è proprio in tali regioni, e in particolare in Lombardia dove Intesa ed UBI hanno una presenza molto simile (rispettivamente il 13,8% e il 12,8% degli sportelli), che sarebbe più probabile assistere, nella eventuale fase di integrazione, a una maggiore riduzione del numero delle filiali. A valle dell’eventuale esito positivo dell’operazione complessiva, sarà quindi necessario rivalutare la situazione concorrenziale. Come potrebbe cambiare dunque la competizione nel sistema bancario italiano? Ci sono alcuni aspetti rilevanti che andrebbero considerati per rispondere a questa domanda. In primo luogo, vi è ancora spazio in Italia per ulteriori operazioni di concentrazione. I dati forniti dalla BCE ci dicono che gli asset delle prime banche italiane rappresentavano nel 2018 il 45,6% del totale. Questo dato è in linea con quello francese (47,8%), ma è significativamente inferiore a quello della Spagna, dove le cinque banche più grandi detengono il 68,5% delle attività. Tuttavia, l’analisi della concorrenza va effettuata anche a livello regionale. In alcune regioni esiste ancora una quota di mercato contestabile – si pensi alla Puglia o alla Liguria, dove le situazioni della Banca Popolare di Bari e di Carige potrebbero favorire eventuali aggregazioni - mentre in altre il mercato è già sufficientemente concentrato. Ulteriori fusioni in queste aree non potrebbero che portare a un’accelerazione del taglio degli sportelli. Occorre, dunque, valutare con attenzione se, al fine di garantire crescita dimensionale e miglioramento della redditività, non sia preferibile privilegiare operazioni di acquisizione di operatori bancari all’estero, possibilmente in mercati con tassi di crescita più interessanti. Un secondo tema riguarda gli effetti sul sistema del credito. La citata analisi di KPMG mostra una crescita sostanzialmente nulla dei crediti verso la clientela da parte delle banche italiane. La domanda che quindi ci si dovrebbe porre è se il consolidamento di due tra i maggiori operatori bancari nel mercato italiano, con la conseguente probabile riorganizzazione territoriale che ne conseguirà, possa generare effetti sulla disponibilità di credito alle imprese, soprattutto di piccole dimensioni. Il terzo aspetto riguarda gli obiettivi delle operazioni. Ulteriori concentrazioni avranno senso solo se in grado di incidere in modo efficace sui business model e sulle leve di creazione del valore, consentendo un rafforzamento nelle aree di business a più elevata marginalità (ad esempio, private banking e wealth management) e favorendo gli investimenti nell’innovazione digitale, con una particolare attenzione ai servizi di pagamento, che oggi offrono le maggiori opportunità di crescita, ma che sono al contempo esposti a forte concorrenza da parte di operatori non bancari. Infine, non è detto che le operazioni nel settore debbano necessariamente essere fusioni orizzontali. Alla luce di quanto discusso sopra, opportunità interessanti potrebbero nascere dall’acquisizione di società fintech che consentano alle banche, da un lato, di offrire in modo innovativo servizi già in portafoglio e, dall’altro, di ampliare la gamma di potenziali prodotti per i propri clienti. Un recente report di Hampleton & Partners evidenzia che nel corso del 2019 a livello globale sono state effettuate 439 acquisizioni di società fintech, per un controvalore di 130 miliardi di dollari, ma che nessuno dei principali acquirenti risulta essere un grande gruppo bancario. Senza dubbio, un punto su cui riflettere. 09/03/2020 

02 Marzo 2020

15 Borse di studio per il Master in Open Innovation & Intellectual Property

Innovare per restare competitivi. Sperimentare nuovi modelli di business aperti a contaminazioni esterne per non disperdere le risorse aziendali. Questo e molto altro rappresenta il nuovo paradigma dell'Open Innovation. Un modello di innovazione sempre più diffuso in Italia in cui aziende, start up, consulenti esperti e centri di ricerca collaborano per generare opportunità di sviluppo economico. Il Master in Open Innovation & IP , nato dalla collaborazione tra la Luiss Business School, il Ministero dello Sviluppo Economico (Direzione generale per la lotta alla contraffazione – Ufficio Italiano Brevetti e Marchi) e l’Università degli Studi di Torino – tramite la SAA School of Management, giunto alla VI edizione, forma professionisti ed esperti in grado di disegnare e gestire in maniera strategica processi di innovazione aperta e di valorizzazione della proprietà intellettuale, necessari per sostenere la crescita delle imprese in un contesto sempre più competitivo, dinamico e globalizzato. Per la nuova edizione del master in partenza ad aprile 2020, il Ministero dello Sviluppo Economico sostiene i candidati più meritevoli con 15 borse di studio a copertura del 70% della fee del master. Le borse di studio saranno devolute a chi si distinguerà per forte motivazione e attinenza del curriculum al profilo richiesto previa ammissione al master. La deadline per l’assegnazione delle borse di studio è fissata al 26 marzo 2020. Per accedere ai contributi è necessario attivare la propria candidatura e sostenere il test di selezione in remoto il 24 marzo 2020 (la lista completa della documentazione richiesta e i dettagli della prova di ammissione sono disponibili a questo link). Per maggiori informazioni chiamare il numero 06 8522 2327 oppure scrivere a: executive@luissbusinessschool.it. Il Master Open Innovation & IP è un master inter-ateneo di secondo livello in formula weekend, ideale per chi vuole conciliare carriera professionale e sviluppo delle proprie competenze nell’ambito dell’attuazione e gestione di processi di Open Innovation, con particolare attenzione al ruolo critico ricoperto dai Diritti di Proprietà Intellettuale e che prepara ad intraprendere una carriera in tutti i settori ad alta innovazione: dalle industrie ad alta tecnologia alla consulenza strategica e tecnologica, così come nelle startup e incubatori, negli studi giuridici specializzati in proprietà intellettuale fino ai TTO universitari e istituti di ricerca. La partecipazione al Master dà inoltre diritto all’iscrizione all’Albo degli Innovation Manager. SCOPRI DI PIÙ 17/03/2020

28 Febbraio 2020

Emergenza coronavirus, appello del Governo alle telco: accelerare sulle reti 

Di fronte all’emergenza coronavirus il Governo chiede alle telco di accelerare gli investimenti nelle reti. L’appello arriva da Mirella Liuzzi, sottosegretaria al ministero dello Sviluppo economico, in una dichiarazione a DigitEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore di Simona Rossitto La sperimentazione forzata del telelavoro, spiega Liuzzi, «ci porta a riflettere sull’effettiva necessità di assicurare, in tutto il territorio nazionale, condizioni infrastrutturali e servizi digitali di avanguardia, al fine di rendere il telelavoro una pratica stabile e consolidata e non solo una pronta risposta a necessità contingenti. Per fare questo occorre superare, una volta per tutte, l’annoso gap digitale che ancora oggi vede diversi distretti industriali del Paese tagliati fuori dalla banda ultra larga». Intanto le telco, dal canto loro, stanno monitorando l’evoluzione dell’epidemia e i suoi effetti, pensando a mettere in sicurezza i propri lavoratori, in primis proprio grazie a smart working e telelavoro. L’importanza delle telecomunicazioni per affrontare rischi sistemici come quello da coronavirus è sottolineata dalla stessa Etno, l’associazione europea di settore, che a DigitEconomy24 dice: «le telco rimangono un’infrastruttura importante in tutti i momenti della vita di un Paese: sia come volano di crescita sia come strumento per superare momenti di crisi. La situazione coronavirus non fa eccezione: l’Italia può contare sui suoi operatori e sui loro servizi». D’altro canto ci sono segnali che potrebbero far pensare a un rallentamento della corsa al 5G: il 3GPP, l’organismo che fissa gli standard tecnologici del 5G, ha stoppato le riunioni a causa dei timori del contagio e bisogna ricordare che importanti fornitori di tecnologia sono cinesi. A questo riguardo Etno sottolinea invece l’importanza di adottare la strategia multi-vendor scelta dalle telco europee. Strategia che «consiste nel differenziare i vari fornitori: siano essi europei, asiatici o americani. È importante che, nel rispetto dei più alti standard di sicurezza europei e italiani, gli operatori possano approvvigionarsi presso i vendor migliori e più competitivi.  Questo vale anche alla luce di possibili interruzioni momentanee delle supply chain, che possono essere dovute a molti fattori, tra i quali anche eventuali problemi commerciali legati a situazioni di epidemia, o a crisi internazionali». In termini di catena di fornitura, non rilevano problemi, ad esempio, nel quartier generale di Ericsson dove fanno notare  che il gruppo «può vantare una supply chain globale con la presenza di stabilimenti produttivi in Usa, Brasile, Polonia, Estonia, Messico, India e Cina». Al momento, quindi, il coronavirus non sembra bloccare le telco e i vendor che lavorano in Italia. Anzi, il 5G in particolare potrebbe giocare un ruolo da protagonista nell’affrontare crisi di questo tipo. La pensa così, tra l’altro, lo stesso Governo cinese che ha sollecitato gli operatori ad accelerare la costruzione della rete 5G. Le opportunità del 5G, in situazioni di emergenza, sono riconosciute anche dall’ex monopolista italiano Tim: «il 5G e tutte le applicazioni abilitate dal 5G aiuteranno e favoriranno sempre più la gestione di queste situazioni sia in termini di servizi, come ad esempio la telemedicina, sia logistici, come ad esempio le teleconferenze». Uno dei primi atti del Governo italiano per contenere l’epidemia è stato proprio il provvedimento che consente ai dipendenti che risiedono nelle aree in quarantena di lavorare da casa. «Il telelavoro – aggiunge la sottosegretaria Liuzzi - equivale a garantire risparmi in termini economici, ambientali e non ultimo un miglioramento della qualità della vita dei dipendenti, per adottare in maniera diffusa queste buone pratiche basta semplicemente una connessione veloce e il mio auspicio è che si possa fare uno sforzo corale in questa direzione». Peraltro, sottolinea Etno, «i servizi tlc in Italia e in Europa sono resilienti e la connettività è tra le migliori al mondo. Secondo i dati della Commissione europea, la copertura del broadband fisso e mobile, in Italia, è prossima al 100% del territorio, in linea con i partner europei. In particolare, l’Italia ha un’ottima copertura del 4G, sempre prossima al 100 per cento». Le principali conseguenze del coronavirus, per il mondo delle comunicazioni mobili, «sembrano invece ad oggi più rilevanti – aggiunge Etno - per il settore degli smartphone, dove una value-chain “just-in-time” è messa sotto pressione dalla chiusura di alcuni stabilimenti asiatici».  Intanto sono gli stessi vendor e le telco a dare l’esempio e a puntare su misure preventive. Solo per citare qualche esempio Ericsson «in Italia sta privilegiando il ricorso allo smart working» e Huawei «ha introdotto misure di smart working per i dipendenti di Milano, Torino e Bologna». Sfoglia il report completo  28/02/2020  

28 Febbraio 2020

5G e sicurezza nazionale: l'intervista a Gennaro Vecchione, direttore generale del Dis per DigitEconomy.24

Il concetto di sicurezza nazionale, anche in ambito telco, non va dilatato all’estremo: vale per gli asset strategici, per il resto ci sono le regole del libero mercato.  È la posizione di Gennaro Vecchione, direttore generale del Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, nell’intervista a DigitEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore, una delle prime da lui rilasciate. di Ivan Dompé, Adjunct Professor Luiss Business School «L’architettura della rete 5G è complessa e per ciò stesso presenta rischi per la sicurezza» e quindi «la principale preoccupazione è quella di coniugare la capacità di cogliere appieno tutte le opportunità che il 5G offre con l’abilità nel mitigare al massimo i fattori di rischio, agendo in ottica preventiva».  In generale in ambito telco, tra rete fissa e data center dove gli apparati cinesi sono presenti, Vecchione avverte che «non si può dilatare sino all’estremo il concetto di “sicurezza nazionale”, a meno che non si ritenga di abbandonare il modello di economia aperta» e «quindi, il criterio in base al quale la protezione dei superiori interessi del Paese deve prevalere sulle regole del libero mercato è quello della rilevanza strategica dei settori e degli asset. Negli altri casi, non si interferisce nelle dinamiche della concorrenza». Riguardo alla proprietà delle telco che per Gennaro Vecchione, direttore generale del Dis in molti casi hanno azionisti di riferimento stranieri, Vecchione ricorda che c’è sempre la possibilità di applicare il Golden power, ma ribadisce: «deve trattarsi di asset strategici per la sicurezza nazionale. Altrimenti, non possono essere messe in discussione né la necessità di attrarre investi-menti esteri né la contendibilità delle aziende». Il 5G costituirà il futuro delle tlc, ma abiliterà anche servizi cruciali come le smart cities o la telemedicina: la sicurezza di queste reti è quindi fondamentale. Qual è l'approccio del DIS? Buona parte della risposta sta già nella Sua domanda. Il 5G è una tecnologia abilitante. È  un acceleratore della trasformazione digitale, offre opportunità di innovazione imperdibili. Ma, allo stesso tempo, costituisce un cambio di paradigma: non sono più i servizi ad adattarsi alla rete, è la rete che si adatta ai servizi, quindi chi la controlla si ritrova ad avere in mano leve importanti dello sviluppo economico. Non solo. L’architettura della rete 5G è complessa e per ciò stesso presenta rischi per la sicurezza. Al contempo, nella filiera del 5G si intrecciano, al livello globale, numerosi attori, in forte competizione fra loro, intenti a guadagnare posizioni di supremazia tecnologica. Il nostro approccio prende le mosse da queste consapevolezze. La principale preoccupazione è quella di coniugare la capacità di cogliere appieno tutte le opportunità che il 5G offre con l’abilità nel mitigare al massimo i fattori di rischio, agendo in ottica preventiva. Con il 5G e l'IoT, il perimetro dei potenziali cyber attacchi crescerà esponenzialmente. Come tutelarsi? Certo, è come se in una casa aumentassero le finestre e le porte ed allo stesso tempo diminuisse la superficie dei muri. È  evidente che quella casa sarà molto vulnerabile, specie se, fuor di metafora, i produttori e i fornitori dei diversi dispositivi e servizi tendono a privilegiare l’abbattimento dei costi rispetto alle funzionalità di sicurezza. Ci si tutela mettendo il giusto accento sulle misure di sicurezza cibernetica e sul controllo degli approvvigionamenti. Con “giusto accento” intendo dire che guardiamo non alla totalità delle infrastrutture tecnologiche, ma solo a quelle dalla cui permeabilità può derivare un pregiudizio per la nostra sicurezza. La nostra preoccupazione riguarda le componenti più sensibili degli asset digitali critici, il cui malfunzionamento può danneggiare gravemente i nostri interessi nazionali. L’iniziativa legislativa del Perimetro di sicurezza nazionale cibernetica nasce proprio dall'esigenza di tutelare quegli asset. Dati, intelligenza artificiale, profilazione da una parte, privacy e sicurezza dall'altra: quale equilibrio? Rispondo relativamente alla sfera di responsabilità che mi compete. Nel nostro ordinamento vige un articolato sistema di garanzie che assicura il giusto bilanciamento tra le istanze di protezione dei dati personali e le esigenze operative degli Organismi informativi. Noi possiamo raccogliere e trattare notizie e informazioni esclusivamente per il perseguimento degli scopi istituzionali dell’Intelligence, secondo criteri sottoposti al controllo parlamentare. A completare la cornice delle garanzie, oltre ad una disciplina ad hoc armonizzata con quella comunitaria, vi è anche una nostra collaborazione strutturata con il Garante della Privacy, estesa pure alla cooperazione nel campo della sicurezza informatica. La sicurezza nazionale viene prima di ogni altra cosa: i produttori cinesi tuttavia investono e creano posti di lavoro in Italia. Il Copasir ha di recente invitato ad alzare la guardia: quale l'approccio corretto di lungo termine? Dipende, bisogna distinguere fra tre aspetti, che comunque sono collegati fra loro, anche sul piano normativo. Per quel che riguarda il procurement, l’approccio corretto è quello che ha ispirato il Governo nel promuovere l’iniziativa del Perimetro, di cui Le parlavo prima. È una soluzione legislativa che non lascia margini all’arbitrarietà, non ci saranno né aperture a priori né chiusure pregiudiziali, verso nessuno. Verranno sottoposti a scrutinio tecnologico i dispositivi identificati come particolarmente sensibili da un’analisi del rischio effettuata dal competente Centro di valutazione. Per quanto concerne gli investimenti esteri, l’impianto legislativo nazionale è coerente con la normativa europea. Nel marzo del 2019 è stato introdotto un Regolamento che prevede un significativo ampliamento dei settori rispetto ai quali gli Stati membri possono scrutinare operazioni di investimento da parte di soggetti extraeuropei, tra cui l’alta tecnologia. Con le iniziative legislative nazionali abbiamo saputo anticipare l’implementazione di quelle norme europee. Per quel che attiene, infine, al 5G, la principale novità apportata lo scorso anno alla normativa sull’esercizio dei poteri speciali, il cosiddetto Golden Power, ha inteso ricomprendere proprio il 5G tra le attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale. Anche in questo caso, ci siamo trovati avanti in Europa, tanto da sedere nel gruppo di testa dell’assessment comunitario sulle reti 5G che ha originato il toolbox pubblicato a gennaio. Naturalmente, le norme sull’estensione dei poteri speciali al 5G sono raccordate con quelle del Perimetro, così che possiamo fare affidamento su un quadro legislativo coerente ed organico. Sicurezza delle reti non è solo 5G, ma anche rete fissa e data center, dove gli apparati cinesi sono presenti a tutti i livelli. La "vigilanza" su questi elementi è oggi meno importante? La legge attribuisce all’Intelligence il compito di difendere i nostri interessi politici, militari, economici, scientifici ed industriali. Come vede, è un novero molto ampio, nel cui ambito è fondamentale distinguere fra gli interessi vitali, che se venissero compromessi metterebbero a repentaglio il Paese, e tutti gli altri. Non si può dilatare sino all’estremo il concetto di “sicurezza nazionale”, a meno che non si ritenga di abbandonare il modello di economia aperta, che invece deve continuare a caratterizzarci al pari delle altre democrazie occidentali, per abbracciare formule dirigistiche o protezionistiche che non ci appartengono. Quindi, il criterio in base al quale la protezione dei superiori interessi del Paese deve prevalere sulle regole del libero mercato è quello della rilevanza strategica dei settori e degli asset. Negli altri casi, non si interferisce nelle dinamiche della concorrenza. Gli assetti proprietari delle telco nel nostro Paese vedono azionisti di riferimento cinesi, inglesi, francesi: può essere un problema nel lungo periodo? Il punto importante è che, qualora lo divenisse, saremmo in grado di intervenire alla luce della normativa vigente. Quanto alle telco, la disciplina sul Golden Power può applicarsi o alle reti attraverso le quali transitano dati e informazioni sensibili; oppure agli operatori, a fronte di operazioni di acquisto di partecipazioni societarie, fusioni, scissioni, trasferimento di controllate. In entrambi i casi, a seguito della notifica che la legge impone, il Governo valuta l’esercizio dei poteri speciali, attenendosi ai criteri stabiliti. Ma, ripeto, deve trattarsi di asset strategici per la sicurezza nazionale. Altrimenti, non possono essere messe in discussione né la necessità di attrarre investimenti esteri né la contendibilità delle aziende. Sfoglia il report completo   28/02/2019 

24 Febbraio 2020

Informativa nuovo Coronavirus (Covid-19) a studenti, famiglie, faculty e staff

Dal 24 febbraio al 1 marzo, sospensione delle attività presso il Milano Luiss Hub e l'Hub Veneto delle Dolomiti. Le attività della Luiss Business School a Villa Blanc proseguono regolarmente. Luiss continua a monitorare con attenzione l'evoluzione del nuovo Coronavirus (Covid-19). In particolare, in conformità alle prescrizioni delle Autorità competenti, le attività dell'Università su Roma proseguono regolarmente. Sulla base dei provvedimenti emanati dalla Conferenza dei Rettori delle Università Lombarde il 22 febbraio, presso il Milano Luiss Hub e l'Hub Veneto delle Dolomiti saranno sospese le attività didattiche, le conferenze e gli eventi previsti a partire da lunedì 24 febbraio e fino a domenica 1 marzo. Si tratta di misure cautelative a tutela della salute pubblica e del funzionamento delle attività istituzionali di tutti gli atenei della Lombardia e del Veneto, data la mobilità degli studenti. Tutti coloro che fossero stati, in Italia o all’estero, in zone a rischio o avessero avuto contatti con persone residenti in quelle aree, sono invitati a seguire le indicazioni del Ministero della Salute. Comunicato della Conferenza dei Rettori delle Università Lombarde L’evoluzione della situazione relativa alla diffusione del Coronavirus impone l'adozione di misure cautelative a tutela della salute pubblica e del sereno funzionamento delle attività istituzionali di tutti gli atenei della Lombardia, stante la naturale e massiccia mobilità degli studenti, lombardi e non, all'interno del territorio regionale. Nei giorni da lunedì 24 febbraio a sabato 29 febbraio, saranno sospese le attività didattiche (lezioni, esami e lauree). Riteniamo che, in assenza di diverse indicazioni da parte delle Autorità, tutte le attività potranno riprendere lunedì 2 marzo. Sedute di laurea ed esami saranno rinviati secondo calendari che verranno predisposti dalle singole sedi. La nostra azione avviene e proseguirà in stretto contatto con le Autorità civili e sanitarie. Informeremo studenti, personale e cittadinanza con tempestività riguardo ad ogni aggiornamento utile. Che cos’è il Nuovo Coronavirus? I Coronavirus sono una vasta famiglia di virus noti per causare malattie che vanno dal comune raffreddore a malattie respiratorie più gravi. Questo Coronavirus, denominato Coronavirus 2019-nCoV ha avuto origine in Cina. Quali sono i sintomi? I sintomi comuni sono: febbre tosse respiro affannato difficoltà respiratorie Chiunque sia entrato in contatto con casi confermati di coronavirus deve rimanere in quarantena nella propria abitazione per i 14 giorni successivi all’esposizione. Se non ti senti bene mentre ti trovi in Luiss (nel campus, in biblioteca, in una residenza o in uno spazio di coworking) evita di allarmarti e informa immediatamente le persone dello staff Luiss con cui di solito interagisci se non ti è possibile avvisarle, puoi contattare il numero 06 85225999 cerca di stare in spazi il più possibile isolati (se è fattibile) e aspetta l’assistenza medica Se stai bene ricordati sempre le norme di igiene personale lavati spesso le mani con prodotti a base d’alcool almeno al 60% e acqua, o idonei disinfettanti. Abbiamo collocato dispenser e gel sanitari in tutto il campus e nelle residenze se tossisci o starnutisci, copri il naso e la bocca con un fazzoletto, buttalo subito dopo e lavati le mani evita il contatto con persone con influenza o tosse e segnala subito i luoghi in cui è avvenuto il contatto indossa una mascherina se hai sintomi respiratori quali tosse o naso che cola segui queste indicazioni - bevi molto per restare idratato - riduci il consumo di sigarette - evita assolutamente di usare posate e tazze in condivisione con altri - in caso di utilizzo di fazzolettini di carta, gettali immediatamente Distributori di gel per la disinfezione delle mani Distributori automatici di gel per la disinfezione delle mani sono disponibili in tutte le aree comuni del campus. Per pronto riferimento, vi ricordiamo che il numero istituito dal Ministero della Salute è il 1500. Maggiori informazioni L’Ateneo continuerà a fornire ulteriori aggiornamenti sulla situazione. 24/02/2020 

21 Febbraio 2020

 “Leonardo Atlantico” di Corrado Veneziano nella Università Luiss Guido Carli

Da sabato 21 marzo a giovedì 9 aprile 2020, in mostra a Villa Blanc, sede Luiss Business School, le opere pittoriche dell'artista Corrado Veneziano dedicate al "Codice Atlantico" di Leonardo   in partnership con      L'anno leonardiano (inaugurato in Italia e in Francia il 2 maggio 2019) si conclude idealmente ad aprile 2020. E l'Università Luiss Guido Carli lo celebra ospitando a marzo e ad aprile (con il coordinamento del Master of Art, e il sostegno del Progetto Cultura Italiae) le opere pittoriche dell'artista Corrado Veneziano dedicate al "Codice Atlantico" di Leonardo. La mostra, già selezionata e inserita nel programma ufficiale francese (con l’Alto patrocinio del Presidente della Repubblica, e con il sostegno del Museo del Louvre), presentata a Palazzo Chigi dal Presidente del Consiglio e dal Governo italiano, è stata subito dopo esposta nella Chiesa di Saint Florentin ad Amboise, nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, nel Museo Nazionale Ridola di Matera, nella Banca d'Italia di Bari, nell'Osservatorio astronomico di Arcetri, nell'Istituto di Cultura di Tunisi. L'appuntamento della Luiss si impegna a ritagliarsi uno spazio ancora più particolare: sia perché le opere sono ora ospitate da una istituzione formativa universitaria (con ciò valorizzando appieno la tensione pedagogica - la trasmissione di conoscenze - tipica del lavoro leonardiano), sia per il diretto coinvolgimento curatoriale di docenti e studenti del Master of Art, protesi ad armonizzare e allestire nel modo più ricco e funzionale le opere, e con esse gli schizzi, i riferimenti, la gestione cromatica e spaziale della Mostra. “Leonardo Atlantico” è composto da trenta opere (tutte a olio, molte di grandi dimensioni) che tengono assieme, sovrapposte, alcune frasi (spesso da destra a sinistra, come nella stimolante abitudine leonardesca) e una serie di immagini che evocano le pagine originali di Leonardo. I disegni riprendono ruote, ali, archi e cannoni di artiglieria; e poi appunti personali, operazioni matematiche e alchemiche. E tutto ciò, nel tappeto bluastro dello sfondo di Corrado Veneziano, si fa oggetto metafisico e costruzione astratta e fascinosa. Tutte le immagini e le parole disegnate, comunque e in ogni caso, testimoniano il continuo lavorìo dell’uomo sulla terra; l’ostinazione e la forza nel cercare e perfezionare; la volontà di superare steccati tra tecnica, scienza e arte; il lucido desiderio – la “libertà” – nel sentirsi ideatori ed esecutori, ingranaggi, motori e arbitri di un ciclo inesauribile che nessuna stasi può rallentare e fermare. Le informazioni, tecniche ed estetiche, delle mostre pregresse sono ricavabili dal Catalogo francese, redatto dai citici d'arte Francesca Barbi Marinetti, Niccolò Lucarelli, Raffaella Salato. Corrado Veneziano, laureato in Lettere, specializzato in Filosofia, con Studi dottorali in Arte, si è avvicinato all'arte figurativa studiando alla Scuola del Piccolo Teatro di Milano e lavorando, come regista, più volte con la Biennale di Venezia e con la Rai. Da un punto di vista artistico, ha esposto per la prima volta solo nel 2013, sotto la spinta e la redazione critica di Achille Bonito Oliva e di Marc Augé. Ha poi presentato le sue opere con la cura di Derrick de Kerckhove nel 2014 a Bruxelles, su invito dell’Ambasciata e dell’Istituto di Cultura italiana. Nel 2015 la Rai gli ha commissionato il Logo del 67mo Prix Italia e, (tra l’altro) subito dopo ha esposto a Parigi, nell’Espace en Cours diretto da Julie Heintz. Nel 2016 è nella Galleria Comunale di San Pietroburgo Nevskij 8. Nel 2017, è invitato ufficialmente dal Governo cinese nella Galleria nazionale di arte moderna e contemporanea di Lanzhou con una mostra a cura di Wu Weidung. “Leonardo Atlantico” è l’unica mostra personale di un autore vivente nel programma francese per le celebrazioni del 500mo anniversario della morte di Leonardo da Vinci. 18/02/2020

13 Febbraio 2020

Sky Italia debutterà nella banda ultra-larga “entro il primo semestre 2020”: l'annuncio dell’AD Maximo Ibarra su DigitEconomy24 Luiss Business School Il Sole 24 Ore

L’annuncio che Sky Italia debutterà nella banda ultra-larga “entro il primo semestre 2020” da parte dell’AD Maximo Ibarra, la ricerca “Roma 5G: veloce, sicura, pulita” di Luiss Business School e Unindustria, l’alleanza per il 5G tra Luiss Business School e Ptsclas, l’intervento di Elisabetta Ripa, AD Open Fiber. Sfoglia il report    Sky Italia debutterà nella banda ultra-larga “entro il primo semestre 2020”: l'annuncio dell’AD Maximo Ibarra su DigitEconomy24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Dopo la sfilza di rumor delle ultime settimane, a confermarlo è l’AD Maximo Ibarra  in un’intervista con DigitEconomy.24.  Una scelta, quella dello sbarco nella banda ultra-larga, che è «la naturale evoluzione del business di un’azienda che ha sempre puntato sulla qualità dei contenuti e sull’innovazione tecnologica». Riguardo al dibattito sull’ipotesi di una rete unica in fibra, Sky Italia si dice neutrale: «Ciò che è importante è che continui lo sviluppo e la diffusione sul territorio dell’ftth, infrastruttura fondamentale per il sistema economico italiano ed europeo». Quali sono le motivazioni della convergenza tra telco e contenuti? «La convergenza tra connettività e fruizione di contenuti video è ormai una realtà nella vita di ogni giorno, non più solo una tendenza del mercato. Ben due terzi del traffico internet è oggi generato dallo streaming di video e sempre più consumatori vedono con favore un’unica offerta che integri tutto quello di cui hanno bisogno per comunicare e intrattenersi. La differenza la farà sempre di più la qualità dei contenuti, le performance effettive che la connessione sono in grado di garantire un’interfaccia utente davvero semplice e intuitiva. Sky, anche grazie alla capacità di SkyQ, punta così ad aggregare offerte diverse, a diventare il luogo dove trovare i contenuti che si desiderano: un vero e proprio hub nelle case e nelle famiglie italiane».  In questo scenario che ruolo ha lo sviluppo di reti e servizi 5G? «Il 5G potrebbe avere un ruolo fondamentale per il sistema Paese, come oggi lo sta avendo la fibra. Dallo sviluppo di queste infrastrutture dipende non solo “l’internet of things” la nascita delle smart cities, ma anche un fattore chiave per lo sviluppo della società dell’informazione. Un’opportunità quindi straordinaria, se pensata al servizio delle persone e delle comunità. Nel caso del 5G, ad esempio, non possiamo trascurare gli importanti temi legati alla sicurezza e alla privacy, che richiedono una riflessione seria anche su come aggiornare le regole a tutela di tutti e su cui chi fa informazione può svolgere un ruolo di fondamentale importanza».  Come si può arginare il fenomeno preoccupante della pirateria? «La pirateria è un fenomeno complesso, che ha radici soprattutto culturali. Per questo, non si può pensare di combatterla da soli, o con un unico strumento. Innanzitutto sono fondamentali le attività di tipo educativo. Far conoscere lo straordinario e complesso lavoro e l’incredibile professionalità che sta dietro alla realizzazione di un prodotto creativo consente di dare il giusto peso agli effetti negativi che derivano dal fenomeno della pirateria, che andrebbero valutati al pari della contraffazione. Ma ci sono segnali molto incoraggianti. La consapevolezza sta crescendo nell’opinione pubblica, le istituzioni hanno compreso la rilevanza degli impatti sull’economia e le forze di polizia, guardia di finanza e polizia postale, stanno raggiungendo importanti risultati sul piano repressivo». Quando prevedete il lancio dell’offerta in fibra? «L’ingresso di Sky nella telefonia fissa e nel broadband avverrà entro i primi sei mesi del 2020. Questa scelta rappresenta la naturale evoluzione del business di un’azienda che ha sempre puntato sulla qualità dei contenuti e sull’innovazione tecnologica fin dalla sua nascita. Grazie all’accordo wholesale siglato con Open Fiber avremo accesso alla migliore rete in fibra disponibile nel nostro Paese. Questo ci permetterà di supportare nel migliore dei modi le esigenze di connessione dei nostri abbonati, abituati da tempo a un uso intensivo della rete per lo streaming di contenuti, la visione on demand e quella di contenuti in 4K. Daremo così un contributo anche alla diffusione della banda larga in questo Paese».  Che cosa ne pensate della possibilità di creare una rete unica in fibra? Come operatore che acquista in wholesale l’accesso alla rete, abbiamo una posizione neutrale riguardo al tema della rete unica. Ciò che è importante è che continui lo sviluppo e la diffusione sul territorio dell’ftth, infrastruttura fondamentale per il sistema economico italiano ed europeo. Non a caso l’Agenda digitale europea, tra gli obiettivi per la crescita e l’occupa-zione in Europa, ha posto l’accesso per tutte le famiglie a connessioni internet di almeno 100 Mbps entro il 2025. Considerato che in Italia, nel 2019, solo un terzo degli accessi raggiungeva una velocità maggiore di 100 Mbps è di fondamentale importanza che il percorso di diffusione della fibra proceda spedito. Dal 5G spinta al PIL di Roma: 30 miliardi in 5 anni. A dirlo è la ricerca "Roma 5G: veloce, sicura, pulita" Trenta miliardi di euro nei prossimi cinque anni: a tanto può ammontare l’aumento del prodotto interno lordo romano grazie all’impiego di tecnologie 5G nel territorio della Capitale. A dirlo è la ricerca intitolata “Roma 5G: veloce, sicura, pulita” realizzata da Luiss Business School e Unindustria sugli effetti dell’avvento della nuova tecnologia. D’altro canto, lo studio evidenzia anche diverse criticità, come quella dei vincoli normativi esistenti, che potrebbero frenare lo sviluppo e tagliare drasticamente le ricadute positive sul PIL. A causa dei ritardi l’impatto positivo potrebbe ridursi di ben 22,3 miliardi. Anche a livello nazionale sono state riscontrate delle criticità come il mancato allineamento della disciplina italiana a quella europea sulle emissioni elettromagnetiche: il limite massimo in Italia è infatti di 6 volt per metro, a fronte di una media europea che è fra i 41 e i 58 v/m e un limite negli Stati Uniti fissato a 61 v/m.  Tra le problematicità che riguardano specificamente il territorio romano si contano la sovrapposizione tra diverse normative e la mancata pre-individuazione dei siti visto che, nel caso della Capitale, i limiti nazionali all’elettromagnetismo si incrociano con vincoli monumentali particolarmente gravosi, determinando "seri rischi di paralisi per l’implementazione di tecnologie 5G". Pesano inoltre la mancata individuazione dei siti sensibili vista l’assenza di una dettagliata lista ad hoc, le carenze nella ricognizione del patrimonio immobiliare del Comune, i deficit nel processo di comunicazione e coordinamento tra gli enti coinvolti, il mancato ricorso al Suap, cioè lo Sportello unico attività produttive. Relativamente a quest’ultimo punto, l’Antitrust ha considerato positive, invece, le esperienze di Comuni che si sono dotati di un Suap, in modo da riunire le amministrazioni interessate nel procedimento e garantire tempi certi. Tra le criticità maggiori di Roma spiccano in particolare il divieto di installare impianti a meno di 100 metri da siti sensibili, il fatto che circa il 50-60% delle infrastrutture esistenti non potrebbe essere aggiornato alle nuove tecnologie, la difficoltà nell’individuazione di nuovi siti o quella legata alla riconfigurazione degli impianti esistenti che mette a serio rischio la possibilità da parte degli operatori di telefonia mobile di realizzare una rete omogenea e pienamente efficace. I benefici del 5G avere sul pil di Roma Il rapporto Gsma 2019 conferma che, a livello europeo, il contributo atteso per il pil dall’impiego nell’economia delle tecnologie 5G è stimato pari al 4,6%, in crescita nei prossimi 5 anni al 4,8 per cento. Secondo Asstel, il contributo al Pil italiano è stimabile in circa 90 miliardi (oltre il 5% del pil). Riportando questi dati sul-la scala del territorio romano e mantenendo come fattore di proporzione l’incidenza del pil romano su quello nazionale (circa il 9%) otteniamo che la possibilità di crescita derivante dall’impiego di tecnologie 5G su Roma per i prossimi 5 anni è di circa 30 miliardi di euro. Il caso di Roma Capitale si confronta con alcuni esempi di best practice. A Milano emergono, ad esempio, l’esistenza di un project financing per la realizzazione di un piano di investimento nella tecnologia 5G attraverso un raggruppamento temporaneo di imprese, la co-individuazione di siti di proprietà pubblica sui quali realizzare i tralicci per le stazioni radio base da cui diffondere servizi wireless in modalità 5G, il procedimento autorizzatorio relativo all’installazione delle antenne gestito dal Suap nel rispetto delle tempistiche previste dalla normativa nazionale.  Dallo studio emerge come sia, in ultima analisi, indispensabile considerare l’aspetto strategico di conservare il vantaggio temporale nella diffusione del 5G accumulato dall’Italia rispetto agli altri Paesi europei riconosciuto in primo luogo dalla Commissione Europea. L’indice Desi di giugno 2019 posiziona il nostro Paese al 24° posto in Europa per digitalizzazione dell’economia e della società, ma al secondo posto in relazione allo stato di avanzamento della diffusione del 5G, “5G readiness”, con il 60% dello spettro assegnato grazie principalmente alla maxi asta da 6,5 miliardi di euro. È evidente che ritardi o addirittura un insuccesso nella completa copertura della rete dovuta ai vincoli normativi porterebbe alla perdita di questa grossa opportunità di crescita.  Aprendo il capitolo ritardi, basti pensare ai tempi di rilascio delle autorizzazioni riscontrati per Roma. A causa dei vincoli esistenti (paesaggistici, monumentali, parchi, etc..) i tempi medi di attraversamento delle pratiche sono sempre più lunghi risentendo dell’inerzia degli Enti preposti alla tutela del vincolo (Regione Lazio per la parte paesaggistica e Soprintendenza Nazionale, Soprintendenza Capitolina). In alcuni casi si sono superati gli otto mesi dalla richiesta e in totale, spesso, si oltrepassa l’anno per ottenere l’autorizzazione (fonte: operatori mobili). Attualmente nel Comune di Roma i tempi medi per ottenere l’autorizzazione risultano essere lunghi più del doppio che in altre realtà territoriali. Occorre dunque agire in fretta. Dalle criticità riscontrate nascono le proposte, al fine agganciare il vola-no dello sviluppo: la creazione di un tavolo di lavoro congiunto per comunicazione e scambio di informa-zioni con gli operatori e la pubblica amministrazione, la redazione di un documento di “Buone pratiche nel settore della telefonia mobile”, l’individuazione con-divisa di aree per il deployment dell’infrastruttura di rete, l’integrazione regolamentare volta a specificare natura e caratteristiche dei siti sensibili, la semplificazione dei procedimenti autorizzatori. Il Sole 24 Ore, 5G: al via l'alleanza Luiss BS-Ptsclas. Una struttura permanente e una piattaforma informativa per monitorare gli sviluppi della quinta generazione dei sistemi radiomobili, di Simona Rossitto Il Sole 24 Ore, "Il 5G è un'opportunità unica, l'Italia fa da apripista" L'intervento su DigitEconomy.24 di Laura Di Raimondo (Asstel) Il Sole 24 Ore, "Rete pubblica in fibra è orgoglio dell'Italia" di Elisabetta Ripa, AD Open Fiber  13/02/2020 

12 Febbraio 2020

Luiss Business School: al via gli incontri “Appunti per l’Interesse Nazionale”

Il primo appuntamento, dedicato alle infrastrutture strategiche, ha visto coinvolti fra gli altri il Direttore Generale del DIS Gennaro Vecchione, il Commissario Consob Paolo Ciocca, il Direttore Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni Nunzia Ciardi, il Presidente del Copasir Raffaele Volpi  Si è tenuto oggi a Villa Blanc il primo appuntamento del ciclo “Appunti per l’Interesse Nazionale”, una serie di incontri promossa da Luiss Business School e Associazione “Davide De Luca – Una vita per l’Intelligence”, che si propone di stimolare una riflessione pubblica attorno al concetto di “interesse nazionale”.  In particolare, l’obiettivo del ciclo di incontri è quello di accrescere la consapevolezza su questo tema strategico per il Paese da parte di donne e uomini impegnati in pubbliche amministrazioni, imprese - pubbliche e private - e nelle libere professioni, contribuendo in tal modo alla costruzione dell’“ecosistema della resilienza nazionale” grazie anche all’apporto delle istituzioni deputate alla sicurezza della Repubblica e dell’accademia. Il primo appuntamento è stato dedicato alla “sicurezza e resilienza delle infrastrutture strategiche” e ha visto la partecipazione del Prefetto Gennaro Vecchione, Direttore Generale Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza, del Generale Francesco Presicce, Capo Ufficio Generale del Capo di Stato Maggiore della Difesa, di Paolo Ciocca, Commissario Consob e Nunzia Ciardi, Direttore Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni. “Il tema della sicurezza nazionale è oggi più che mai cruciale”, ha commentato Paolo Boccardelli, Direttore della Luiss Business School. “I dati e le comunicazioni digitali rappresentano sempre di più il “nuovo petrolio” per aziende e istituzioni: saper gestire e tutelare nel modo più adeguato le infrastrutture su cui avviene la trasmissione dei dati e su cui vengono gestite le comunicazioni strategiche è quindi fondamentale per il futuro del Paese”. Il mondo delle aziende è stato rappresentato da Andrea Peruzy, Presidente e Amministratore Delegato di Acquirente Unico, Nicola Cordone, Amministratore Delegato di SIA e Andrea Quacivi, Amministratore Delegato di Sogei. I lavori sono stati aperti da Gianni Letta, Presidente Onorario Associazione Davide De Luca –Una Vita per l’Intelligence, e da Giovanni Lo Storto, Direttore Generale della Luiss, e conclusi da Raffaele Volpi, Presidente Copasir.  12/02/2020 

04 Febbraio 2020

Il futuro delle professioni nel settore dell’energia sarà sempre più digitale e sostenibile

Il mercato del lavoro italiano non riesce a soddisfare la domanda di profili innovativi che arriva dal comparto energetico. Tra le figure emergenti spiccano Data Scientist e Data Analyst: sono i risultati emersi dalla prima indagine condotta da Luiss Business School per Manpowergroup sull’evoluzione delle competenze nelle imprese energy in Italia    Data Scientist e Data Analyst sono le due professioni emergenti del settore energetico. Social intelligence, circular economy e social media managing fra le competenze su cui le aziende puntano di più. Sono i risultati della ricerca “Traiettorie evolutive e competenze per le imprese Energy” di Luiss Business School e Manpower Group.Il Rapporto è il risultato di un Progetto di ricerca a cui hanno contribuito CEO e HR Director di 11 fra le maggiori aziende che operano nel comparto dell’Energia in Italia. Partendo dai principali trend del settore, sono stati analizzati i cambiamenti soprattutto in termini di strategie e di business model e l’impatto sull’organizzazione e sulle persone, in termini di processi, ruoli, cultura, mindsets, skills e professioni. Le competenze digitali nel settore energia Dall’analisi emerge che le competenze digitali sono diventate fondamentali per le aziende che operano nel settore dell’Energia, insieme alla necessità di sviluppare la cosiddetta “transdisciplinarità”[1], che si integra con il concetto di flessibilità, divenuto chiave per le organizzazioni, le quali lavorano alla costruzione di team agili e di contesti dinamici in cui le singole funzioni non siano isolate.  Dalle interviste sono emerse le seguenti nuove competenze soft e tecniche, che le aziende auspicano di sviluppare, o reclutare, nel futuro: COMPETENZE SOFT COMPETENZE TECNICHE Competenze digitali generali Competenze gestionali Interdisciplinarietà Social intelligence Design mindset Comunicazione digitale e social media Innovazione Imprenditorialità Gestione sistemi complessi Smart Working Apertura a contesti internazionali Analisi e gestione dei dati Intelligenza artificiale Computational thinking Competenze tecniche-economiche trasversali Market intelligence Economia di gestione delle risorse Efficienza energetica Sharing economy Circular economy Cybersecurity Robotica Rispetto alle competenze da acquisire sul mercato, quelle che emergano dall’analisi sono: Skill di economia circolare Data analyst/scientist Technology management Intelligenza artificiale Robotica Energy management Social media managing Dalla ricerca emerge inoltre che i mestieri e le professioni emergenti segnalate nel corso delle interviste condotte sono state: Data Scientist e Data Analyst, seguiti a distanza da Data Architect, Data manager, Esperti di open innovation, Innovation manager, IOT manager, Digital Marketing, UX designer, Scrum master, Esperti di marketing di prodotto, Ingegneri con preparazione digitale, Ingegneri della manutenzione predittiva delle reti e degli impianti, Esperti in ambito ICT e TLC, Esperti di connettività (considerato il tema della trasmissione dei dati e delle infrastrutture) che spesso includono cavi di fibra ottica, Operai specializzati nell’idrico e nell’elettrico, Esperti per la gestione di cantieri internazionali, Economisti con background in ambito energia, Middle manager, Ingegneri idraulici, Chimici, Geologi. In linea generale, alcune aziende affermano di assumere annualmente nuovo personale, inclusi soggetti giovani, riscontrando una maggiore difficoltà nel trovare le figure professionali legate al digitale rispetto alle figure “classiche” (es. ingegneri idraulici, chimici, geologi). Inoltre, alcune aziende acquisiscono dall’esterno anche i top manager, con un livello di anzianità di queste figure che rimane al di sotto di 3 anni di lavoro. Per alcune di queste nuove competenze, l’acquisizione di nuove figure dal mercato non risulta essere l’unica opzione, con le aziende che si sono focalizzate anche sul re-skilling e sull’up skilling del personale a disposizione, riqualificandolo. Inoltre, vi sono casi in cui è stata effettuata un’attività di in-sourcing di personale esterno (es. per i ruoli riguardanti la gestione di pratiche di backoffice, call center e customer care). L’impatto più significativo dei cambiamenti e delle direzioni strategiche su ruoli, mestieri, professioni e competenze è la rivisitazione dei ruoli nell’ottica agile, di cui risentono soprattutto i ruoli manageriali, che vedono potenzialmente modificata la numerosità e le opportunità di carriera e quindi di motivazione, rendendo potenzialmente critica la sostenibilità della performance aziendale nel tempo. Per quanto riguarda i ruoli non manageriali, si è raggruppata l’analisi in tre macro-gruppi: staff: creare un linguaggio comune per una maggior comprensione del business in trasformazione e dall’altra la necessità di un loro efficientamento; tecnici: dall’uso delle nuove tecnologie digitali e dall’analisi dei big data, finalizzati, ad esempio, alla manutenzione di apparati e reti di tipo predittiva grazie ai dati provenienti dalle varie sensoristiche di monitoraggio in uso nelle reti, infrastrutture e impianti commerciali: il digital marketing e la data science sono i temi centrali di impatto   SCENARIO  Il settore dell’energia è centrale nello sviluppo mondiale. È un sistema che pone davanti a numerose scelte dovute alla complessità di gestione della domanda e dell’offerta, alle sfide tecniche ed innovative ed alla forte attenzione alla dimensione sociale ed ambientale: Entro il 2050, 2,5 miliardi di persone usciranno dallo stato di povertà, soprattutto alla luce della crescita dei paesi emergenti. Sul fronte dell’energia ciò porterà ad una crescita di circa 1/3 della domanda globale, specialmente in economie a rapida crescita ed urbanizzazione, come Cina ed India. Questo aumento sarebbe circa doppio se non fosse per l’effetto dell’efficienza energetica e della sostenibilità Il settore power, con la crescente elettrificazione, assorbirà il 70% dell’aumento dell’energia primaria. È in atto una modifica del mix delle fonti, che per il 2040 saranno molto diversificate, approssimabile con la regola del “25%”: un quarto carbone, un quarto oil, un quarto gas e il restante 25% suddiviso tra nucleare e rinnovabili L'uso del carbone è aumentato nel 2017 dopo due anni di declino, ma le decisioni di investimento finali nelle nuove centrali elettriche a carbone sono state ben al di sotto del livello osservato negli ultimi anni e il flusso di nuovi progetti rallenterà dopo il 2020. Tuttavia, è ancora troppo presto per contare il carbone fuori dal mix energetico globale: l'età media di una centrale a carbone in Asia è inferiore a 15 anni, rispetto a circa 40 anni nelle economie avanzate. Le fonti fossili risentono di rischi di accessibilità e affidabilità: mentre i costi di solare, fotovoltaico ed eolico continuano a scendere, i prezzi del petrolio nel 2018 (e per la prima volta dopo 4 anni) sono saliti sopra $80/barile Saranno proprio le rinnovabili, che già attirano 2/3 degli investimenti mondiali a coprire circa il 40% dell’aumento dell’energia primaria. Anche se, pur offrendo basse emissioni a costi contenuti, creano ulteriori requisiti per il funzionamento affidabile dei sistemi di alimentazione È in atto una trasformazione nel fulcro geografico del settore: nel 2000, l'Europa e il Nord America rappresentavano oltre il 40% della domanda energetica globale, e le economie in via di sviluppo in Asia circa il 20%; le aziende Europee erano prime al mondo per capacità installata. Entro il 2040 la situazione sarà invertita, e già ora sei delle prime dieci aziende sono utility cinesi La sostenibilità sarà un elemento chiave, con obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 che richiederanno una vera rottura con i trend del passato. Gli stati membri dell'Unione Europea si sono impegnati collettivamente a ridurre le emissioni di gas serra del 20% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020 e del 40% entro il 2030. Al fine di limitare il riscaldamento globale a 2° C entro il 2040, dovranno essere investiti circa $ 900 miliardi all'anno in impianti di energia rinnovabile e relative reti di trasmissione e distribuzione e $300 miliardi all'anno in energia pulita Il settore registra un elevato livello di disruption tecnologica: entro il 2025, la digitalizzazione consentirà di risparmiare 625 milioni di tonnellate di emissioni CO2 a livello globale. Inoltre, ulteriori disruption sono previste nel breve termine, poiché le infrastrutture divengono più dinamiche, responsive ed interconnesse, a vantaggio anche dei modelli distribuiti e basati sulle comunità di fornitura. I consumatori sono più connessi, e questo comporta la necessità di un approccio di omni-canalità: le aziende garantiscono al cliente un’esperienza integrata e continua, attraverso tutti i touch-point.   METODOLOGIA DI RICERCA  Il progetto di ricerca ha previsto diverse attività, che hanno visto coinvolti docenti e ricercatori della Luiss Business School e CEO, HR Director del settore. La roadmap di progetto si è articolata in 4 fasi distinte, che hanno visto l’avvio di progetto con una analisi desk di alcuni principali report internazionali del settore Energy, che è poi stata integrata con un approfondito round di interviste con esperti di settore e company rappresentative del panel di aziende coinvolte. La ricerca, di natura qualitativa, ha quindi portato alla redazione del presente report dettagliato. Il team ha identificato un panel di 11 aziende operanti nel settore Energy, diverse per scope nella filiera, attività e focus di mercato (settori: Regulated Utilities, International energy players, Oil downstream players, Multi-Utilities e GenCo. Insieme, le imprese sono anche rappresentative delle diverse filiere, ovvero Gas, Power e Oil). Panel Aziende: A2A, ACEA, ENEL, HERA, IREN, ITALGAS, Q8, SARAS, SNAM, TERNA, TIRRENO POWER. Grazie all’eterogeneità del panel, il team ha potuto ampliare l’analisi di scenario e dei modelli di business, delineando un quadro integrale delle dinamiche evolutive e dei fabbisogni di settore. Il team, con la presenza di Manpower, ha intervistato gli interlocutori presso le 11 aziende del panel. Ogni intervista ha avuto una durata media di 60 minuti, seguendo la traccia semi-strutturata condivisa con gli intervistati una settimana prima dell’incontro. [1] Secondo la definizione dell’Unesco, la transdisciplinarità è quello spazio intellettuale dove le connessioni tra diversi argomenti isolati possono essere esplorate e svelate. SCARICA LA RICERCA RASSEGNA STAMPA la Repubblica Affari & Finanza, Nelle utility meno manager e spazio ai "data scientist"  la Repubblica Affari & Finanza, Energia, mancano gli specialisti digitali: aziende in affanno nella caccia ai talenti Corriere della Sera, Lo studio di Luiss e Manpower Il Sole 24 Ore, Energia, il futuro professioni sempre più sostenibile e digitale Ansa, Energia: le professioni del futuro digitali e green Affari Italiani, Energia: Iren, Acea e Q8 puntano su digitale e competenze. Focus sostenibilità CorriereComunicazioni, Energy a caccia di digital skill: data analyst e scientist le più richieste Tiscali News, Lavoro, Manpower: dal digitale una rivoluzione delle competenze GALLERY

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