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24 Gennaio 2023

EMIT - Corso di perfezionamento universitario in Digital Innovation & Governance – Webinar

Il 9 febbraio 2023 alle ore 18.30 si terrà online il Webinar “Chat GPT ed integrazione dell'AI nelle infrastrutture IT di aziende pubbliche e private”.  L’evento di presentazione della nuova edizione di  EMIT, il Corso di perfezionamento universitario in Digital Innovation & Governance, offerto in collaborazione con HSPI e in partenza il 10 marzo 2023 a Roma. Il Corso permette ai partecipanti di acquisire le competenze manageriali necessarie all’innovazione e alla gestione dei servizi digitali, consolidando e integrando competenze di IT Governance e Management, competenze Manageriali e Gestionali e competenze di Innovazione e Trasformazione Digitale. Durante il webinar Paolo Spagnoletti e Roberto Carbone, direttori scientifici del Corso, insieme a Davide D’Amico, Direttore generale per i sistemi Informativi e la statistica presso il Ministero dell’istruzione e del merito, metteranno in luce la necessità di dotarsi di competenze avanzate di natura multidisciplinare per integrare soluzioni di Intelligenza Artificiale nelle infrastrutture di organizzazioni pubbliche e private. Oltre alle possibilità offerte dai nuovi sviluppi tecnologici in quest’area, sarà evidenziata l’importanza di adattare la governance dell’IT alle caratteristiche delle moderne architetture digitali per affrontare le nuove sfide per la sostenibilità ambientale, economica e sociale. SPEAKERS: Prof. Paolo Spagnoletti, Professore di Organizzazione e Sistemi informativi presso il Dipartimento di Impresa e Management della LUISS Guido Carli. Direttore Scientifico del Corso Ing. Roberto Carbone, Managing Director di HSPI. Responsabile dei servizi IT Governance. Direttore Scientifico del Corso Ing. Davide D’Amico, Direttore generale per i sistemi Informativi e la statistica presso il Ministero dell’Istruzione e del Merito Durante il webinar potrai interagire attivamente sulle tematiche emerse durante la sessione finale di Q&A. Per partecipare all’evento è necessaria la registrazione. Dove: Online Quando: 9 febbraio 2023 Ore: 18:30 CEST REGISTRATI SCARICA LA BROCHURE 25/01/2023

24 Gennaio 2023

Incontra il team Luiss Business School a Milano

Scopri i programmi Master offerti da Luiss Business School a Milano per potenziare la tua carriera! Venerdì 03 febbraio 2023 dalle ore 14:00 incontra il team Luiss Business School presso il Luiss Hub di Milano per scoprire i percorsi di alta formazione in lingua italiana e inglese.   Una giornata ricca di presentazioni per conoscere tutto sui Master Luiss Business School offerti presso la sede di Milano o in formato Multi-Sede. Potrai parlare ed interagire con il Team di Recruiting & Admissions e con il Career Service per scoprire le modalità di accesso, le borse di studio e le opportunità di carriera che offrono i nostri programmi. Partecipa all’evento e approfondisci i diversi ambiti di specializzazione tra i Master full-time: – Corporate Event: Management, PR and Communication – Master in Marketing Management | Italiano – Customer Experience Management – Master in Marketing Management | Inglese – Digital Business Strategy – Master in Digital and Business Transformation | Italiano – Digital Marketing – Master in Marketing Management | Italiano – Fashion and Luxury Business – Master in International Management | Inglese  (Multi-Sede) – Gestione delle Risorse Umane e Organizzazione – Master in Gestione delle Risorse Umane e dei Progetti | Italiano – Master in International Management | Inglese (Multi-Sede) – Sustainability & Energy Industry – Master in International Management | Inglese Un confronto proficuo per orientarti, raccogliere informazioni e scoprire quale sia il programma più adatto al tuo profilo e alle tue aspirazioni. Data: 03 febbraio 2023 Orario: 14:00 – 15:00 CEST Dove: Milano Luiss Hub; Via Massimo D’Azeglio 3, 20154, Milano Per partecipare all’evento è necessaria la registrazione. REGISTRATI SCOPRI LA NOSTRA OFFERTA MASTER CHIEDI UNA SESSIONE DI ORIENTAMENTO PERSONALIZZATA 24/01/2023

22 Dicembre 2022

Luiss Business School presenta la nuova edizione del Corso di Perfezionamento Universitario in Digital Innovation & Governance – EMIT in partnership con HSPI

In partenza il 10 Marzo 2023, Il programma, della durata di 12 mesi in formula weekend, è rivolto a figure manageriali e tecniche della DSI che vogliano approfondire le competenze manageriali necessarie all’innovazione e alla gestione dei servizi digitali, consolidando e integrando competenze di IT Governance, competenze Manageriali e Gestionali e competenze di Innovazione e Trasformazione Digitale. Il Corso di Perfezionamento Universitario, che eroga 30 CFU, forte delle sue passate edizioni, si conferma un punto di riferimento nello sviluppo delle competenze manageriali necessarie all’innovazione e alla gestione dei servizi digitali offrendo inoltre ai suoi partecipanti la possibilità di conseguire alcune delle principali certificazioni riconosciute a livello internazionale quali: COBIT®2019 Foundation (Isaca) PRINCE2® Foundation & Practitioner (Axelos) ITIL®4 Foundation (Axelos) Il percorso annovera tra i suoi partner HSPI, società di consulenza direzionale leader nei settori della Digital Innvoation e Digital Transformation, quali IT Governance Project & Change Management, Cybersecurity, IT Service Management, IT Sourcing, Artificial Intelligence, Data Governance e Process Mining. L’esperienza e la competenza dei manager di HSPI sono da sempre il valore aggiunto di EMIT e saranno fondamentali per la crescita professionale dei partecipanti al programma.PARTENZA: 10 marzo 2023 DURATA: 12 mesiORARI: weekendRIDUZIONI: 10% sulla quota di partecipazione agli iscritti entro il 10/01; 5% agli iscritti entro il 10/02DOVE: Luiss Business School – Via Nomentana 216, 00162 Roma SCARICA LA BROCHURE 22/12/2022

29 Novembre 2022

Export Champion Program 2022/2023

Export Champion Program è il programma di formazione specializzata, accademica e completamente gratuita, promossa da SACE Education in collaborazione con Luiss Business School.  L’iniziativa, giunta quest’anno alla sua III° edizione, si rivolge a imprese esportatrici interessate ad approfondire la conoscenza dell’America Latina e in particolare dei mercati di Brasile, Colombia e Messico e a intercettare nuove opportunità di business nell’area, anche nell’ambito di operazioni di filiera presidiate da SACE.   Giunto alla sua terza edizione, il percorso formativo quest’anno darà ai partecipanti un accesso esclusivo ad una piattaforma digitale in cui si potrà:  Seguire tutti gli appuntamenti (in live o in streaming); Scaricare contenuti on-demand; Registrarsi con un profilo ufficiale per favorire lo scambio di buone prassi con le altre aziende; Confrontarsi in maniera diretta, tramite sondaggi e domande, con i relatori e i partecipanti. Il corso è articolato in 6 sessioni formative, erogate in modalità webinar, finalizzate a fornire un’analisi economica, legale e fiscale dei mercati in analisi, nonché un quadro completo di strumenti assicurativo-finanziari per l’accesso al mercato brasiliano, messicano e colombiano.  A queste seguirà un evento in presenza su Roma che sarà anche un’occasione di networking per incontrare le altre aziende partecipanti e la faculty Luiss e SACE. A tutte le imprese partecipanti sarà inoltre consegnato un attestato di partecipazione. Scopri di più e invia la tua candidatura! SCARICA IL PROGRAMMA 29/11/2022

19 Ottobre 2022

Le persone al centro

Dalla gestione dello skills mismatch alle leve motivazionali per tornare a essere attrattivi: l’analisi e i consigli di Hotels Doctors per una vera “ripartenza” incentrata sulle risorse umane Intervista a Gabriele Gneri, Managing Director di Hotels Doctors, partner della nuova edizione dell’Executive Programme in Hotel Management della Luiss Business School, realizzata dalla giornalista Silvia De Bernardin, per Job in Tourism l'8 settembre 2022 Doveva essere l’estate della ripartenza post-Covid. È stata – anche – l’estate nella quale le strutture ricettive hanno dovuto fare i conti con una mancanza generalizzata di personale alla quale, superata in qualche modo l’alta stagione, dovranno ora trovare soluzioni di sistema, capaci di andare oltre l’emergenza. Investimenti sulla formazione e una rinnovata attenzione alle persone e ai loro bisogni possono rappresentare una formula vincente per Gabriele Gneri, Managing Director di Hotels Doctors. La società di consulenza strategica, che affianca e supporta gli hotel per il miglioramento e lo sviluppo del business, sarà partner della nuova edizione dell’Executive Programme in Hotel Management della Luiss Business School, in partenza a novembre. Non è stata un’estate facile per gli alberghi dal punto di vista del personale.Perché tutti sembrano “scappare” dal lavoro alberghiero? È un problema che avevamo iniziato a percepire già prima della pandemia, ma che quest’anno si è mostrato in tutta la sua drammaticità. Si tratta di un fenomeno globale, che ha radici culturali e sociali profonde e che meriterebbe un grande approfondimento, ma volendo semplificare potremmo dire che pare che le nuove generazioni abbiano una concezione diversa del lavoro: per loro non è più uno strumento di autoaffermazione, ma la possibilità di sostentarsi per fare altro, le persone giovani sono molto più attente al cosiddetto life balance, alla sostenibilità, all’idea di poter contribuire con il proprio lavoro al bene del mondo. E fanno fatica a fare piani a lungo termine. Se aggiungiamo poi che in diverse culture il lavoro manuale e di servizio è considerato meno “dignitoso” e di minor valore, capiamo che siamo di fronte a un profondo cambio di paradigma. Poi, è arrivata la pandemia… La pandemia ha fatto capire a molti che il turismo è un settore fragile e forse poco affidabile, per questo moltissimi lavoratori – anche con competenze importanti – abbandonati in pandemia dalle imprese del turismo si sono trasferiti in altri settori considerati più stabili o sicuri, come la logistica. Ma ci sono altri fattori che contribuiscono alla difficoltà di reperire il personale, soprattutto stagionale: le caratteristiche del nostro lavoro (si lavora molto e nei giorni festivi, spesso in condizioni di stress estremo), la politica retributiva delle imprese turistiche, il calo demografico, il sistema dei sussidi al reddito, la cattiva immagine che questo settore da di sé e, non ultima, la mancanza di un sistema di incentivi e percorsi di carriera per i nuovi assunti. Non credo si tratti di un problema passeggero legato a questa stagione, penso piuttosto che siamo di fronte a una profonda crisi, che durerà molto e richiederà innovazione e trasformazione dei modelli di business. Anche lì dove il personale si trova, viene spesso considerato non adeguatamente formato sia a livello scolastico – per le nuove leve – sia in termini di aggiornamento professionale, per chi già lavora da tempo. Esiste davvero un problema di mismatch di competenze nel settore? Negli ultimi anni il nostro settore è cambiato profondamente e continuerà a cambiare molto velocemente a causa dell’uso pervasivo della tecnologia e per l’effetto dell’ingresso di nuovi concept gestionali e di offerta, cambiano anche i clienti e le loro aspettative e di solito cambiamenti veloci portano la domanda di nuove competenze. Anche la riduzione della marginalità nelle imprese ricettive ha favorito la creazione di strutture organizzative meno gerarchiche e meno lunghe e questo ha richiesto dei middle manager (capi servizio) che non avessero solo ottime competenze operative, ma anche di management, come la capacità di risolvere problemi, analizzare e comprendere i dati di processo, fare pianificazione e progettare o modificare i servizi offerti, gestire le risorse umane. Ma queste sono competenze che hanno bisogno di tempo e del giusto supporto per svilupparsi. Quindi, aziende alla ricerca di nuove competenze strutturate e candidati che sono stati formati nel modo tradizionale o non completamente skillati creano il mismatch delle competenze.Un problema che è tanto più evidente tanto più si sale di categoria e livello di servizio. Insomma, visto dal lato delle aziende, non è certamente un tema facile da affrontare. Ci sono anche altri fattori che rendono complicato il quadro gestionale. Il veloce turnover delle risorse, per esempio, non aiuta la crescita delle competenze ed espone l’azienda a continui adattamenti gestionali e di servizio. Il problema del re-skilling: così come persone qualificate escono dal nostro settore per andare altrove, ne entrano altrettante provenienti da esperienze diverse; è molto frequente ormai trovarsi di fronte a dei cv che presentano esperienze frammentate in settori e lavori totalmente differenti. Queste risorse devono essere ri-orientate e re-skillate per poter essere inserite in azienda senza rischiare fenomeni di caduta del livello qualitativo. C’è il tema dell’integrazione multiculturale: ormai nelle nostre strutture da anni convivono persone provenienti da Paesi diversi e spesso da culture diverse, con approccio al lavoro e al servizio totalmente diversi. Come al solito, la soluzione a problemi complessi richiede un approccio sistemico, ma penso che il primo passo debba essere fatto dalle imprese, che devono tentare di avvicinarsi e collaborare con le scuole alberghiere, gli ITS e con le università in modo che ci possa essere condivisione dei bisogni. Allo stesso modo, il sistema scolastico dovrebbero uscire da una certa autoreferenzialità e rendere più aperta la propria didattica a professionisti preparati e aggiornati, ripensando anche il sistema scuola-lavoro e il meccanismo degli stage aziendali, migliorando il processo di orientamento dei ragazzi e seguendo più da vicino il percorso dello stagista. Da questo punto di vista, c’è un aspetto della gestione alberghiera sul quale, in modo particolare, gli hotel italiani dovrebbero investire in fatto di formazione? Oggi la redditività di una struttura ricettiva – e quindi la sua sopravvivenza – passa attraverso le capacità delle proprie risorse umane: il management, che deve saper definire il posizionamento, condurre una strategia, introdurre innovazione, saper comprendere il mercato e guidare un team e saper gestire le performace, e il personale operativo, che attraverso le competenze tecniche e le necessarie attitudini di servizio fa la differenza nei confronti del cliente. La nostra materia prima e la fonte del successo di una struttura ricettiva è ancora la “risorsa umana” e la sua preparazione e professionalità; per questo non investire in “addestramento” tecnico e formazione manageriale è un errore strategico che costringerà le aziende che non lo fanno (nel lungo periodo) a dover sopportare costi maggiori di acquisizione del personale e quindi a trovarsi un esercito di collaboratori“mercenari” e margini ridotti. C’è, poi, un tema di “motivazione”: cosa dovrebbero fare le imprese alberghiere per tornare a essere veramente attrattive? Se dovessi dirlo in maniera “filosofica”, direi che occorre ripartire dal why: perché vale la pena lavorare in un settore così affascinante come quello dell’ospitalità, perché lo facciamo e che cosa vogliamo lasciare alle future generazioni con la nostra fatica? Una risposta a una domanda di senso profondo, che dovremmo prima di tutto chiarire a noi stessi e poi comunicare agli altri. Dal punto di vista operativo, dobbiamo ripartire dalla persona, dai suoi bisogni, dalle sue aspettative, dalle sue preoccupazioni: occorre metterci in ascolto per capire come e in che modo il nostro lavoro e la nostra azienda può favorire o rappresentare questo “vale la pena”. Le persone poi sono diverse e attraversano esigenze diverse lungo l’arco della propria vita lavorativa: per qualcuno la motivazione potrebbe essere l’apprendimento oppure lo stipendio, arrivare all’agognata pensione o cercare di lavorare meno per dare spazio ad altro oppure contribuire a migliorare il mondo e renderlo più sostenibile (lo si sente sempre più spesso). Ma come “si riparte dalle persone”, praticamente? Nei grandi gruppi alberghieri esiste la figura del manager che gestisce le risorse umane, e che assume nomi sempre nuovi: una volta era il direttore del personale, poi responsabile delle risorse umane oggi è il responsabile di People & culture fino ad arrivare all’Happiness Officier. E questo la dice lunga su come stia cambiando l’approccio alle risorse umane. Negli hotel indipendenti il ruolo è svolto dal direttore operativo o dal proprietario oppure spesso si demanda al capo servizio di reclutare i propri collaboratori. Manca una visione d’insieme e una preparazione specifica: in questo modo si rischia di metter su un gruppo di lavoro slegato e disomogeneo e di non riuscire a gestire le varie farsi della gestione del personale. Per questo penso che oggi le strutture debbano fare uno sforzo in più e introdurre (oppure farsi aiutare da professionisti esterni) una figura dedicata al personale e sono certo che si tratti di un buon investimento. Quali sono, su questi temi, le best practice più aggiornate messe in campo dagli hotel italiani? Ancora una volta sono le grandi catene a presidiare meglio il campo. Ma per quanto riguarda gli hotel indipendenti molte sono le attività in corso di sperimentazione e molte hanno ricevuto apprezzamenti o riscontri positivi: mi viene in mente un albergatore illuminato di Abano Terme che ha preso un’ abitazione vicino all’hotel per far riposare e creare un punto di aggregazione per ragazzi costretti a fare i turni spezzati (con tanto di sala giochi e letti per i pisolini pomeridiani). Oppure, un albergatore di un resort in Costa Smeralda (molto coraggioso), che ha deciso di utilizzare una porzione importante della propria capacità ricettiva per fare alloggi per il personale in camere doppie con bagno per tutti i dipendenti e sta avviando un percorso per far lavorare tutti i collaboratori otto ore al giorno anche in piena stagione.O, ancora, un albergatore di Cortina che si appresta a sviluppare un’area di intrattenimento per tutto il personale con vending machine e generi di conforto. Insomma, penso che ormai tutti abbiano capito che sia in atto una concorrenza vigorosa nell’accaparrarsi il personale migliore e che occorra fare uno sforzo importante per migliorare le condizioni di lavoro e favorire la gestione delle aspettative dei lavoratori.

14 Ottobre 2022

Webinar Environmental, Social and Governance per il successo dell’impresa e lo sviluppo sostenibile

Flex Executive Programme in ESG e Sviluppo Sostenibile Mercoledì 26 ottobre 2022 alle ore 17:00 CEST si terrà il webinar “Environmental, Social e Governance per il successo dell’impresa e lo sviluppo sostenibile”. L’evento digitale sarà l’occasione per presentare la nuova edizione del Flex Executive Programme in ESG e Sviluppo Sostenibile, in partenza il 18 novembre 2022. PERCHE’ PARTECIPARE AL WEBINAR? Il webinar si propone di illustrare le più recenti prassi sulle tematiche ESG e di come promuoverle e integrarle nelle Strategie. SPEAKERS: Cristiano Busco, Professore Ordinario di Accounting e Reporting, Direttore MBA, Luiss Business SchoolMaria Pierdicchi, Presidente, NedcommunityAngelo Riccaboni, Professore Ordinario di Economia aziendale, Università di Siena, Senior Research Fellow Luiss Business School Il Flex Executive Programme in ESG e Sviluppo Sostenibile èprogettato in collaborazione con: AISEC (Associazione Italiana per lo Sviluppo dell’Economia Circolare);Nedcommunity, l’associazione italiana degli amministratori non esecutivi e indipendenti eSustainability Makers, l’associazione italiana che riunisce le professionalità che si dedicano alla definizione e alla realizzazione di strategie e progetti di sostenibilità. Inoltre, il webinar darà spazio al confronto e all’approfondimento con il referente scientifico per scoprire i moduli del corso e il networking di Luiss Business School. Al termine del webinar è prevista una sessione di Q&A. QUANDO: 26 ottobre 2022 ORA: 17:00 CEST LINGUA: Italiano DOVE: Online Per partecipare è necessaria la registrazione REGISTRATI Scopri il programma 14/10/2022

06 Ottobre 2022

Webinar – Executive Master Organizzazione e Gestione delle Risorse Umane: come accompagnare le risorse umane e l'azienda attraverso la trasformazione

Martedì 18 ottobre 2022 alle ore 18:00 si terrà il webinar di presentazione dell’Executive Master in Gestione Delle Risorse Umane, Organizzazione e Leadership progettato da Luiss Business School in collaborazione con Deloitte. Il programma è in partenza il prossimo 4 novembre e si pone l’obiettivo di formare professionisti dell’area HR fornendo conoscenze, metodologie e strumenti avanzati ed innovativi per valorizzare e gestire in modo strategico il capitale umano. AGENDA: Il webinar prevede la presentazione dell’Executive Master, la struttura del percorso ed i principali sbocchi lavorativi. Al termine del Webinar, in una sessione di Q&A,il coordinatore del Programma risponderà a tutte le domande sui requisiti di accesso al programma, il processo di selezione e le agevolazioni. PERCHÉ PARTECIPARE? Il webinar è un’opportunità per acquisire le informazioni preliminari sui contenuti del percorso e approfondire le principali sfide che la trasformazione aziendale comporta in termini di persone, comunicazione interna e formazione. SPEAKERS: Lucia Marchegiani, Direttore Scientifico dell’Executive Master e Professore Associato di Organizzazione e Gestione delle Risorse Umane Matteo Zanza, Partner Change Management & Organization Design, Deloitte Luca Morra, Director Change Management & Organization Design, Deloitte QUANDO: 18 ottobre 2022 ORARIO: 18:00 – 19.00 CEST DOVE: Online Per partecipare è necessaria la registrazione  IL PARTNER DEL MASTER Il Master è arricchito dalla presenza di un partner di eccellenza. L’area Human Capital di Deloitte Consulting si occupa di guidare le aziende nei percorsi di trasformazione in ambito HR lavorando sulle persone e con le persone, per far sì che il capitale umano sia realmente una leva per la crescita del business.  L’expertise dei manager di Deloitte sarà a disposizione dei partecipanti al Master. REGISTRATI SCARICA LA BROCHURE 06/10/2022

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30 Marzo 2018

Effective Communication through Powerpoint: il contest creativo di Leonardo SpA per gli studenti LUISS Business School

Un contest creativo lanciato da Leonardo SpA che ha invitato gli studenti iscritti ai master della LUISS Business School a proporre idee innovative per progettare la grafica dei materiali di comunicazione sia interna sia esterna, diretti a favorire la presentazione dell’offerta da parte della divisione Sistemi per la Sicurezza e le Informazioni. Alla luce delle trasformazioni in atto nei mercati B2B, dove le scelte d’acquisto non dipendono esclusivamente dalla variabile del prezzo, il brand ha assunto un rilevo centrale come elemento di differenziazione dell’offerta per definire le politiche di mercato, ottenere vantaggi competitivi sostenibili e investire su relazioni stabili e collaborative. Il contest “Effective Communication through Powerpoint” è nato proprio dalla volontà della divisione di Leonardo SpA di comprendere come utilizzare al meglio la propria brand identity per la presentazione dell’offerta ai propri interlocutori. Il contest ha visto tutti gli studenti dei master in Fashion & Luxury Management, Gestione della produzione cinematografica e televisiva, Food & Wine Business, Event Management, del Master of Music e delle Writing School for Cinema & Television - divisi in gruppi e affiancati da un’attività di tutoring costante condotta da un esperto in comunicazione - presentare le proprie idee creative ai referenti dell’azienda che, dopo una fase di valutazione, hanno selezionato il progetto migliore maggiormente in linea con i loro obiettivi. Vincitrici del contest Dalia Caterino e Francesca Sacchetti, studentesse del Master of Fashion & Luxury: “Nel giorno di presentazione del Contest, con uno scambio di sguardi ancora oggi impresso nella mente, abbiamo capito di voler assolutamente partecipare ad una sfida che, seppur così lontana dal mondo del Fashion, ci è sembrata un’opportunità stimolante da cogliere nell’immediato. Ci siamo messe in gioco, unendo le nostre competenze e le nostre passioni, per dar vita ad un progetto che ci sembrava apparentemente impossibile da realizzare. Grazie all’aiuto offertoci dal grafico Daniele Marrone, che ha seguito e consigliato ogni singolo gruppo di lavoro, abbiamo superato ogni aspettativa e giorno dopo giorno il nostro progetto ha preso forma. Una forma straordinaria, che ci ha dato la possibilità di distinguerci e di essere proclamate vincitrici del contest. Un’esperienza che ci ha rese estremamente orgogliose di noi stesse, dandoci la forza di superare quei limiti, grafici e non, che credevamo invalicabili. Abbiamo avuto l’opportunità di creare un gioco di squadra unico e vincente, confrontandoci e convertendo le nostre idee in scelte grafiche. Il lavoro di gruppo ci ha aiutato a sviluppare delle capacità che ci saranno sicuramente d’aiuto nel nostro futuro professionale e personale”. Congratulazioni alle studentesse vincitrici del primo premio del contest @Leonardo_IT "Effective #Communication through #Powerpoint" alla #LUISSBusiness! #BrandIdentity #LUISSMasters pic.twitter.com/EdJxwpRk7A — LUISS BusinessSchool (@LUISSBusiness) 9 marzo 2018 29/03/2018 

28 Marzo 2018

Leader for Talent #L4T with Marco Sala, Chief Executive Officer International Game Technology PLC

He’s the CEO of one of the few Italian companies that has been shopping abroad in recent years, a company which is a world leader in the business in which it operates. Marco Sala, Chief Executive Officer of International Game Technology PLC will meet LUISS School International Masters’ students on the occasion of Leader for Talent – #L4T, a series of meetings with speakers from the corporate world. These meetings with business leaders of important organizations are oriented to management best practices and designed to offer students the opportunity to debate current business issues to enrich their professional and soft skills. Marco Sala is Chief Executive Officer of International Game Technology PLC (IGT), and serves on its Board of Directors. He is responsible for overseeing the strategic direction of the Company, which is publicly traded on the New York Stock Exchange (NYSE:IGT). He works directly with the board and other senior management to establish long-range goals, strategies, plans, and policies. Prior to April 2015, Sala served as Chief Executive Officer of GTECH S.p.A. (formerly known as Lottomatica Group) since April 2009, and was responsible for overseeing all of the Company’s segments including the Americas, International, Italy, and Products and Services. He joined the Company as Co-General Manager in 2003, and since then, has served as a member of the Board of Directors. In August 2006, he was appointed Managing Director with responsibility for the Company’s Italian Operations and other European activities. Previously, he was Chief Executive Officer of Buffetti, Italy's leading office equipment and supply retail chain. Prior to Buffetti, Sala served as Head of the Italian Business Directories Division for SEAT Pagine Gialle. He was later promoted to Head of Business Directories with responsibility for a number of international companies such as Thomson (Great Britain), Euredit (France), and Kompass (Italy). Earlier in his career, he worked as Head of the Spare Parts Divisions at Magneti Marelli (a Fiat Group company) and soon after, he became Head of the Lubricants Divisions. Additionally, he held various marketing positions at Kraft Foods. Sala graduated from Bocconi University in Milan, majoring in Business and Economics. 28/03/2018

21 Marzo 2018

Le opportunità per i consulenti d’impresa in Brasile: gli studenti #LUISSBusiness incontrano Graziano Messana, CEO di GM Venture

“La figura del Legal Counsel sta assumendo un’importanza sempre più strategica per le imprese, soprattutto per quelle che investono all’estero”: la testimonianza di Graziano Messana, CEO di GM Venture, nell’ambito del Master in Consulente legale d’impresa della LUISS Business School ha illustrato le opportunità di crescita professionale che il Brasile riserva, in particolare alla luce degli investimenti e delle acquisizioni da parte di aziende straniere nel Paese. Con i recenti investimenti di Gavio, Granarolo, Italmatch e del Gruppo Azimut – protagonista della seconda operazione brasiliana al mondo, grazie a 4 acquisizioni consecutive –, il Brasile si conferma un partner strategico per il mercato italiano. Come investire in Brasile in maniera appropriata è stato il focus di un modulo dedicato, nell’ambito del master diretto da Francesco Di Ciommo, avvocato cassazionista e professore ordinario di diritto privato LUISS Guido Carli: un Paese consumatore naturale di Fashion, Furniture e Food – le cosiddette 3F – e “il terzo più grande al mondo per i social network. 140 milioni sono gli utenti Internet e, di questi, circa 50 milioni fanno acquisti on line” come ha sottolineato Graziano Messana durante la sua testimonianza. “È il terzo paese al mondo sui settori beauty e personal care e resta nelle prime cinque posizioni se consideriamo il mercato degli elettrodomestici, medical devices e prodotti farmaceutici. Forte il settore IT e grandi opportunità si registrano nell’area del Fintech, considerato il ridotto numero di banche che domina il mercato a fronte del 40% della popolazione che non ha un conto corrente. Un mercato che è stato valutato in 24 MLD di dollari nei prossimi 10 anni”. La testimonianza ha permesso alle studentesse e agli studenti del master di conoscere le peculiarità dell’economia brasiliana dalla voce di un professionista che, della capacità di guidare le operazioni locali a partire dalle specificità del contesto brasiliano, ha fatto il suo successo. Gli incontri tra i professionisti e la community degli studenti e delle studentesse della LUISS Business School sono mirati a rafforzare il network tra la scuola e le imprese, così da favorire l’apprendimento delle attitudini e delle competenze più utili a interpretare gli scenari globali, saperne cogliere le opportunità e fare innovazione grazie agli strumenti e alle strategie manageriali più avanzati. “Suggerisco la lettura di guide giuridiche agli investimenti stranieri per comprendere le principali differenze rispetto, ad esempio, alla normativa italiana. I paesi sud americani, nonostante siano paesi di civil law, presentano varie peculiarità. Utile anche la permanenza presso università brasiliane, 3 o 6 mesi, o lo svolgimento di stage presso studi legali internazionali presenti in Brasile” sono i consigli Graziano Messana agli studenti e le studentesse della Scuola. “La figura del consulente legale non ha confini e la testimonianza del dott. Graziano Messana ne è un lucido esempio – ha commentato Andrea Brunone, Brand Ambassador del Master in Consulente legale d’Impresa. – Interessante lezione sull’economia brasiliana e sull’internazionalizzazione dei processi di impresa. Obrigado a todos!” Biografia CEO di GM Venture, società fondata a San Paolo nel 2006, Graziano Messana vanta una ricca expertise in start up e investimenti in Brasile. È Board Member di società italiane presenti in Brasile tra cui Eataly, Fiera Milano, Brunello Cucinelli e Vice Presidente della Camera Italo-Brasiliana di Commercio. 21/03/2018

19 Marzo 2018

L’Advocacy: costruire consenso per aziende e istituzioni

Non bastano più l’incontro one-to-one con il decisore e le compensazioni per il territorio: la costruzione del consenso per le aziende ha bisogno di metodi e tecniche nuovi. È necessario passare da una visione 'razionale' dello stakeholder engagement a una 'relazionale', che faccia sentire i cittadini parte del processo e stimoli la partecipazione di terze parti del mondo associativo, accademico e dei media Articolo di Gianluca Giansante, Docente LUISS Guido Carli e partner Comin & Partners L’evoluzione del contesto sociale, politico e dei media impone la necessità di ripensare le attività di relazioni istituzionali di lobbying. La costruzione del consenso per le aziende e le istituzioni ha bisogno di metodi e tecniche nuovi. Non basta più l’incontro one-to-one con il decisore e le compensazioni per il territorio: la costruzione del consenso per le aziende ha bisogno di metodi e tecniche nuovi che tengano conto del mutato scenario, nel quale le istituzioni non riescono a mediare il consenso sociale a causa di un mutato contesto legislativo (la riforma del titolo V della Costituzione in primis) e sociale, con l’emergere di nuovi attori. L’Advocacy è un metodo che punta a influenzare le politiche pubbliche attraverso un coinvolgimento forte non solo dell’attore istituzionale ma di settori ampi della società, costruendo alleanze larghe e stimolando la partecipazione di terze parti del mondo associativo, accademico e dei media. È un’attività che non coinvolge più solo la funzione relazioni istituzionali ma l’intera azienda, con la partecipazione in prima linea di aree di lavoro molto diverse fra loro, dalla comunicazione, alla ricerca, dal marketing alla corporate citizenship e un forte commitment del vertice. In questo senso, l’approccio di Advocacy può comprendere azioni di lobbismo “puro”, costruendo però percorsi efficaci non solo nella facilitazione della realizzazione di un progetto, ma anche nel rafforzamento della reputazione dell’azienda o dell’istituzione interessata. È un metodo che richiede un dialogo con i cittadini che consenta di comprenderne in profondità le esigenze e di coinvolgerli fin dalle prime fasi della realizzazione del progetto, per evitare che la narrazione sul progetto sia territorio egemonico degli attori “contro”. Richiede quindi la costruzione di una “relazione” con i cittadini e non più solo la spiegazione “razionale” delle ragioni dell’azienda. Il nuovo scenario sociale e le nuove esigenze di coinvolgimento Nel suo ultimo rapporto, l’Osservatorio permanente Nimby Forum – l’ente che monitora le opposizioni a opere di pubblica utilità e insediamenti industriali in costruzione o in progettazione – raccoglie alcuni dati utili a comprendere questo nuovo scenario. Infatti, non solo cresce il numero di impianti contestati (359 in totale, con un +5% dall’anno precedente), ma cambiano le motivazioni ed emergono nuove necessità. Dallo studio emerge come la partecipazione attiva ai processi decisionali stia guadagnando un’importanza crescente. I diversi attori coinvolti nel processo si aspettano di essere ascoltati, interpellati, e coinvolti. Proprio l’assenza di coinvolgimento è segnalata come una delle cause principali alla base delle contestazioni (seconda solo alle preoccupazioni per l’ambiente), con un trend di incremento costante: 14,6% nel 2014, 18,6% nel 2015, 21,3% nel 2016. Per un’azienda che voglia realizzare un nuovo progetto industriale o un’infrastruttura non è più sufficiente utilizzare gli strumenti classici del lobbying. È necessario, invece, comprendere in profondità le esigenze dei cittadini e coinvolgerli fin dalle prime fasi della realizzazione e soprattutto costruendo una colazione larga che supporti l’opera e includa i media, locali e nazionali, studiosi ed esperti, il mondo delle associazioni e gli influencer digitali. Un percorso efficace di Advocacy dovrà quindi partire dalla comprensione delle ragioni alla base del conflitto, per disarmarlo e arrivare a un consenso attivo da parte dei cittadini. Comprendere problemi e necessità per disinnescare i conflitti Quando un‘azienda o un’istituzione entra in un territorio o in un contesto sociale per realizzare i propri obiettivi di business, viene generalmente percepita come una presenza esterna e aliena, e quindi da combattere (spesso sulla base di pregiudizi). Un territorio rappresenta un sistema complesso e multidimensionale, un ambiente dove non vivono solo attori istituzionali, ma anche economici, sociali e culturali, che vogliono trovare in quel progetto o in quell’infrastruttura proposta anche una realizzazione delle proprie esigenze e aspettative. Se non vengono ascoltate e coinvolte tutte le componenti fin dalle prime fasi, si osserva l’emergere di attori sociali che trovano la loro ragion d’essere proprio nell’opposizione all’azienda o all’istituzione portatrice del progetto. A questo proposito un asset chiave diventa la reputazione dell’azienda. Realtà che godono di una reputazione bassa o negativa dovranno fronteggiare conflitti più aspri, se non vere e proprie “guerre di religione” da parte degli attivisti. Questi soggetti tenderanno a creare un sistema complesso e articolato, un network che si potrà estendere dal livello locale a quello nazionale o internazionale. Se però fin dalle prime fasi questi attori trovano un riconoscimento del proprio ruolo e delle proprie aspettative, è possibile disinnescare gli elementi conflittuali, e anzi tramutare queste energie in una forza di cooperazione, in un percorso di costruzione e creazione del consenso. È necessario passare da una logica di comunicazione top-down a una strategia di stakeholder engagement bottom-up. Gli attori in campo, e in primo luogo le aziende, devono spostare il focus della propria azione e cambino il proprio approccio strategico. Non basta coinvolgere pochi punti nevralgici – in particolare le istituzioni locali – perché si è perso il loro ruolo di mediatori del consenso sociale. Da “razionale” a “relazionale”: un nuovo approccio per lo Stakeholder Engagement Attualmente, possiamo osservare come molti dei metodi e delle attività di stakeholder engagement normalmente messi in campo risultano, di fatto, inefficaci se non addirittura controproducenti. Questo avviene proprio perché, nel nuovo contesto politico e sociale, segnato dalla sfiducia nei confronti delle istituzioni, è insufficiente che un progetto sia condiviso solo con i decisori pubblici e le autorità locali che hanno effettiva competenza giuridica. Anzi, spesso il consenso proveniente da istituzioni che godono di una bassa reputazione costituisce un ulteriore “bias” per l’opinione pubblica. Questo rende inutile lo sforzo di mettere in evidenza, tramite una comunicazione puramente razionale e di contenuto, i benefici e i punti di forza di un’infrastruttura o di un progetto strategico. È necessario passare da una visione “razionale” dello stakeholder engagement a una “relazionale”. Non basta spiegare le ragioni per cui un’opera è necessaria, serve creare una relazione con gli elementi chiave di un territorio, quelli che possono influenzare positivamente la comprensione della necessità di un progetto e della sua rilevanza per la comunità. Per le aziende è necessario operare un cambiamento di strategia e organizzativo: talvolta le attività di stakeholder engagement vengono viste come una parte staccata dal core business, e il top management non ne viene coinvolto quindi in maniera attiva. Si tratta invece, sempre più, di un’attività che non coinvolge solo la funzione relazioni istituzionali ma l’intera azienda, con la partecipazione in prima linea di aree di lavoro molto diverse fra loro, dalla comunicazione, alla ricerca, dal marketing alla corporate citizenship. I pilastri di una strategia di Advocacy Per rendere più efficaci le attività di stakeholder engagement e costruire il consenso attorno a un progetto, è necessario quindi un approccio di Advocacy che si basi su tre elementi chiave. Il primo sono le attività di comunicazione, che permettano di creare un clima favorevole alle decisioni proposte. Servirà quindi definire una serie di messaggi che rispondano alle diverse esigenze dei vari gruppi di stakeholder, dalle istituzioni – interessate a non perdere e anzi accrescere il proprio consenso - ai rappresentanti dei settori produttivi dell’area ai media locali, fondamentali a raggiungere larghi strati di cittadini. Modellare questi messaggi rispetto ai pubblici di riferimento non significa diminuirne l’efficacia, ma anzi metterne in maggiore evidenza gli aspetti che possono stare più a cuore ai diversi soggetti. Sarà necessario attivare tutte le aree della comunicazione, dalla gestione delle media relations al digital, dalla CSR (che sarebbe meglio definire corporate citizenship) alle Public Relations. La seconda attività chiave di una strategia Advocacy è il coinvolgimento delle terze parti, con azioni che promuovano un punto di vista esterno e autorevole e aggiungano contenuto al dibattito. Sarà quindi fondamentale coinvolgere opinion leader riconosciuti dalla comunità per la loro autorevolezza accademica, professionale o personale e costruire assieme a loro il percorso che porti al consenso sul progetto. Così come istituti di ricerca, associazioni sul territorio e tematiche. La terza area è relativa al coinvolgimento dei cittadini come portavoce di istanze favorevoli al progetto. Per farlo è necessario coinvolgerli prima di avviare le attività di “permitting” e non dopo. In questo modo, il consenso generato permetterà di facilitare il processo di approvazione e realizzazione a tutti i livelli. Ma soprattutto, nel caso di potenziali criticità, sarà la stessa opinione pubblica a depotenziare possibili attacchi e agire verso il rafforzamento della reputazione dell’azienda e dell’istituzione coinvolta. Usare questi strumenti all’interno di una strategia di Advocacy coerente, indirizzando le energie di tutte le aree aziendali coinvolte e con il sostegno di terze parti, permetterà quindi di rappresentare gli interessi aziendali e allo stesso tempo contribuire al dibattito democratico, valorizzando il ruolo di tutti gli attori sociali coinvolti, dai cittadini alle istituzioni, dalle parti sociali ai media. “Grassroots Advocacy e Lobbying indiretto” è il corso del programma in Corporate Communication & Stakeholder Management  diretto da Gianluca Comin che si propone di analizzare le dinamiche, le strategie e gli strumenti per la creazione del consenso dal basso. Il corso si terrà venerdì 23 marzo e sabato 24 marzo 2018 per una durata complessiva di 2 giornate, 15 ore di formazione. Gianluca Giansante, Docente di comunicazione politica LUISS Guido Carli, Partner Comin & Partners, e ‎Patrizia Rutigliano, Executive Vice President of Government Affairs, Corporate Social Responsibility & Communication Snam S.p.A sono i coordinatori scientifici del modulo. 20/04/2018

27 Febbraio 2018

Generare engagement nelle organizzazioni grazie a People e social skill

Articolo di Gabriele Gabrielli, Professor of Practice in People Management, Human Resource Management and Organisational Behaviour LUISS Business School e Responsabile del People Management Competence Centre & Lab  L'engagement continua a fare notizia, o meglio la sua carenza. La recente pubblicazione dell'indagine Gallup (State of Global Workplace, 2017) ci offre l'occasione per riflettere sul termine forse oggi più usato nel management. Vi ricorriamo, infatti, per indicare genericamente la motivazione dei collaboratori, lo usiamo però anche per sottolineare l'atteggiamento e i sentimenti che i clienti hanno nei riguardi dell'impresa. Per questo investiamo in tecnologia e organizzazione per tracciare e comprendere la user experience dei clienti. Customer engagement, employee engagement diventano così il nome di strutture organizzative negli organigrammi aziendali, nomi di progetti e task force dedicati a migliorare il livello di engagement. Nella prospettiva del People management, in particolare, usiamo questo termine per indicare uno stato particolare dei collaboratori che consente loro di coinvolgersi attivamente e con passione nella vita dell'organizzazione, una situazione invidiabile perché capace di attivare anche comportamenti discrezionali extra-ruolo. Engagement e performance economico-organizzativa A cosa dobbiamo questa crescente attenzione di imprenditori, executive e manager verso l’engagement? Come mai le direzioni HR dedicano impegno a misurare e migliorare i livelli di people engagement nell’impresa? Le risposte possibili sono numerose. Potremmo iniziare con il dire che far star bene clienti e dipendenti è un dovere dell’impresa. Di solito però questa risposta, su cui tutti si dichiarano d’accordo, non riesce in verità a eccitare più di tanto gli animi. C’è un’altra prospettiva capace di provocare energia e focus nei riguardi del tema. Numerosi studi e ricerche mostrano che le imprese che vantano elevati tassi di employee engagement presentano anche differenze significativamente positive in termini di performance rispetto alle imprese con più bassi tassi di coinvolgimento attivo dei collaboratori. La più recente indagine Gallup evidenzia, per esempio, che le imprese degli Stati Uniti che si collocano nel terzo quartile per livello di engagement della loro forza lavoro conseguono performance economiche migliori, quasi doppie, rispetto a quelle realizzate dalle imprese con livelli più bassi di engagement; inoltre hanno una produttività più alta del 17%, volumi di vendite che superano il 20% e livelli di profittabilità migliori del 21%. Ce n’è abbastanza per darsi da fare allora e costruire attorno all’engagement una vera e propria strategia di sviluppo dell’impresa. Queste evidenze suggeriscono inoltre di saldare strettamente le due prospettive: da un lato, quella di business che indossa le lenti della performance economico-organizzativa, dall’altro, quella di People Management, che associa a un elevato livello di engagement anche il benessere delle persone, un loro maggiore impegno e comportamenti che vanno “oltre” il dovuto. Cosa succede dalle nostre parti? Dall’ultimo rapporto emerge un quadro per nulla entusiasmante: solo il 10% dei lavoratori presenti nei paesi dell’Europa Occidentale sono engaged, ovvero entusiasti e coinvolti attivamente nel loro lavoro. Tra i Paesi europei la Norvegia presenta il livello di engagement più alto ovvero del 17%, mentre in Italia, Spagna e Francia siamo al di sotto del 10%. Sono dati impressionanti. Vuol dire che solo una minima parte dei lavoratori presenti nelle nostre organizzazioni sono attivamente coinvolti; la maggioranza mostra atteggiamenti di non ingaggio (not engaged) o di disingaggio attivo (actively disingaged). Abbiamo un gran lavoro da fare, perché c’è una miniera di energia nascosta nelle pieghe delle organizzazioni che aspetta di essere liberata. Quando le persone sono engaged? Le persone engaged si sentono emotivamente coinvolte nel lavoro che fanno e negli scopi dell’organizzazione, si sentono rispettate, vedono che il loro lavoro ha senso ed è considerato importante dai manager, hanno buone relazioni con colleghi e capi, sono sicure che all’impresa interessi il loro sviluppo personale. Come misurano tutto questo? Ebbene, le ricerche empiriche ci dicono che le persone osservano e valutano più di quanto si possa immaginare: le modalità con le quali viene gestita la loro performance, l’attenzione riservata loro in termini di feedback e suggerimenti, i riconoscimenti e il sostegno che ricevono dai capi per migliorare e progredire nel loro percorso di sviluppo la possibilità di partecipare a programmi di formazione. Tutto questo rafforza una consapevolezza: che le pratiche HR e le pratiche di leadership di un’organizzazione hanno tutte a che fare direttamente con l’engagement. Una consapevolezza importante che ci restituisce anche un maggior senso di responsabilità nel lavoro che facciamo. Che cosa possiamo fare per incrementarne il livello di engagement? Gli studi e le ricerche empiriche ci dicono che le persone engaged trovano stimoli importanti per alimentare e rafforzare questo loro atteggiamento nelle relazioni costruttive che instaurano con i manager. Sono tali quelle orientate soprattutto al futuro e non basate sulla valutazione critica, “giudicante”, del passato. Questo vuol dire che l’engagement, al quale si associano risultati di business migliori nelle imprese che ne possono vantare livelli superiori, è influenzato dalle capacità dei manager. Quali capacità? Forse la loro preparazione tecnica o l’apertura all’innovazione? La conoscenza dei mercati maturata in contesti internazionali? Le competenze di pianificazione e di controllo dell’organizzazione? In realtà hanno un ruolo chiave le people e social skill che, insieme, formano una costellazione particolare di competenze. Una costellazione di competenze, ampiamente studiate in letteratura, il cui sapiente uso da parte di leader e manager consente di dar vita a “conversazioni organizzative” ricche e generative che mettono al centro: il collaboratore e il suo progresso la performance e i risultati come espressione del suo potenziale i suoi punti di forza e l’autonomia come leve necessarie per meglio cogliere gli obiettivi progettuali. Sono conversazioni improntate all’ascolto reciproco e al rispetto, sono conversazioni sostenute da una comunicazione capace di adoperare diversi registri e da un’efficace e consapevole gestione dell’intelligenza emotiva. Da dove possiamo cominciare? Probabilmente dallo spostare un po’ di attenzione, energie e investimenti dalla “misura” (diventata una vera e propria ossessione), al “fare”, al “formare”, al “valutare” le competenze dei leader e manager in questo campo. Gli sforzi maggiori andrebbero così concentrati nel selezionare, formare e premiare leader e manager con un portafoglio eccellente di people e social skill. L’engagement infatti passa anche dal riconoscimento che leader e manager sono capaci di dare ai collaboratori, non dimenticando mai la loro unicità. Così, per imprese e organizzazioni dotarsi di leader e manager provvisti di eccellenti people e social skill diventa questione strategica; una questione che dovrebbe occupare sempre più anche l’agenda di investitori, azionisti e imprenditori, oltre che naturalmente quella di quanti hanno a cuore il benessere delle persone. Formare leader e manager in grado di ripensare le sfide HR in prospettiva strategica per incidere in modo progettuale in contesti organizzativi complessi, è l’obiettivo del corso Executive Human Resource Management. Il programma – in partenza il 14 settembre 2018 – si rivolge a chi già ricopre o è in procinto di ricoprire un ruolo di rilievo in ambito HR e che avverte l’esigenza di confrontarsi con nuovi stimoli, ampliare il proprio bagaglio di competenze e sviluppare il proprio network professionale. Si articola in 6 moduli da 2 giornate lungo l’arco di 7 mesi: il modulo “Energising the organisation” sarà dedicato alle pratiche HR e pratiche di leadership per incrementare il livello di engagement nelle organizzazioni. 27/02/2018

09 Febbraio 2018

Students of the Master of Fashion & Luxury Management meet Matteo Marzotto, President of Dondup

A very stimulating and inspiring talk took place on February 5, 2018 when the students of the Master of Fashion & Luxury Management met Matteo Marzotto, President of Dondup. Lucia, student of the Master of Fashion & Luxury Management, participated in this meeting: this is her story.    “Matteo Marzotto, one of the most famous Italian managers and enterpreneurs, during his speech to the Fashion and Luxury Management class, dealt with all the aspects of this fascinating and fast growing industry. We retraced together his managerial career step by step, from the early beginning, when he started working directly on textile machines in order to learn all the secrets of the production process, to the successive achievements, which boast fashion companies such as Valentino S.p.A., Vionnet S.p.A. until he has become President of Dondup. He revealed finally a secret: experts, "genius" of fashion industry ... they do not exist! What really matters is the importance of studying to develop the right skills, acquiring complete knowledge of the fashion process and putting into practice your competencies in the best way. Furthermore, a good manager never forgets about the importance of sharing". The fashion industry is a very fascinating world, characterized by extremely complex mechanisms. It is a field undergoing continuous transformations, it is dynamic, demanding and requires concrete competencies. The next generation of managers of the fashion industry will have to possess a broad range of notions and information. During the lessons, the classrooms are transformed in meeting points between great professionals of this industry and students. Influent guest speakers provide candidates with a learning outcome made by high quality professional experiences, technical notions and compelling case studies to be inspired from. Students will be shown a 360° vision of the business scene of the fashion system and all the job opportunities will be described to inspire, incentivize and direct candidates to the fashion area more suited to their inclinations and capacities.   02/09/2018

07 Febbraio 2018

Leader For Talent #L4T con Vittorio Pisani, dirigente superiore della Polizia di Stato

Il coraggio di “metterci la faccia”. Motivare la squadra per raggiungere un obiettivo, che è insieme etico e di crescita della società. Vittorio Pisani, dirigente superiore della Polizia di Stato, ha diretto le attività investigative che hanno condotto alla cattura del boss del clan dei casalesi Antonio Iovine e del capoclan Michele Zagaria. È il primo ospite della serie Leader for Talent – #L4T. Leader for Talent #L4T è un ciclo di incontri con leader, top manager ed esponenti di vertice del mondo delle aziende e delle organizzazioni. Una cornice interattiva pensata per permettere agli studenti della LUISS Business School di confrontarsi direttamente con i leader del nostro tempo. Leader come mentori: un’occasione unica per arricchirsi non soltanto in termini di competenze, ma anche del bagaglio di esperienze, accumulate lungo il percorso per diventare leader. Condiviso, trasmesso, consegnato. La prima edizione ha visto le testimonianze di  Claudio Descalzi CEO Eni, Walter Ruffinoni CEO NTT DATA Italia, Giuseppe Recchi Vicepresidente esecutivo TIM, Marco Patuano CEO Edizione s.r.l, Martin Sorrell CEO WPP, a confronto con gli studenti #LUISSBusiness. Funzionario responsabile di diverse sezioni investigative presso la Squadra Mobile di Napoli dal 1990 al 1999, nel 1998 è stato promosso per merito straordinario al grado di vice questore aggiunto per una operazione di polizia giudiziaria di straordinaria importanza nel contrasto alla camorra napoletana, la cattura dei capi latitanti della nota Alleanza di Secondigliano. Dal 1999 al 2004 ha ricoperto l’incarico di funzionario coordinatore di indagini in materia di criminalità organizzata e di ricerca latitanti presso il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato in Roma. Dirigente della Squadra Mobile della Questura di Napoli dal 2004 al 2011, nel corso dell’incarico ha ricevuto numerosi encomi ed encomi solenni per operazioni di polizia giudiziaria di particolare importanza contro la criminalità organizzata, tra cui le catture dei capi di camorra latitanti, come il boss del clan dei casalesi Antonio Iovine. Vice Consigliere ministeriale presso la Direzione Centrale Anticrimine dal giugno 2011 al dicembre 2012, ha diretto le attività investigative che hanno condotto alla cattura del capo della camorra latitante Michele Zagaria. Per l’arresto del capo del clan dei casalesi, è stato promosso per merito straordinario alla qualifica di Dirigente Superiore. È attualmente Direttore del Servizio Immigrazione della Polizia di Stato, presso la Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere. Alla cattura dei boss Iovine e Zagaria, Rai 1 ha dedicato la fiction “Sotto copertura” in cui Vittorio Pisani è stato interpretato dall’attore Claudio Gioè nel ruolo di Michele Romano. 07/02/2018

29 Gennaio 2018

Gender balance nelle organizzazioni per una leadership che crei valore

Articolo del prof. Paolo Boccardelli, Direttore LUISS Business School  È tempo di mettere in primo piano le donne, non solo in termini di assunzione ma anche di promozione: è il messaggio del Primo Ministro del Canada, Justin Trudeau, nel corso dell’intervento che ha tenuto durante il World Economic Forum a Davos, in Svizzera. Assicurare retribuzioni uguali per uomini e donne non garantisce parità di condizioni o di trattamento. È fondamentale, piuttosto, incoraggiare le donne attraverso l’introduzione di efficienti politiche di gender balance, abbattendo in questo modo le barriere. Nel frattempo, nel nostro Paese sono stati fatti dei passi in avanti per quanto riguarda la presenza delle donne nei CdA: una recente ricerca condotta da Cerved rivela infatti che il 33.5% dei membri dei board delle società quotate nella Borsa di Milano è rappresentato dalle quote rosa. Un segnale di responsabilità, di impegno, di speranza. Le sfide che le organizzazioni oggi affrontano sono molteplici: la globalizzazione, la rivoluzione digitale, i nuovi modelli d’impresa. Queste sfide richiedono una leadership nuova, più equilibrata ed inclusiva. Secondo gli studi più recenti, è proprio un equilibrato mix dei generi che è in grado di alimentare la formazione di una leadership completa e di successo, capace di creare valore non solo per le aziende, ma per la comunità in generale. È attraverso la presenza di role model sia maschili sia femminili che i giovani talenti e gli high potential riusciranno a far affermare un nuovo stile di leadership, più completo e in grado di affrontare le sfide che la società pone ai manager di oggi e di domani. Per affrontare tali sfide, è necessario che i nuovi leader siano accompagnati nel loro percorso di formazione e sviluppo: per questo la LUISS Business School ha dato vita al progetto GROW – Generating Real Opportunities for Women, che intende promuovere, sostenere e migliorare lo sviluppo personale e professionale delle studentesse della Scuola, consapevole che l’inserimento nel mondo del lavoro sia essenziale tanto quanto il raggiungimento di posizioni di vertice. Un lavoro di sensibilizzazione sui temi quali leadership al femminile, gender balance e female talent leverage che GROW prevede anche nei confronti della business community, grazie agli incontri della serie “GROW Talk”, progettati per condividere buone pratiche ed esperienze che, attraverso la contaminazione, possano essere traslate da una realtà aziendale all’altra. 29/01/2018

22 Gennaio 2018

Espandere globalmente l’eccellenza del food Made in Italy: le future sfide dell’acquisizione Nestlè di Ferrero

Articolo di Luca Pirolo, Direttore del LUISS Creative Business Center della LUISS Business School Uno dei marchi più famosi del made in Italy è andato alla conquista del mercato americano. Si tratta del Gruppo Ferrero che, lo scorso 16 gennaio 2018, ha annunciato l’accordo per l’acquisizione del business dolciario statunitense di Nestlé. L’operazione, del valore di 2,9 miliardi di dollari, porterà Ferrero – ad oggi la quarta più grande azienda nel mercato globale del cioccolato confezionato, con vendite per oltre 10 miliardi di dollari – ad acquisire più di 20 storici brand americani tra cui Butterfinger, BabyRuth, 100Grand, Raisinets e Wonka, più il diritto esclusivo sul marchio Crunch negli Stati Uniti e i brand di caramelle SweeTarts, LaffyTaffy e Nerds. Ferrero, già nota negli Stati Uniti oltre che per Nutella, per prodotti come le caramelle Tic Tac e i cioccolatini Rocher, aggiunge quindi marchi che valgono circa 900 milioni di dollari di fatturato. Ma perché allora questa discrepanza tra il valore dell’operazione e il valore reale generato dalle vendite dei brand acquisiti? Innanzitutto, attraverso questa acquisizione Ferrero scala una posizione tra gli operatori del settore dolciario diventando, quindi, il terzo produttore più grande a livello globale, con una fetta di mercato probabilmente destinata ad aumentare di molto nelle prossime rilevazioni. Nel corso del 2017, Ferrero aveva già completato altre due importanti acquisizioni nel mercato americano: in marzo, la società di Alba aveva preso il controllo di Fannie May, impresa specializzata nella produzione di cioccolato premium, per 107 milioni di euro; pochi mesi più tardi, in ottobre, era stato il turno di Ferrara Candy, terza società statunitense nel settore delle caramelle e delle gomme da masticare. L’operazione Nestlé rappresenta quindi una strategia ben definita attraverso cui Ferrero si pone l’obiettivo di entrare in un mercato dolciario, quello americano, che è il più grande del mondo per consumo e opportunità. Si tratta di una scelta innovativa che segna un’importante rottura rispetto al passato della società. Nel corso dei primi 50 anni di storia dell’azienda, infatti, Michele Ferrero, storico fondatore della società, aveva pensato a far crescere il gruppo sul territorio nazionale. La nuova generazione, rappresentata dal figlio Giovanni, attualmente presidente esecutivo della società, ha invertito questa tendenza dando vita ad una serie di operazioni che mostrano un atteggiamento diametralmente opposto. Il fatto che le strategie siano sempre più da multinazionale non deve tuttavia far credere che il legame con il territorio nazionale e, nello specifico con Alba, comune piemontese in cui la società è nata, sia svanito. Al contrario, il legame è rimasto forte ed imprescindibile come mostrano gli ottimi numeri sulla tenuta occupazionale e sui lavoratori stagionali impiegati. Le strategie di crescita oltreoceano sono quindi possibili perché basate sulla solidità della produzione e del know-how albese. La strategia di acquisizione è inoltre frutto anche di una nuova sensibilità del mercato americano per un’alimentazione più sana. Le pressioni significative di associazioni e gruppi di interesse hanno, infatti, spinto molte società, tra cui la stessa Nestlé, ad abbandonare il business dei dolci zuccherati e focalizzarsi su altro. Il CEO del gruppo elvetico ha ad esempio dichiarato di voler investire e innovare in alcuni settori in forte crescita come il pet care, il caffè, l’acqua minerale, i surgelati e i prodotti per l’infanzia. Anche il gigante Mars, primo operatore nel settore dolciario americano, si è da poco avvicinato al mondo del fitness con la vendita di barrette proteiche e prodotti più sani ed equilibrati. Ferrero, essendo una società di proprietà di una singola famiglia e non quotata in borsa, è meno esposta a questo tipo di pressioni e può quindi continuare ad operare nel settore dolciario con meno problemi anche in virtù del fatto che i prodotti offerti sono senza dubbio di qualità maggiore rispetto a quelli di Nestlé o Mars. La reale preoccupazione di alcuni esperti del settore è comprendere come riuscirà Ferrero ad inserire i prodotti Nestlé tra i suoi marchi di alta gamma, ma questo è un tema che attiene alla future decisioni in tema di posizionamento e, più in generale, di strategie di marketing. Il master in Food and Wine Business della LUISS Business School offre una formazione manageriale generale combinata allo sviluppo di competenze specifiche della filiera, per preparare figure professionali specializzate in grado di affrontare le sfide del settore enogastronomico in un contesto internazionale e multiculturale. Food & Wine Manager, consulenti per il riposizionamento aziendale e la creazione di Start up nell’ambito della ristorazione, Banqueting Manager, Communication Manager, responsabili Relazione esterne, Marcom Manager & Pr Manager: scopri i profili in uscita del Master in Food & Wine Manager del LUISS Creative Business Center! DOWNLOAD BROCHURE 22/02/2018

12 Gennaio 2018

Successo nel Trade Management? Passione e volontà. I Brand Ambassador raccontano i master LUISS Business School

Le storie dei nostri Brand Ambassador: la voce degli studenti dei master specialistici che racconta il mondo #LUISSBusiness  Giulia Breschi, Brand Ambassador del Master in Trade Management, ci racconta l’incontro con i direttori commerciali di tutte le aziende partner del programma. Ecco la sua storia: «È stata una mattinata davvero emozionante, quella che abbiamo trascorso presso la sede di Confindustria per incontrare i direttori commerciali di tutte le aziende partner del Master in Trade Management. Un incontro che è stato un’opportunità per entrare in contatto diretto con i più grandi esponenti del settore Ho.Re.Ca, che ci hanno trasmesso – con tanta grinta, determinazione e forza di volontà – i driver fondamentali per il successo in questo settore: l’umiltà e la passione. Quello ci siamo portati a casa dal confronto con i partner dell’Associazione per la formazione nel beverage A.F.D.B. Peroni, Coca-Cola, Campari, Birra Castello, San Benedetto, Conserve Italia, Tetrapack, Sanpellegrino, Heineken, talgrob, Pepsi, Vinicoltori Ponte, Vinicola Serena è un grande bagaglio di emozioni che sono sicura ci motiveranno lungo tutto il nostro percorso. Giorno dopo giorno aumenta in me la consapevolezza che, ogni mattina, guardandoci allo specchio vedremo riflessi i risultati della nostra crescita professionale e personale. Ringrazio perciò tutti i partner dell’Associazione per la formazione nel beverage per quello che fino a qui ci hanno trasmesso, per la fiducia che hanno in noi, e per quello che verrà». Il Master in Trade Management forma le figure professionali specializzate che operano nel settore della produzione e distribuzione dei prodotti food and beverage da consumo fuori casa. Il processo di creazione del valore per il cliente finale dei prodotti da consumo extradomestico (Ho.Re.Ca.), passa attraverso le azioni coordinate di tutti gli operatori della filiera –  produttori, grossisti/distributori ed esercenti – e quindi richiede una formazione a 360 gradi. I partecipanti al programma imparano a svolgere attività di customer insight, analizzando la domanda e il comportamento dei consumatori con i Big Data, a gestire i rapporti con i partner, a massimizzare l’esperienza di consumo dei clienti presso i punti vendita. È un percorso che si avvale dell’interazione costante con gli esponenti delle aziende e associazioni partner: dalla definizione del programma, alle attività di coordinamento, al coinvolgimento degli studenti in un’esperienza di formazione professionale in azienda attraverso il Field Project. Scopri le storie di successo degli alumni del Master in Trade Management! #MasterYourCareer SCARICA LA BROCHURE

09 Gennaio 2018

L’approccio del Total Reward: qualche provocazione per recuperarne la sapienza originaria

Articolo di Gabriele Gabrielli, Professor of Practice in People Management, Human Resource Management and Organisational Behaviour LUISS Business School e Responsabile del People Management Competence Centre & Lab  L’approccio del Total Reward incrocia direttamente i temi critici dello Human Resource Management e del People Management in quest’epoca segnata dalla grande trasformazione del lavoro. Sono temi che rappresentano al tempo stesso sfide importanti per imprenditori, manager e professionisti dello sviluppo delle persone. Cos’è una sfida? La sfida – leggo dal dizionario Treccani - è una «provocazione, un atto che ha lo scopo di suscitare comunque una reazione da parte di altre persone». Il Total Reward sfida infatti a rileggere con lenti nuove e potenti molte questioni della gestione delle persone, gettando il guanto della provocazione in faccia alla leadership HR per scovare quella coraggiosa, aperta e inclusiva e lasciare al palo quella rattrappita su se stessa. La trappola degli incentivi  Per proporre la prima provocazione prendo spunto dalle pagine di un libro del filosofo statunitense Michael Sandel, Quello che i soldi non possono comprare. I limiti morali del mercato. Si tratta di un lavoro molto interessante che indaga la questione se si possa comprare tutto con i soldi. Posta così la questione appare retorica, perché sollecita una risposta negativa, ossia che la vita (e le sue dimensioni) non può essere governata tutta dalla logica di mercato. Riformulo allora la questione e domando: siamo sicuri che non ci siano imprenditori, manager e HR convinti invece che con gli strumenti descritti nel quadrante “Pay” della nota matrice di successo formulata dai consulenti Brown e Armstrong nel 1999 si possa comprare davvero tutto? L’esperienza dice che ci sono e anche più numerosi di quanto si possa credere. Sono convinti che senza soldi non si possa far niente, così diventano incapaci - loro per primi - di immaginare impegni che non prevedano come ricompensa un premio economico. È questa la trappola degli incentivi. Chi non è caduto nella trappola sa bene che gli incentivi economici sono importanti, sa anche però che occorre ben altro per essere felici, per essere soddisfatti nel lavoro e lasciarsi coinvolgere emotivamente. Ecco allora una prima sfida importante che ci lancia il Total Reward: comprendere la vera natura dell’uomo, di che pasta siamo fatti, quali sono le motivazioni che spingono i nostri comportamenti e i bisogni da cui nascono. Total Reward per chi? Dunque, ecco la seconda sfida: ascoltare attivamente le persone. L’ascolto attivo chiama in causa tutti i sensi. Non si ascolta attivamente se utilizziamo solo l’intelligenza cognitiva. D’altro canto abbiamo imparato ormai da decenni, grazie alle ricerche di studiosi come Herbert Simon, che la razionalità umana è limitata, che gli uomini non sempre scelgono razionalmente, che le organizzazioni sono reti complesse di decisioni e piuttosto ambigue. Adam Smith, quasi tre secoli fa, scriveva nel volume Teoria dei sentimenti morali mentre andava alla ricerca di ciò che muove l’uomo (un vero e proprio studio sul comportamento organizzativo), che le persone alla fine desiderano sentirsi amate e utili. L’approccio del Total Reward, allora, diventa straordinaria occasione per verificare se e quanto le imprese e le funzioni HR sono attrezzate in questo campo, se sanno ascoltare in profondità cosa muove una persona. La sfida che lancia è l’invito ad abbandonare la ricerca di scorciatoie che non portano da nessuna parte (gli incentivi, talvolta, rappresentano una scorciatoia pericolosa e fallace) per farci carico direttamente di comprendere le strutture motivazionali, i bisogni e le attese, le motivazioni e le preferenze di ciascuno. Si tratta di una sfida che illumina con una luce diversa gli investimenti in ricerca, facendoci capire quanto sia importante conoscere i suoi esiti per diventare buoni people manager. Come si può pensare, in effetti, di gestire bene le persone, potenziarne la performance e cercarne l’engagement, senza l'aiuto della ricerca psico-socio-organizzativa? Generazioni o età? L’esercizio dell’ascolto attivo va praticato anche per comprendere le preferenze delle diverse generazioni presenti in azienda. L’approccio generazionale presenta però anche zone d’ombra. A livello accademico c’è molta discussione al riguardo e si dibatte se non sia preferibile assegnare centralità all’approccio fondato sull’età. Ai fini di questa riflessione, ciò che conta è che anche gli studi fondati sull’approccio generazionale ci sfidano a percorrere la strada sopra indicata, un percorso contrassegnato da queste domande: gli incentivi e i premi che stiamo progettando sono attrattivi e motivano i più giovani? I giovani di tutte le generazioni? E le persone più mature? Cosa si aspettano e preferiscono gli uni e gli altri? Disponiamo di conoscenze e dati solidi per non cadere in un’altra trappola, quella dei pregiudizi e degli stereotipi che ci fa indossare lenti che distorcono la realtà? Meglio guardare da vicino allora, direttamente e senza troppi filtri. Gestire le risorse umane in questa prospettiva significa incorporare - nella progettazione di sistemi e strumenti e nella pratica quotidiana della presa di decisioni - la dimensione della “prossimità”. Una prossimità intesa come comprensione più autentica della persona - accolta nelle sue dimensioni cognitive, emotive e affettive- che vive un tempo e un contesto specifici. L’orizzonte della prossimità e le sue componenti diventano così il parametro attraverso cui misurare l’efficacia delle politiche e della performance delle funzioni HR. A proposito delle zone d’ombra cui accennavo sopra, in un recente articolo domandavo: “Sappiamo davvero cosa vogliono i Millennials dal lavoro?” Ponevo più in particolare una serie di domande. Cosa attrae i più giovani al lavoro? Quali sono i fattori che i Millennials mettono al primo posto quando cercano o si trovano nelle condizioni di poter scegliere un’occupazione? È prioritario per loro il livello di ricompensa economica o la corrispondenza dei contenuti del lavoro con i valori in cui credono e che vogliono perseguire anche nelle organizzazioni con cui collaborano? Sono più concentrati sugli interessi personali o credono che sia importante contribuire con il loro lavoro a cambiare in meglio il mondo in cui viviamo? Sono poi davvero disponibili a mettere in secondo piano una brillante carriera pur di garantirsi una buona qualità della vita? Ho segnalato come le ricerche non siano univoche al riguardo, tutt’altro. Al di là dell’Atlantico sembra che le generazioni sono più alla ricerca di senso nel lavoro, al di qua pare invece più spinte da maggiore concretezza e pragmatismo. L’approccio del Total Reward ci sfida a non essere superficiali e frettolosi, a investire in conoscenza del contesto in cui si opera senza lasciarsi affascinare dalle retoriche che sempre abbondano. Soprattutto ci invita a dare valore alle molte componenti di premio che i luoghi di lavoro celano, a scoprirne di nuove, a personalizzarle in funzione delle caratteristiche individuali, dei valori in cui le persone credono, dell’età, delle esperienze che fanno. La sfida più significativa che il Total Reward oggi lancia allo Human Resource Managament e ai capi è quella che chiede di trovare risposte adeguate per gestire scambi più sofisticati di quello economicistico e meramente transazionale cui siamo per lo più abituati. Recuperare la sapienza originaria Bisogna recuperare così la sapienza originaria del Total Reward, che prioritariamente non è quella di risparmiare sul costo del lavoro o cogliere le opportunità di efficienze fiscali offerte dalla legislazione. Certo, anche queste sono risultati importanti, costituendo benefici significativi da cogliere. Ma il cuore del Total Reward pulsa altrove. Il suo significato più prezioso risiede nella capacità di ri-orientare radicalmente la gestione delle persone: da un approccio transazionale - basato sullo scambio di prestazioni - a uno relazionale, fondato sulla conoscenza delle aspirazioni professionali e personali di gruppi e individui. Anche il welfare aziendale, allora, i suoi piani e le sue iniziative, si colorano di una tinta nuova capace di arricchirne il significato per valorizzarlo quale componente significativa del Total Reward che va evidenziando lo spazio di una corrispettività più ampia nel lavoro entro la quale gestire uno scambio anche sociale. Una prospettiva che consente di lavorare – con leve più articolate - anche sull’engagement per ricercare quel coinvolgimento attivo delle persone capace di generare comportamenti extra ruolo, non richiesti e per nulla scontati. Quei comportamenti che possono fare davvero la differenza, anche in termini di performance e produttività come ho scritto altrove, tra un’impresa e un’altra. Bibliografia Gabrielli G., Ricompensare: sistemi di Rewarding e politiche retributive, inGabrielli G., Profili S., Organizzazione e gestione delle risorse umane, II edizione, Isedi, Torino 2016 Gabrielli G., Politiche remunerative e partecipazione, in Carcano M., Ferrari R., Volpe V. (a cura di), La partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa, Guerini Next, Milano 2017 Sammarra A., Profili S., La diversità di età nei contesti di lavoro. Sfide organizzative e implicazioni per il People Management, Franco Angeli, Milano 2017 Sandel M., Quello che i soldi non possono comprare. I limiti morali del mercato, Feltrinelli, Milano 2015 Smith A., Teoria dei sentimenti morali, Rizzoli, Milano 1995 09/01/2018

27 Dicembre 2017

Il nostro 2017

Rivivi con noi tutti i momenti che hanno reso indimenticabile il 2017 della LUISS Business School!   Gennaio 2017: la LUISS Business School arriva a Villa Blanc. Febbraio 2017: Claudio Descalzi, Amministratore Delegato Eni, incontra gli studenti nell’ambito del progetto Leader for Talent – #L4T. Il racconto di una studentessa. Marzo 2017: la LUISS Business School lancia GROW – Generating real opportunities for Women, il progetto a sostegno della leadership al femminile. Aprile 2017: Villa Blanc ospita la prima conferenza sulla sostenibilità e la responsabilità sociale “Hybrid Organizations: walking at the edge between economic performance and social & environmental impact” organizzata da LUISS Business School e IESE Business School. Maggio 2017: primo giorno in aula per gli allievi del progetto Generazione Cultura, ideato da Il Gioco del Lotto in collaborazione con il MiBACT, ALES e LUISS Business School per formare i futuri manager dei beni culturali. Giugno 2017: con TIM e Wikipedia, gli studenti danno vita alle voci Wikipedia di business & management. Luglio 2017: si conclude la prima edizione di Data Girls, il progetto nell’ambito di GROW, che vede le studentesse protagoniste di una sfida sui Big Data con le aziende partner. Settembre 2017: a Roma si incontrano tutti i più grandi esponenti del sistema bancario italiano: Italian Banking Conference, l'evento organizzato dalla LUISS Business School in partnership con The Ruling Companies e Harvard Business Review Italia– HBR. 40 studenti provenienti da 9 Business School di tutto il mondo, arrivano alla LUISS Business School per l’International Week MBA in collaborazione con Benetton Group. Ottobre 2017: Andrea Viganò, Country Head for Italy Blackrock, ha tenuto l’Inspirational Speech per il Graduation Day degli studenti MBA. Novembre 2017: Un contest LUISS Business School lanciato durante il Welcome Party dei master specialistici, ha nominato i primi Brand Ambassador della scuola. Dicembre 2017: una giornata di studi sull’evoluzione della Corporate Governance e delle politiche di Executive Compensation in Italia, alla luce della crescente presenza di investitori istituzionali nei board delle quotate.   27/12/2017

21 Dicembre 2017

L’accordo Disney-Pixar secondo un Disney snob: ecco le storie dei Brand Ambassador #LUISSBusiness

Pubblichiamo la prima storia dei Brand Ambassador #LUISSBusiness, i vincitori del contest che ha sfidato gli studenti a scendere in campo per diventare la voce della scuola, lanciato in occasione del Welcome Party con Coca-Cola, Ferrero e RDS.  Simone Morello, studente del Master in gestione delle Risorse Umane e organizzazione ha raccontato il Case Study “The Walt Disney Company and Pixar Inc.: To Acquire or Not to Acquire?” analizzato nell’ambito della lezione di Strategy. “La mia Hostmother a Brighton affermava che fossi un 'Disney snob'. Mi chiamò così la prima volta da quando le dissi che preferivo guardare solo film Disney e non Disney-Pixar. A distanza di due mesi mi sono ritrovato a studiare il #CaseStudy dell’acquisizione della Pixar da parte della Disney durante la lezione di Strategy. Il team di cui facevo parte era quello degli azionisti Disney. Avevamo la possibilità di ribaltare il risultato ed evitare l’acquisizione della Pixar. In 40 minuti dovevamo decidere cosa fare. L’assemblea si riunisce e vota compatta per l’acquisizione, l’unica voce contraria era la mia. Pongo sul tavolo le questioni che mi facevano propendere per la ritrattazione degli accordi e non per l’acquisizione. La discussione dura circa 30 minuti, nei quali l’assemblea si divide, propendendo di poco per l’acquisizione ma con modifiche radicali dell’offerta. Dopo il confronto con i rappresentanti della Pixar, riusciamo ad acquisire la stessa alla metà del prezzo richiesto nella realtà. L’applicazione delle teorie studiate in precedenza durante le ore di lezione è stata la spinta necessaria per arrivare a tale accordo. L’applicazione derivante dal case study è stata utile anche per testare quali siano le skills da migliorare. Purtroppo non è andata come desideravo, ma vedere il gruppo unito nella discussione è stato lo stimolo migliore”. 21/12/2017

12 Dicembre 2017

Più investitori istituzionali nei board delle quotate: come cambiano le retribuzioni

Una giornata di studi dedicata all’evoluzione della Corporate Governance e delle politiche di Executive compensation in Italia, che ne ha presentato le best practice e i trend di mercato. Organizzata dall’Osservatorio Executive Compensation e Corporate Governance della LUISS Business School, con i saluti introduttivi di Giovanni Lo Storto, Direttore Generale LUISS Guido Carli, e Paolo Boccardelli, Direttore LUISS Business School, ha visto la partecipazione di Alberto Bianchi, Presidente CNR Enel; Carmine Di Noia, Commissario CONSOB; Alberto Oliveti, Presidente CNR Enel; Fabrizio Palermo, CFO CDP; Fabio Corsico, Presidente Coren Terna; Luigi de Vecchi, Presidente Corporate e Investment Banking Citi Europe; Gianmarco Montanari, Presidente Coren Fineco e Direttore IIT; Diva Moriani, Presidente CNR Moncler; Marta Rocco, Presidente CNR Iren. Emma Marcegaglia, Presidente LUISS Guido Carli ha tenuto il Keynote Speech. La giornata ha visto la presentazione di uno studio su quelle che sono le principali richieste degli investitori istituzionali e dei proxy advisors in relazione alla comunicazione delle politiche di remunerazione ed altri dati tratti dallo studio sui compensi dei Board del FTSEMIB a cura di Guido Cutillo, Responsabile dell’Osservatorio e Daniel T. Seacombe. Due tavole rotonde successive, moderate rispettivamente da Andrea Gemma, Presidente Coren ENI, e Paolo Boccardelli hanno analizzato le trasformazioni delle politiche di retribuzione manageriale alla luce della crescente presenza di investitori istituzionali nei board delle quotate, e la composizione quali-quantitativa dei consigli di amministrazione anche alla luce del nuovo e diverso ruolo del Board nella Governance aziendale. Il confronto ha discusso e approfondito i fattori che influenzano le scelte degli investitori, come i compensi eccessivi laddove non compatibili con i mercati di riferimento, l’indicazione di obiettivi di risultato poco chiari o poco incisivi, una discrezionalità, da parte del comitato di remunerazione, nel mutare la parte variabile del compenso a favore di maggiori certezze. Sfide per la Corporate Governance che si estendono anche alla comunicazione delle retribuzioni manageriali al mercato: una comunicazione che sappia evidenziare sia gli interessi rappresentati nel board sia la coerenza con il piano strategico. Emersi anche obiettivi da introdurre nel lungo periodo per la valutazione delle performance manageriali, sulla base di considerazioni non esclusivamente quantitative, come l’impatto sull’economia reale e la sostenibilità. Focus sulla diversity al centro del keynote speech di Emma Marcegaglia, riferita tanto al tema del gender balance da implementare nei board, quanto a competenze plurali all’interno del board stesso, evidenziando da una parte la complementarietà tra hard skill differenziate, dall’altra l’esigenza di valorizzare le soft skills e, dove necessario, intervenire con percorsi di formazione specializzata. 12/12/2017

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