23 Settembre 2020
Al via oggi l' “Export Champion Program”, un programma di alta formazione tecnico-manageriale promosso da SACE SIMEST, in collaborazione con Luiss Business School e Ambasciata d'Italia negli Emirati Arabi Uniti, che ha visto gli interventi istituzionali di Nicola Lener, Ambasciatore d’Italia negli Emirati Arabi Uniti, e Omar Obaid Mohammed Al Hossan Al Shamsi, Ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti in Italia. Il progetto si rivolge a un selezionato numero di PMI esportatrici, interessate ad approfondire la conoscenza del mercato emiratino e intercettare opportunità commerciali. Il programma mira a: Rafforzare le competenze tecnico-specialistiche aziendali in tema di export e internazionalizzazione; Approfondire la conoscenza degli strumenti SACE SIMEST per operare in maniera sicura e solida in UAE; Favorire lo scambio di buone prassi e la creazione di nuove sinergie di filiera tra le imprese partecipanti. SCOPRI DI PIÙ 23/9/2020
Entra a far parte di una storia di successi 1° Master in Italia nell’hospitality e tra i Migliori Master al mondo riconosciuti dal ranking Bestmasters Eduniversal Giovedì 24 settembre 2020 alle ore 10:00 la Hotel Business School by Forte Village ospita a Cagliari, nella prestigiosa sede dell’Hotel Palazzo Doglio, l’appuntamento dedicato ai futuri manager dell’hotellerie e del luxury hospitality. Il Five Stars Hotel Management, organizzato dalla Business School del Forte Village in collaborazione con Luiss Business School, offre una preparazione d’eccellenza. Vanta dodici edizioni di successi, rappresentati da centinaia di ex allievi, protagonisti di brillanti carriere nelle più prestigiose catene alberghiere nazionali e internazionali. Per partecipare all’evento è necessaria la registrazione. REGISTRATI 23/9/2020
17 Settembre 2020
Il ceo di Borsa Italiana racconta a SustainEconomy24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore, il lavoro per diffondere sul mercato la cultura della sostenibilità. Sensibilità "molto alta" tra le quotate e 120 titoli tra green e social bond Facilitare l'incontro tra imprese ed investitori e diffondere sul mercato italiano la cultura della sostenibilità: un impegno per un "percorso virtuoso" che Borsa Italiana punta a far crescere nei prossimi anni. L'amministratore delegato, Raffaele Jerusalmi, in una intervista a SustainEconomy.24, il report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Busines parla di una sensibilità "molto alta" delle società quotate italiane con il segmento dedicato ai green e social bond di Borsa Italiana che quota circa 120 titoli e continua a crescere. E illustra uno scenario di consapevolezza, ancora più saldo di fronte alla pandemia. Una crescita economica e finanziaria improntata alla sostenibilità deve essere una priorità per il nostro Paese. Come si muove Borsa Italiana? Quale ruolo e quali strumenti state adottando? E come si muoverà in futuro? «Il nostro ruolo è quello di facilitare l'incontro tra imprese e investitori, la raccolta di capitali destinati a imprese e strumenti sostenibili e diffondere sul mercato italiano la cultura della sostenibilità. Un impegno che crescerà nei prossimi anni. Borsa Italiana, per esempio, ha organizzato lo scorso luglio l'Italian Sustainability Week, un roadshow tra imprese e investitori, interamente dedicato ai temi della sostenibilità. Cinquanta aziende, per una capitalizzazione di mercato aggregata di circa 290 miliardi di euro, il 55% dei mercati italiani, hanno incontrato 180 investitori per discutere le proprie strategie di crescita sostenibile. Lanciammo questo evento tre anni fa, prima Borsa al mondo a organizzare un roadshow tutto dedicato a temi Esg, e oggi abbiamo risultati al di sopra delle migliori aspettative». Dal vostro punto di vista le società quotate di Borsa italiana come stanno rispondendo? Che sensibilità riscontrate verso questi temi? «Una sensibilità molto alta. Del resto l'Italia si colloca ai primi posti nel mondo per attenzione a questi temi. Pensiamo al numero di B Corporate presenti nel nostro Paese o ai numeri che citavo prima a proposito della Sustainability Week. Del resto è ormai evidente che la sostenibilità sia un elemento di attrattività per nuove risorse, non solo finanziarie. Molte imprese hanno compreso l'importanza delle loro politiche di sostenibilità a supporto del recruiting dei migliori talenti. Trovo che ci sia molta attenzione da parte delle imprese italiane ad agire con trasparenza e coerenza, evitando atteggiamenti superficiali, siano "green washing" o marketing che strizzino l'occhio alla moda e che possono tradursi in veri e propri boomerang sul piano reputazionale». Si può arrivare ad un capitalismo sostenibile? «Credo ci si debba impegnare seriamente a mitigare eccessi o a ridurre gli abusi delle risorse produttive. In questo senso, la strada tracciata dall'Onu con gli SDGs è una possibilità molto concreta che va assolutamente colta e che può trasformare i nostri sistemi produttivi, facendo anche tesoro dell'esperienza vissuta durante la pandemia. Non dimentichiamo che l'Ue ha adottato il regolamento sulla tassonomia delle attività sostenibili, un altro passo avanti in questa direzione». A proposito dei nuovi strumenti finanziari, Green bond, investimenti in sostenibilità, li ritenete un approccio valido? I numeri sono importanti? «Il segmento dedicato ai green e social bond di Borsa Italiana quota circa 120 titoli e continua a crescere. Il raggiungimento degli SDGs richiede risorse per investimenti e noi stiamo svolgendo un ruolo importante nel favorire la raccolta delle risorse necessarie a questi investimenti. Il mercato è già molto sviluppato e crescerà ancora. Emittenti di qualità si impegnano su obiettivi sostenibili garantendo ritorni agli investitori e vantaggi per tutta la comunità. È un processo virtuoso su cui siamo sempre più impegnati». Stiamo vivendo una grave crisi innescata dall'emergenza Covid-19. Cosa è cambiato nel rapporto tra investitori, aziende e regolatori? E può accelerare o frenare il percorso verso un ecosistema finanziario sostenibile? «Credo che la pandemia abbia rivelato i punti di forza e le crepe del nostro sistema economico e sociale, ma soprattutto ha evidenziato la nostra interdipendenza reciproca. Nella comunità finanziaria c'è molta consapevolezza che ognuno deve fare la propria parte per continuare a supportare l'economia garantendo, nell'immediato, i mezzi necessari per ripartire, e poi, una crescita sostenibile e durevole per tutti». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 17/9/2020
I vantaggi della svolta sostenibile di finanza e imprese e l'accelerazione innescata dalla pandemia. Ma anche il Piano di ripartenza del Governo. Enrico Giovannini, portavoce di ASviS, Alleanza per lo sviluppo sostenibile, ne parla in una intervista a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Radiocor La pandemia ha accelerato la svolta sostenibile della finanza ma anche delle imprese e ha accresciuto anche la presa di coscienza della società. Enrico Giovannini, portavoce di AsVis, Alleanza per lo sviluppo sostenibile, in una intervista a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Radiocor, sottolinea i vantaggi dalla scelta sostenibile e la necessità per il Paese di un piano di ripartenza ma soprattutto di resilienza trasformativa. Su questo l'ex ministro invita il Governo a non commettere errori. Per non rischiare bocciature dall'Ue. Sostenibilità: una parola usata e abusata. Nell'economia e finanza è una moda o una priorità? «È una priorità e la pandemia ha accelerato questo cambiamento, lo dicono i sondaggi, lo dicono i dati, le banche di investimento che hanno visto un orientamento ancora più forte dei risparmiatori verso fondi di investimento sostenibili e responsabili. Ma non è una sorpresa, questa crisi ha reso evidente che il livello di rischi cui siamo sottoposti. Questo cambiamento sta avvenendo per una presa di coscienza che già era in atto ma che ora coinvolge molte più persone di quante ne toccava prima». Quindi, secondo lei, la pandemia di Covid-19 ha accelerato il cambiamento? «La pandemia sulla finanza è stata certamente un acceleratore ma anche sulle imprese. I dati Istat mostrano che la quantità di imprese che a maggio erano già pronte a ripartire era del 20% per quelle imprese che prima della crisi non avevano scelto lo sviluppo sostenibile e del 40% tra le imprese che già prima avevano scelto la sostenibilità come visione strategica. Una differenza coerente con i dati già noti secondo cui le imprese che hanno scelto la sostenibilità hanno guadagni di produttività superiori fino al 15% rispetto a chi non la aveva scelta». Dal lato, invece, del Governo e della politica, quali misure dovrebbero essere adottate e quali risorse messe in campo? «A maggio come AsVis abbiamo presentato un rapporto che faceva una analisi dell'impatto della crisi ed evidenziava le politiche da mettere in campo. Le priorità erano: transizione ecologica, transizione energetica , transizione all'economia circolare, lotta alle disuguaglianze, digitalizzazione, semplificazione soprattutto per accelerare il percorso di uso dei fondi europei. Era l'inizio di maggio e oggi si parla esattamente di questi temi che ribadii anche come membro del comitato Colao che, non a caso, le tre priorità che indicava a giugno erano: transizione ecologica, digitalizzazione e lotta alle disuguaglianze poi fatte proprie dalla Ue. Quindi il piano italiano deve essere di ripresa e resilienza (parola che viene dimenticata quando di parla di Recovery Fund) che sono gli assi portanti. La ragione per cui insisto sulla resilienza è perché la resilienza trasformativa, cioè non tornare indietro ma sfruttare la crisi per rimbalzare avanti, è diversa ed è diventata il mantra della Commissione Ue che nel rapporto della scorsa settimana mette la resilienza trasformativa al centro usufruendo dei lavori che io e altri abbiamo fatto per 4 anni proprio per la Commissione. E sottolineo ancora resilienza perché l'Ue vuole che noi con questi fondi diventiamo meno fragili e vulnerabili, così potremo fronteggiare da soli le prossime crisi senza aver bisogno dei fondi degli altri. Per far capire la differenza rispetto al parlare solo di ripartenza.. Se non lo capiamo rischiamo già nel dibattito pubblico, ma sono sicuro che il Governo non farà un errore del genere, di vederci bocciati una serie di progetti perché non vanno in questa direzione, perché le precondizioni per l'accettazione dei progetti sono che vadano a favore di trasformazione ecologica, digitale e rafforzino la resilienza economica e sociale Questo dimenticare che l'iniziativa non si chiama Recovery Fund ma Next Generation, e che la facility che viene messa in capo si chiama Recovery and Resilience, speriamo non sia foriero di una impostazione sbagliata del piano italiano ma sono sicuro che il Governo non farà questo errore». Dal prossimo 22 settembre promuovete l'edizione 2020 del Festival dello Sviluppo Sostenibile. Quale messaggio volete dare? «Quest'annno abbiamo dovuto spostare il Festival da maggio-giugno a settembre-ottobre e si chiuderà l'8 ottobre, alla presenza del presidente del Consiglio, quando presenteremo il nostro piano che non potrà che ribadire le nostre proposte di maggio. Passeremo tre messaggi principali: il primo, nonostante la crisi avremo oltre 300 eventi e questo conferma lo straordinario interesse della società italiana per questi temi; secondo, è il momento chiave per cambiare le politiche ma anche i comportamenti di imprese e individui; terzo, daremo molto spazio ai giovani e alla loro visione di che cosa bisogna cambiare perché su di loro insisterà il debito che creeremo per rispondere alla crisi. Elementi importanti e ci aspettiamo che l'attenzione della società nel suo complesso possa crescere. Siamo a cinque anni dall'avvio dell'agenda 2030 e ci restano solo 10 anni che sono pochi, per realizzare quegli obiettivi». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 17/9/2020
Il fondatore e amministratore delegato di illimity racconta l'approccio alla sostenibilità della banca, oggi su SustainEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore – Radiocor «Come banca abbiamo scelto di fare un'attività imprenditoriale orientata non solo all'utile, ma anche ad essere utili». Corrado Passera, fondatore e amministratore delegato di illimity racconta a SustainEconomy.24, il report di Luiss Business School e Radiocor Il Sole 24 Ore, la sua visione di sostenibilità nel settore finanziario e l'approccio alla sostenibilità di illimity Bank. Un modello di banca, un nuovo paradigma, ancora più utile in questo periodo di ripartenza. Nell'epoca odierna dove nei Paesi il malessere sociale aumenta, la crescita e il lavoro sono insufficienti, le diseguaglianze diventano insostenibili il capitalismo è da buttare o da correggere? «Da fare evolvere. Ormai è chiaro che va superata l'interpretazione superficiale del pensiero di Adam Smith secondo cui la somma degli interessi, se non addirittura degli egoismi individuali porta automaticamente al bene comune. Il bene comune si raggiunge con una responsabilità condivisa dell'intera comunità, ovvero degli individui, delle imprese, della politica. Dallo sforzo delle singole persone, alla grande attività di volontariato e del terzo settore, fino ad arrivare al ruolo centrale che hanno le imprese nel disegnare strategie e processi che siano sempre più attenti alla sostenibilità». Quanto è importante per il settore bancario concentrarsi sulle tematiche di sostenibilità e quali sono le risposte concrete che sta dando rispetto alle tematiche ambientali, sociali e di governance? «Molte banche – e illimity certamente è tra queste - stanno ponendo sempre maggiore attenzione alla sostenibilità nella loro strategia. In questo senso la spinta data dal decreto sull'obbligo di rendicontazione non finanziaria ha giocato certamente un ruolo, ma è facile distinguere chi ne parla solo per semplice compliance o addirittura per pura strategia di marketing. L'Agenda 2030 e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite chiamano in generale tutto il settore privato all'azione e anche il settore finanziario a fare la loro parte. E finalmente ci sono prese di posizione forti da parte di alcuni grandi gruppi a impegnarsi concretamente. Sul fronte ambientale l'impronta ecologica diretta del settore bancario è sicuramente meno marcata rispetto a molti comparti industriali. Gli impatti indiretti possono però essere rilevanti, ad esempio attraverso l'integrazione degli ESG nella valutazione del merito creditizio o un approccio rigenerativo nella gestione dei cosiddetti non performing loans». Come integrare la sostenibilità con il business e come ciò può tradursi in strategie e servizi al cliente e alla comunità? «Nel caso di illimity la sostenibilità fa parte del nostro impegno a comportarci da azienda responsabile che significa essere impresa che fa utili facendo cose utili. Abbiamo scelto di specializzarci in attività di credito e investimento in attività tipicamente poco servite dalle banche tradizionali: credito di sviluppo e di ristrutturazione alle Pmi e corporate distressed credits. Si tratta di mondi enormi il cui andamento può fare la differenza nella crescita e nell'occupazione del nostro Paese. A queste attività si aggiunge un fortissimo impegno a diffondere i più innovativi servizi di digital banking che, a loro volta, possono contribuire alla modernizzazione del sistema Italia. Quali sono i principali punti della strategia Esg di illimity? Il primo anno ci ha visto subito impegnati nella costruzione delle fondamenta della nostra strategia di sostenibilità. Il non avere "legacy" ci ha permesso di disegnare il nostro approccio ai temi Esg adottando le migliori pratiche, e ideandone di nuove, grazie al coinvolgimento di tutte le funzioni aziendali. Abbiamo scelto infatti di integrare le tematiche di sostenibilità all'interno delle varie policy e delle varie procedure aziendali anziché aggiungerne di parallele. Per identificare le priorità abbiamo coinvolto oltre 700 stakeholder interni ed esterni. Sin dal primo anno è stato costituito il Comitato endoconsiliare di Sostenibilità con l'obiettivo di dare supporto propositivo e consultivo al Consiglio di Amministrazione. Il tutto si è tradotto nella pubblicazione del nostro primo Profilo di Sostenibilità attraverso il quale abbiamo voluto raccontare con i fatti il nostro impegno di essere banca di nuovo paradigma anche da questo punto di vista. Guardando al futuro, ci guida la volontà di integrare la sostenibilità in tutti i processi e le attività del Gruppo bancario come presupposto strategico per una crescita responsabile di tutte le nostre Divisioni. Per questo abbiamo anche avviato l'integrazione dei fattori Esg nella valutazione del merito creditizio e iniziative concrete di diversity & inclusion che riguardano tutti i nostri 550 collaboratori. L'emergenza Covid-19 ha determinato una situazione di profonda incertezza che porta con sé conseguenze non solo sanitarie ma anche sociali ed economiche. Come sta reagendo illimity all'attuale momento storico? «Da un punto di vista operativo l'essere totalmente digitali e sul cloud ci ha permesso di garantire continuità operativa pur essendo passati tutti in smart working. Dal punto di vista dell'impatto esterno, il modello illimity si sta dimostrando ancora più utile alla luce dell'attuale situazione. Una banca che di mestiere fa finanziamenti alle aziende che vogliono crescere, finanziamenti alle aziende che si vogliono ristrutturare, finanziamenti e acquisti di crediti di aziende che hanno avuto difficoltà ma hanno ancora del potenziale da sfruttare se era utile prima dell'emergenza Covid-19, lo è ancora di più da ora in avanti. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 17/9/2020
Il presidente di Emea banking, capital markets and advisory di Citi sottolinea il ruolo da protagonista dell'Italia e propone la creazione di una sorta di Nasdaq di titoli sostenibili. Oggi su SustainEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore – Radiocor Il percorso della finanza verso la sostenibilità è una vera e propria "rivoluzione" che vede l'Europa alla guida e l'Italia, per una volta, in un ruolo da leader. E che potrebbe anche farsi portavoce di un'iniziativa: creare un listino di titoli sostenibili, una sorta di Nasdaq ‘green', da ospitare a Milano. È la proposta che lancia Luigi de Vecchi, presidente di Emea banking, capital markets and advisory di Citi in una intervista a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Radiocor Di economia e finanza sostenibile se ne parla tanto: sono un must nell'agenda di Paesi, Governi e società. Dal suo punto di vista l'Europa e l'Italia sono sulla giusta strada? «Questa è realmente una rivoluzione e siamo ovviamente agli inizi di un passaggio che avrà un impatto importante sull'economia e la geopolitica a livello globale. E' chiaro che oggi l'Europa sta guidando questa rivoluzione, lo sta facendo a livello politico, e abbiamo visto come la Commissione si è posta su questo tema, ed è una missione importante a livello economico, finanziario e aziendale. E queste quattro dimensioni devono essere allineate. Questo tipo di allineamento non c'è negli Usa, con una amministrazione che non ha sposato questi temi e per quanto riguarda la Cina, pur organizzatasi prima di altri, è ondivaga sulle politiche sia dal punto di vista aziendale che finanziario. L'Europa ha fatto e sta facendo passi da gigante e l'Italia possiamo dire che, veramente per una volta, appare, forse anche grazie alle proprie aziende, come un leader in questo campo. Penso al cammino, ovviamente avendo lo Stato come azionista, intrapreso da un manager visionario come Starace, con il supporto del Governo, ed oggi Enel è il leader globale più rappresentativo e all'avanguardia su questi temi. Poi ci sono tante altre realtà in Italia che hanno fatto passi da gigante e penso a Snam, Terna. Per una volta sia l'Europa che l'Italia sono all'avanguardia». Passiamo a voi. Qual è la posizione di Citi? Ci parla degli investimenti e dei prodotti che state adottando o pensate di utilizzare? «Noi siamo uno dei leader, a livello globale, in questo settore in rapidissima evoluzione. È iniziata una 'campagna' sulla parte obbligazionaria, i famosi green bond, un discorso europeo poi diventato globale. Quello che è interessante è che non c’è un cliente, in tutti i settori che, ad oggi, non si renda conto che deve adeguare il proprio business alla esigenza della sostenibilità come la intendono le Nazioni Unite. Questo oggi è uno dei temi più rilevanti per tutti i nostri clienti, che siano Governi, le grandi imprese, altre istituzioni finanziarie o gli investitori istituzionali. Proprio gli investitori istituzionali si stanno dotando tutti di comitati Esg che raccomandano o meno di investire in determinate società se rispondono a questi criteri. È interessante rilevare come si stia aprendo una forbice nelle valutazioni delle aziende che seguono questi trend rispetto a quelle che non lo fanno. Tutti i settori stanno andando in questa direzione. E gli investitori istituzionali hanno ridiretto i loro investimenti in queste aree. Se oggi lei opera in un settore che non è green deve interrogarsi cosa può fare per ridirigere parte di questo cash flow in questo settore. È insieme a quello delle nuove tecnologie il business su cui abbiamo maggior dialogo con i clienti». Tutto questo, però, risente dalla pandemia da Covid-19 che ha innescato una crisi economica, a detta di molti, senza precedenti. Cosa prevede? Come influirà su questo percorso? «Penso che sia una accelerazione abbastanza drammatica. Penso che quello che, solo due anni fa, era un qualcosa che si cominciava a discutere nei corridoi oggi è in qualunque consiglio di amministrazione una delle principali tematiche all'attenzione e lo stesso avviene a livello di Governo e politico. Credo che la pandemia abbia, per certi aspetti, fortunatamente, accentuato il tema; alcuni pensano e sperano che si tornerà rapidamente al passato, io non penso, credo che rimarrà uno dei temi più caldi nell'agenda di Governo e delle principali società. Credo che anche il settore finanziario dovrà adeguarsi e credo ci siano due necessità che ad oggi mancano: primo, un indice che permetta di verificare effettivamente quali sono le società che ne fanno parte e se sono sostenibili o no con una verifica reale ed obiettiva; secondo, e qui l'Italia potrebbe giocare un ruolo, la creazione di un mercato delle aziende sostenibili. Basti pensare che la grande fortuna degli Stati Uniti è stata di essere diversi passi avanti all'Europa nel campo tecnologico ed avere un mercato per i titoli tecnologici, che è il Nasdaq. Pensi se l'Europa e in particolare l'Italia potesse aver un mercato in cui le aziende sostenibili potessero trattare. Adesso che si sta parlando tanto di Borsa Italiana, è un tema che sarebbe interessante, a livello politico, discutere: la creazione di un mercato del genere che permetta ai titoli di essere trattati, agli investitori di poter selezionare le aziende in quel mercato. Oggi questo non è esiste, non c'è un equivalente del Nasdaq in questo settore. Se si fosse parlato di questa ipotesi due anni fa la logica conclusione sarebbe stata di immaginare questo mercato a Londra perché era di gran lunga il mercato più liquido; oggi che Londra esce dall'Europa potrebbe essere il momento per l'Italia di farsi portavoce della creazione e stabilire a Milano questo tipo di nuovo mercato». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 17/9/2020
16 Settembre 2020
Dall'economia dell'emergenza all’emergenza dell’economia Giovedì 24 settembre dalle ore 10.30 si terrà la presentazione dello studio "Il ruolo dei corrieri aerei internazionali nell'economia italiana" in partnership con AICAI – Associazione Italiana dei Corrieri Aerei Internazionali. Iscriviti al webinar! 10.30 Introduzione ai lavori Paolo Boccardelli, Direttore Luiss Business School Alessandro Lega, Presidente AICAI 10.50 Keynote Speech Carlo Ferro, Presidente ICE – Istituto Commercio Estero 11.10 Illustrazione dello studio "Il ruolo dei corrieri aerei internazionali nell'economia italiana" a cura di Matteo Caroli, Associate Dean for Internationalisation Luiss Business School, e Umberto Monarca, docente di Economia Applicata Luiss Guido Carli 11:30 Tavola Rotonda Giuseppe Catalano, Coordinatore Struttura Tecnica di Missione del Ministero Infrastrutture e dei Trasporti Marco Granelli, Assessore a Mobilità e Lavori pubblici Comune di Milano Massimo Marciani, Presidente Freight Leaders Council Marcello Minenna, Direttore Generale Agenzia Dogane Monopoli Vincenzo Visco Comandini, Docente di Economia delle Istituzioni Università di Roma Tor Vergata Nicola Zaccheo, Presidente ENAC – Ente Nazionale Aviazione Civile modera: Andrea Ferro, Giornalista Radio 24 Per partecipare al webinar è necessaria la registrazione REGISTRATI
15 Settembre 2020
Nel corso della nuova edizione gli studenti svilupperanno proposte per le future strategie di YOOX ancora più sostenibili Luiss Business School riapre agli studenti e riprende le attività didattiche in presenza a Villa Blanc con l’MBA International Week. La quarta edizione del programma, in partnership con YOOX NET-A-PORTER GROUP, vedrà 20 studenti MBA di ESSEC Business School in Francia, Mannheim Business School in Germania, KU Leuven in Belgio confrontarsi sul business case “YOOX – Beyond seasons, beyond trends: the future of fashion e-tail”. L’MBA International Week è un appuntamento della Luiss Business School che ogni anno si focalizza sulle sfide future del Made in Italy e che vedrà al centro dell’edizione 2020 le trasformazioni di moda e lusso sempre più all’insegna della sostenibilità. La collaborazione con YOOX NET-A-PORTER sarà un’occasione unica per gli studenti internazionali di conoscere in prima persona e approfondire sul campo la storia di YOOX, primo e-commerce al mondo di moda e lusso, nato in Italia e diventato un successo globale. Oltre ai workshop e alle lezioni, che coinvolgeranno anche Paolo Mascio, Presidente Fashion Division di YOOX NET-A-PORTER, gli studenti visiteranno l’innovativo centro di distribuzione di Bologna. Alla fine della settimana, i partecipanti all’MBA International Week avranno l’opportunità di proporre le proprie visioni sulle strategie future di YOOX, da sempre leader nel settore della moda e del lusso per l’adozione di comportamenti sostenibili. Fin dalla sua nascita nel 2000, infatti, YOOX ha sempre promosso un approccio consapevole e responsabile allo shopping, incoraggiando i clienti a rispettare il pianeta attraverso acquisti che durano nel tempo e superano il concetto di stagionalità delle collezioni. “L’MBA International Week è un’occasione unica per approfondire le eccellenze del Made in Italy e stimolare con avanzati casi di studio gli studenti MBA delle più prestigiose Business School internazionali – ha dichiarato Raffaele Oriani, Associate Dean Luiss Business School e MBA Director –. Il business case di Yoox ci permetterà di analizzare un successo internazionale dal punto di vista dell’innovazione e di esplorare le opportunità di un futuro sostenibile, essenziale per ripensare i modelli di business”. “Siamo felici di collaborare con la Luiss Business School e condividere con gli studenti internazionali l’esperienza ventennale da pionieri nel settore dell’e-commerce della moda e del lusso e la visione strategica per il futuro dell’industry. Per affrontare le sfide imposte da un settore in forte fermento è indispensabile investire nel capitale umano, supportare i giovani e favorirne la crescita. La sostenibilità è sempre stata nel DNA di YOOX quindi instaurare un dialogo con i migliori talenti su questi temi è fondamentale per formare leader del futuro più consapevoli.” ha concluso Paolo Mascio, Presidente Fashion Division di YOOX NET-A-PORTER. 15/09/2020
Live talk con i coordinatori didattici, l’International Development Office e un ex allievo MBA Mercoledì 30 settembre a partire dalle ore 16.00 ti invitiamo alla presentazione online dedicata al Full-time MBA. Il webinar è l’ultima occasione in diretta streaming prima dell’inizio del master prevista per il 19 ottobre 2020 in cui incontrare virtualmente lo Staff MBA e scoprire come il Full-time MBA della Luiss Business School in 12 mesi permette di arricchire il bagaglio di competenze, allargare il network aprendo agli studenti nuove possibilità di carriera. Sarà inoltre possibile approfondire insieme all’International Development Office come internazionalizzare il proprio percorso MBA attraverso gli scambi internazionali disponibili in tutto il mondo. Infine, uno dei nostri ex allievi MBA condividerà la sua esperienza MBA e risponderà a tutte le domande delle persone connesse. Per partecipare all’evento è necessaria la registrazione. REGISTRATI 15/09/2020
10 Settembre 2020
L'intervista all'ad per l' Italia ed Emea, Walter Ruffinoni, oggi su DigitEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Bene il progetto di rete unica, che sarà un «acceleratore per lo sviluppo della rete fissa», ma l'estensione ad altre tecnologie, come sostenuto oggi in audizione alla Camera dal ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, «potrebbe non portare altrettanti benefici, soprattutto in termini di diversificazione d'offerta e competizione ». Lo sostiene, nell'intervista a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore-Radiocor e Luiss Business School) Walter Ruffinoni, ceo di Ntt data Italia ed Emea, precisando che il gruppo non è comunque interessato a entrare direttamente nel progetto rete unica. Ntt, d'altronde, «ha recentemente investito a livello azionario in Nec, una società che attraverso i suoi prodotti altamente tecnologici permette di abilitare la rete e le soluzioni innovative di domani». Si parla di allargare la rete unica ad altre tecnologie, come il 5G, i data center. E' un percorso auspicabile? La rete unica fungerà sicuramente da acceleratore per lo sviluppo della rete fissa, in particolare della fibra, che richiede importanti investimenti infrastrutturali, difficilmente sostenibili dai singoli operatori. Tuttavia l'estensione ad altre tecnologie potrebbe non portare altrettanti benefici, soprattutto in termini di diversificazione d'offerta e competizione. La rete mobile ultra broadband, con tutte le potenzialità del 5G, sarà un alleato importante nel ridurre il digital divide in Italia, garantendo una copertura capillare del territorio e, guardando a quanto accade in Europa e nel resto del mondo, il modello che si sta rivelando vincente per le reti mobili è il co-investimento fra operatori, che permette di condividere il rischio degli investimenti, ma mantiene viva la competizione e favorisce la varietà dei servizi. Nel caso di un'apertura del concetto di rete unica, voi sareste interessati a coinvestire o a partecipare a livello azionario? La nostra holding Ntt ha deciso di entrare non direttamente in questo settore. Ntt ha infatti recentemente investito a livello azionario in Nec, una società che attraverso i suoi prodotti altamente tecnologici permette di abilitare la rete e le soluzioni innovative di domani. All'orizzonte per la digitalizzazione dell'Italia ci sono parte dei fondi del Recovery plan. Come dovrebbero essere utilizzati e a cosa indirizzarsi preferibilmente? Dalla riforma della Pa, alla transizione energetica, alle infrastrutture sono tante le aree su cui potremo lavorare grazie al Recovery Fund. Abbiamo davanti a noi l'opportunità per accelerare la trasformazione del nostro Paese e avvicinarci ad un nuovo modello di società, l'Italia 5.0, più sostenibile e in cui la tecnologia è a misura e al servizio delle persone. La rete unica è una grande occasione per realizzare una nuova nazione digitale, che, grazie a una migliore copertura nazionale, permette ai territori di essere connessi. In questo modo è possibile il recupero e rafforzamento del territorio, specialmente quelli più remoti che geograficamente hanno delle peculiarità che hanno frenato gli investimenti in infrastrutture. Avere i territori locali più forti permette al Paese una migliore risposta anche a situazioni come la recente pandemia. L'area fondamentale su cui investire è la formazione, per preparare le generazioni future, e non solo, a sfruttare appieno le potenzialità delle nuove tecnologie non solo a livello professionale, ma anche nella vita quotidiana. I giovani saranno i cittadini e i professionisti di domani e Ntt Data investe da tempo su di loro portando la tecnologia nelle scuole elementari e medie con le lezioni di coding e coltivando rapporti con i maggiori atenei italiani. Investire sull'avvicinamento dei giovani al digitale significa infatti muovere un passo importante verso una società più inclusiva, incoraggiando anche bambine e ragazze ad avvicinarsi al mondo della tecnologia e della scienza, in cui generalmente c'è una minore presenza di donne. Quali sono i vostri piani di sviluppo in Italia nel post Covid, anche a livello occupazionale? Nonostante nella prima fase dell'anno siamo riusciti a contenere l'effetto negativo dell'emergenza Covid, ci aspettiamo comunque un contraccolpo sul business. Il periodo che abbiamo vissuto ha causato un'accelerazione dei processi di trasformazione digitale, soprattutto nelle aziende che durante il lockdown fornivano al Paese i servizi essenziali. Come Ntt Data, durante i mesi passati abbiamo accompagnato diverse aziende in questo percorso di trasformazione, riuscendo a portare a termine diversi progetti completamente in remote working, come un progetto di realtà virtuale e altre infrastrutture chiave. Nel nostro caso l'emergenza non ha frenato le assunzioni, anzi: abbiamo continuato ad assumere anche durante il lockdown, con l'ingresso in azienda di oltre 200 giovani. È difficile dire cosa accadrà in futuro, ma ci auguriamo che il supporto importante del Recovery Fund segni l'inizio della ripresa dell'Italia, con un focus su formazione e Sud a livello Paese. Anche noi come azienda riteniamo importante investire su queste aree e speriamo di continuare nello sviluppo delle nostre sedi meridionali e nelle assunzioni dei giovani e delle giovani. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 10/9/2020
Su DigitEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore, la posizione di Renato Soru, Presidente e AD Tiscali, sul progetto di un unico network che «combacia con le regole europee» La rete unica per portare la connettività in tutto il Paese, come disegnata dagli ultimi accordi raggiunti a fine agosto «combacia con le regole europee» e piace anche ad operatori alternativi come Tiscali che «in passato avevano sognato anche molto meno di quello che sta accadendo oggi». Lo sostiene Renato Soru, presidente e amministratore delegato di Tiscali, spiegando che gli operatori si accontentavano «anche di una società totalmente separata a controllo Tim mentre oggi si parla di una società separata con una pluralità di azionisti che hanno potenzialmente un interesse diverso da quello dell'azionista principale». L'eventuale ingresso dello Stato con Cdp, è poi garanzia «sull'effettivo ruolo e sull'indipendenza di questa società». Soru, inoltre, vede bene l'ipotesi di allargare il progetto sulla rete unica alle altre tecnologie come i data center e il 5G: «è un passaggio naturale», dice a DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore-Radiocor e della Luiss Business School. L'accordo tra voi e Tim è piaciuto alla Borsa, entrerete anche nell'azionariato di Fibercop e a che condizioni? L'accordo che abbiamo sottoscritto ci porta vantaggi economici operativi, accompagnandoci nella trasformazione della società verso la smart telco. Questa intesa si basa sulla norma europea che pone l'obbligo in capo ai promotori di una rete in fibra di realizzarla in maniera aperta, permettendo a tutti di partecipare, o partecipando al capitale della società promotrice come sta facendo Fastweb oppure coinvestendo. Noi, secondo la normativa europea, ci siamo assunti l'obbligo di coinvestire. Ci stiamo impegnando a portare un certo numero di clienti attuali nella vecchia rete in rame e un certo numero di clienti in fibra ottica nei prossimi 10 anni. In generale il mercato ha effettivamente apprezzato un'operazione che ci permette di ottenere un miglioramento dell'Ebitda già a partire dall'ultimo trimestre 2020, e un incremento a regime nel 2022 di circa 12 milioni di euro annui. E' inoltre attesa una generazione addizionale di cassa, nel biennio 2021-2022, di oltre 35 milioni e a regime, a partire dal 2023, di circa 20 milioni. Crede nella realizzazione di un'unica rete in fibra in Italia con la successiva fusione tra Fibercop e Open Fiber? Tutta la discussione verte sul fatto se il controllo debba o meno essere in mano allo Stato imprenditore. Io ho due cose da dire: dal punto di vista della politica industriale, opportunamente lo Stato deve avere una partecipazione importante, anzi importantissima, anche se non è necessario che abbia il controllo. Certo bisognerà poi dettare regole favorevoli al mercato e alla competizione e compatibili col fatto che un investimento così grande e rilevante, totalmente capillare e senza dimenticarsi di una casa o di un' azienda, debba mettere a fattor comune tutte le risorse spendibili in questo Paese. Per questo è bene che si crei una rete unica. Il disegno sulla rete unica combacia con le regole europee? Sì combacia, c'è una società separata, non sarebbe diverso da quello che succede nelle ferrovie dove c'è un monopolio naturale o da quello che accade con Snam. Eppure gli operatori alternativi hanno denunciato in passato la mancata parità di trattamento di Tim nei loro confronti e si è arrivati a procedimenti Antitrust conclusi con delle maximulte. Noi operatori alternativi nel passato abbiamo sognato anche molto meno di quello che sta accadendo oggi. Speravamo in una società della rete totalmente separata da Tim anche se largamente controllata dall'ex monopolista, il massimo che si è ottenuto è una società con una contabilità separata. Ora stiamo parlano di una società separata con una pluralità di azionisti, che hanno potenzialmente un interesse diverso da quello dell'azionista Telecom Italia. Se poi ci dovesse essere anche lo Stato non si può avere un fraintendimento sull' effettivo ruolo e l'indipendenza di questa società. In secondo luogo, dal punto di vista di Tiscali, i benefici non sono legati alla rete unica, ma all'accordo con Fibercop e con Tim; questi benefici li avremo sia se si realizzerà la rete unica, sia che rimarranno due società in competizione fra di loro. Inoltre noi non avremo l'esclusività con Tim, potremmo comprare al migliore offerente. Premesso ciò, sono dell'idea che sia utile per tutti una rete unica. Come giudica l'ipotesi di allargare la rete unica alle altre tecnologie tipo i data center e il 5G? Penso che abbia molto senso quando si parla di rete unica. Il concetto di rete è, infatti, oggi molto più esteso rispetto alla sola fibra ottica, e quindi si tratta di un passaggio naturale. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 10/9/2020
07 Settembre 2020
Commento di Paolo Boccardelli, Direttore Luiss Business School, pubblicato su la Repubblica Affari & Finanza, 7/9/2020 Il settore delle telecomunicazioni italiano è da anni croce e delizia di analisti e investitori, con il nostro Paese costantemente nelle retrovie dell’indice europeo DESI, che fotografa il livello di digitalizzazione dei Paesi dell’Unione, anche e soprattutto a causa del forte gap in investimenti infrastrutturali accumulatosi nei lustri. Siamo oggi a uno snodo cruciale: a fronte di un decremento degli investimenti in servizi e dei ricavi, che tra l’altro influiscono a cascata su occupazione e spesa nel settore, occorre infatti stimolare l’economia al fine di rendere meno critica la sostenibilità degli investimenti orientati al lungo termine. Diviene inoltre fondamentale sostenere la spesa in banda ultralarga, con lo scopo di sviluppare una rete avanzata e a prova di futuro che possa arrivare a coprire realmente tutto il Paese e abiliti l’edge computing o servizi in cloud che possano dare stimolo alla competitività delle imprese e in generale generare un significativo impatto positivo sulla vita delle persone. Il ruolo delle istituzioni pubbliche rappresenta una condizione indispensabile per definire e ridisegnare le posizioni competitive nel rinnovato sistema economico globale. Al fine di incoraggiare il flusso di capitali privati verso dotazioni infrastrutturali sostenibili, è comunque necessario comprendere il valore degli associati benefici. In generale, quindi, si tratta di investimenti elevati, dai quali però si attendono ritorni altrettanto cospicui. Primi tra tutti, l’incremento della domanda aggregata attraverso l'aumento della spesa per investimenti, cui si aggiungono i benefici derivanti da economie di scala e da un migliore accesso all'informazione e alla tecnologia, specie nel caso di grandi progetti. In generale, la spesa in reti avanzate rappresenta un potenziale driver di creazione di servizi innovativi erogati dagli operatori del settore. Come Cosa fare per catturare appieno le discusse opportunità? Se da una parte i governi potrebbero invertire le loro attuali politiche di spesa e riprendere il loro ruolo di principali finanziatori dei progetti infrastrutturali, dall’altra gli investitori privati potrebbero essere maggiormente coinvolti nello sviluppo di progetti innovativi. Al tempo stesso, si richiede di adottare un orientamento di lungo periodo - non legato quindi esclusivamente all’emergenza in corso - che permette di distinguere, richiamando il vibrante discorso di Mario Draghi, tra “debito buono e debito cattivo”. È in questo scenario che si colloca il processo, recentemente avviato sotto l’impulso del Governo e guidato dalla leadership di Cassa Depositi e Prestiti, per la realizzazione di una rete unica di telecomunicazioni a banda ultralarga, che sia in grado di superare i conflitti che negli ultimi anni hanno portato a una non ottimizzazione degli investimenti e degli sforzi in campo. Agire velocemente è oggi una priorità strategica, così come non meno importante è salvaguardare la parità di accesso e la competizione sul mercato dei servizi, con un modello di funzionamento della nuova realtà non verticalmente integrato per avere chance di approvazione da parte dell’antitrust: i due obiettivi rischiano di non essere compatibili. Molti infatti sono ancora gli interrogativi, nonostante il ruolo proattivo che CDP sta giocando per assicurare al Paese la possibilità di uscire da uno stallo negoziale che dura ormai da tempo. Le necessarie interlocuzioni e verifiche con le autorità competenti, unite ai tempi di un’operazione finanziariamente e tecnicamente complessa – non possiamo dimenticare ad esempio che le due tecnologie adottate per la fibra fino a casa da Tim e Open Fiber “non si parlano”, che la rete di nuova generazione di Open Fiber per le aree bianche è sviluppata per un committente preciso, ovvero Infratel e dunque lo Stato che ne è il reale proprietario, che il valore degli asset non può che essere determinato da processi di valutazione realizzati con l’adozione delle migliori pratiche e pertanto non necessariamente rispecchieranno i valori auspicati dai diversi attori – determinano un orizzonte temporale per l’ipotesi della rete unica probabilmente di almeno due anni. Quello che appare evidente, tuttavia, è che è necessario stimolare gli investimenti oggi, per garantire la crescita economica e sociale, vero bene pubblico in discussione. In quest’ottica il modello del coinvestimento e della concorrenza infrastrutturale potrebbe favorire un’accelerazione e rimanere in piedi ancora a lungo, in un mercato, quello Europeo, in cui la pratica dominante è la presenza di diversi operatori wholesale che offrono servizi di accesso a tutti alle medesime condizioni. Dobbiamo fare presto e bene, l’Italia non può permettersi un nuovo passo falso in questo settore.
13 Agosto 2020
Luiss Business School entra nel club delle 300 Business School globali accreditate AMBA. L’accreditamento premia anche la velocità di reazione della Scuola all’emergenza Covid-19 con nuovi programmi in formula digitale Luiss Business School ottiene l’accreditamento internazionale AMBA – Association of MBAs, uno dei più autorevoli riconoscimenti globali, che certifica la formazione post-laurea di eccellenza in ambito manageriale. L’accreditamento si aggiunge a quello EQUIS, ottenuto nel 2015. Luiss Business School si aggiudica il risultato per l’alta qualità dell’insegnamento, il livello di internazionalizzazione e l’innovazione di tutta l’offerta formativa, a partire dai programmi MBA e Master, alla formazione executive più flessibile e pensata per i professionisti, fino ai programmi personalizzati per le aziende e alle attività di ricerca accademica e applicata. L’accreditamento ha premiato in particolare il forte orientamento umano che caratterizza la cultura della Business School e il legame consolidato con il mondo delle aziende sia in Italia che all’estero. I certificatori AMBA hanno apprezzato inoltre la velocità di reazione della Scuola all’emergenza Covid-19. “Entrare a far parte delle 300 Business School che a livello globale hanno un accreditamento AMBA è per noi motivo di grande soddisfazione”, ha commentato Paolo Boccardelli, Direttore della Luiss Business School. “Il nostro MBA e la nostra Scuola hanno dimostrato di saper rispondere agli elevati standard di qualità richiesti a conferma della giusta direzione del lavoro svolto in questi anni. È stata anche apprezzata la velocità di reazione all’emergenza Covid-19, alla quale abbiamo prontamente risposto con l’erogazione di programmi in formula digitale e la creazione di nuovi percorsi formativi.” “È un piacere dare il benvenuto alla Luiss Business School nel network delle Business School certificate AMBA, leader a livello mondiale” ha dichiarato Andrew Main Wilson, Chief Executive Association of MBAs (AMBA) e Business Graduates Association (BGA). “La Scuola opera con la massima qualità e ha continuato a farlo, nonostante la pandemia di Covid-19, mostrando grande innovazione e adattabilità”.
07 Agosto 2020
MBA International Week is an annual event focused on “Made in Italy” which brings together talented students from international business schools. The 2020 edition will be held in partnership with YOOX Net A Porter Group: discover more and participate! “YOOX – Beyond seasons, beyond trends: the future of fashion e-tail” will be the focus of the 2020 edition of Luiss Business School MBA International Week. Fashion is facing a turning point: with customers increasingly seeking to embrace purpose-driven companies, responsible consumption will lead the shift. Seasonless fashion is inevitably gaining momentum and is one of the main trends of the future. How will YOOX lead the conversation and trigger customers and media engagement? The programme is open to post-experience MBA students from international business schools and it is based on a real-life business case. The structure includes workshops held by guest speakers from an Italian company and Luiss faculty, group work on a business case, a learning tour to distinctive locations and a cultural visit. Discover more and participate! HOW TO PARTICIPATE 8/7/2020
Presentazione e Masterclass del Programma di alta formazione in Consulente Legale d’Impresa. Registrati! L’8 settembre alle ore 16.30 sarà possibile partecipare alla Masterclass online del corso Consulente Legale d’Impresa, un programma di alta formazione della Luiss Business School che mira a formare giovani avvocati, praticanti e neolaureati per ricoprire con successo posizioni da legal counsel in contesti aziendali o in studi professionali italiani e internazionali. La Masterclass offre l’occasione unica di approfondire la struttura del programma, i contenuti dei corsi, e il network di docenti, professionisti e aziende che interverranno durante il programma. Sarà inoltre possibile incontrare virtualmente il Direttore Scientifico del corso Francesco Di Ciommo, avvocato cassazionista e Professore Ordinario di Diritto Privato presso la Luiss Guido Carli che discuterà durante la Masterclass del modello di prevenzione della commissione dei reati da parte degli enti ex d.lgs. 231/2001 e il Career Service Office per scoprire le opportunità di carriera e i dati di placement del corso. Speaker Francesco Di Ciommo, direttore del corso, avvocato cassazionista e Professore Ordinario di Diritto Privato, Luiss Guido Carli Federica Salvato, Coordinatore del corso, Luiss Business School A chi è rivolta la Masterclass La Masterclass è indirizzata a laureati o laureandi in Giurisprudenza. Al termine della Masterclass, in una sessione di Q&A il coordinatore risponderà a tutte le domande e curiosità sui requisiti di accesso al programma, il processo di selezione e i contributi disponibili per i futuri studenti. Per partecipare alla Masterclass è necessaria la registrazione. REGISTRATI 7/8/2020
05 Agosto 2020
Sia il focus crescente sul “purpose” che l’obiettivo di generazione di valore per tutti gli stakeholder riaffermano la necessità di promuovere – all’interno delle nostre aziende – la cultura della centralità del cliente (e del cliente interno) per garantire risultati sostenibili nel lungo periodo Redatto da Pier Paolo Bucalo, Adjunct Professor presso Luiss Business School e Coordinatore del Comitato Scientifico per l’Executive Programme in “Customer Experience Management” Lo slogan “Customer is King” non è certamente nuovo, ma negli ultimi tempi il focus sulla customer experience è diventato prioritario per tutte le aziende, in primis per quelle “consumer”. È ormai chiaro come il successo di un’azienda non dipenda più solamente dalle caratteristiche del prodotto o servizio offerto (qualità, prezzo, etc.), ma da come essa si relaziona con i propri clienti, dalle esperienze che fa vivere loro durante l’intera “customer journey”: dal momento in cui il potenziale cliente si avvicina al brand o ne sente parlare, a quando lo stesso analizza l’offerta di prodotti e servizi, fino a quando poi diventa effettivamente cliente e fino a quando lo rimane. Anche un’azienda che investa somme ingenti per creare un prodotto eccezionale o lanciare campagne pubblicitarie memorabili, se prodotto e comunicazione non sono supportati da una customer experience positiva, avrà molte difficoltà ad avere successo. Un cliente soddisfatto è molto meno probabile che lasci l’azienda, ed alle aziende costa molto meno gestire clienti fedeli che acquisirne di nuovi. Un cliente soddisfatto inoltre parla bene dell’azienda agli amici, ed il giudizio positivo degli amici è tra i fattori determinanti quando si tratta di scegliere un prodotto o un servizio. “La Customer Experience (CX) è diventata il nuovo marketing”, ricorda Denise Lee Yohn su Harvard Business Review [1]. La CX influenza la percezione del brand ed impatta la performance del business in modo chiaro e diretto. Secondo Forrester, oggi i consumatori non distinguono tra "brand experience" e "customer experience". Di conseguenza, è opportuno che le diverse funzioni aziendali lavorino insieme per sviluppare una vision unica ed allineare tutte le risorse, affinché la promessa del brand e la brand experience siano messe in connessione con la customer experience. Inoltre, come ci ricorda Charles Dickens: “La prima carità comincia a casa propria”. Se quindi un’azienda è seriamente intenzionata a servire al meglio i suoi clienti finali, è opportuno che non si dimentichi dei propri dipendenti, e investa seriamente sulla Employee Experience (EX). Senza una forza lavoro ingaggiata e motivata, è infatti molto difficile tradurre esperienze individuali in Customer Journey soddisfacenti[2]. Molti progetti volti alla motivazione e valorizzazione dei dipendenti possono essere portati avanti contemporaneamente ai progetti con un focus sulla customer experience, con evidenti sinergie. Se le funzioni CX e EX (Employee Experience) portano entrambe valore all’azienda, quando queste due funzioni sono gestite in modo sinergico, esse creano un vantaggio competitivo sostenibile. Vi sono infatti profonde similarità tra le competenze di cui un’azienda ha bisogno per diventare “best employer of choice” e le competenze necessarie affinché la stessa azienda sia in grado di offrire ai propri clienti una “superior customer experience”. [3] Coerentemente con questo scenario, in numerose aziende, soprattutto nord-americane, si sta in questi ultimi anni diffondendo il ruolo del CXO, Chief Experience Officer, che guida entrambe le funzioni (CX & EX). Affinché questo ruolo possa contribuire – in modo trasversale - a rompere i silos funzionali, viene di solito posizionato come funzione in staff al CEO o General Manager, il cui supporto è indispensabile per la sua efficacia. Qui di seguito alcune tra le principali responsabilità del Chief Experience Officer: Aumentare la conoscenza/comprensione dei Clienti tra i dipendenti; Aumentare la conoscenza/comprensione dei dipendenti nel management; Guidare il disegno e l’implementazione di esperienze destinate a Clienti e dipendenti; Evidenziare e sviluppare sinergie tra CX ed EX; Misurare l’impatto della CX sui dipendenti, l’impatto della EX sui Clienti, e l’impatto di entrambe sui KPI aziendali. Affinché CX ed EX possano generare i frutti attesi, sono necessari numerosi ingredienti, oltre al commitment del top management, indispensabile per cambiare la cultura aziendale: Comprensione e consapevolezza condivisa e diffusa dell’impatto enorme di una cultura customer-centric sull’intera organizzazione; Conoscenza e comprensione di bisogni, desideri, percezioni e preferenze dei Clienti; Capacità di trasformare dati e big data in metriche ed insight che possano essere un valido supporto al management nella definizione degli obiettivi strategici ed operativi, e che consentano di individuare criticità e priorità di azione, nel rispetto dei vincoli del cost-to-serve; Abilità nell’utilizzare le nuove tecnologie sia per migliorare l’esperienza di Clienti e dipendenti che per acquisire in modo efficiente informazioni preziose che arricchiscano i dati di cui al punto precedente; Sviluppo di un modello organizzativo che consenta la responsabilizzazione dei dipendenti, ed in particolare della front-line, e che offra loro la libertà e gli strumenti necessari per offrire ai clienti customer experience di valore. Un trend molto importante, che in questi anni si è diffuso rapidamente, è legato al “purpose”, che in estrema sintesi è la ragione stessa dell’esistenza dell’azienda. Tutte le aziende di maggior successo sono guidate da un chiaro “purpose”. Per comprendere meglio il concetto, può essere molto utile un breve video da un TED Talk di Simon Sinek, dal titolo “Start with why”, dove Sinek spiega chiaramente come “People don’t buy what you do, they buy why you do it”: i clienti non comprano ciò che un’azienda offre, ma sposano la ragione per la quale un’azienda fa ciò che fa [4]. Secondo una recente ricerca di Accenture[5], oltre a prezzo, qualità dei prodotti/servizi e customer experience, per i Clienti sono molto importanti elementi quali la trasparenza, l’attenzione nei confronti dei dipendenti, la presenza di valori etici e la dimostrazione di autenticità e coerenza in tutto ciò che l’azienda fa. Il purpose appunto. Secondo Larry Fink, CEO di BlackRock, nella sua lettera ai CEOs 2020, “un’azienda non può raggiungere profitti nel lungo periodo senza abbracciare il purpose e considerare i bisogni di un ampio spettro di stakeholder. […] Al contrario, un forte impegno nei confronti di tutti gli stakeholder aiuta l’impresa ad entrare in più stretta connessione con i propri Clienti. […] Purpose is the engine of long-term profitability.” Più recentemente, meno di un anno fa, una nuova spinta a perseguire con ancora maggior attenzione l’impegno la soddisfazione dei propri dipendenti e una esperienza coinvolgente per i propri clienti ci è arrivata dagli Stati Uniti, dalla potente associazione di tutte le grandi multinazionali americane, che ha parlato di stakeholder value. Il 17 agosto 2019, Business Roundtable, associazione di cui fanno parte aziende del calibro di Amazon, American Express, Apple, Bank of America, BlackRock, Coca-Cola, JP Morgan Chase e Mastercard, ha pubblicato lo “Statement on the Purpose of a Corporation”, nel quale ha “ufficializzato” il cambiamento dell’obiettivo dell’azienda: non più generazione di valore per i soli azionisti (shareholder value) ma per tutti gli stakeholder: “… generare valore per i clienti, investire nei dipendenti, rapportarsi in modo equo ed etico con i fornitori, supportare le comunità nelle quali le aziende operano e generare valore nel lungo periodo per gli azionisti.” Ma si tratta solo di “green washing” o “CSR washing”, ossia di strategie delle imprese per apparire sinceramente interessate a temi ambientali e sociali? Probabilmente no, grazie ad una sensibilità crescente da parte di consumatori ed investitori sui temi ambientali e sociali, misurati da questi ultimi con nuove metriche ad hoc: i fattori ESG (Environmental, Social e Corporate Governance). Crescono anche gli impact investors, investitori che non guardano solo al ritorno economico ma anche all’impatto sociale ed ambientale dei propri investimenti. Anche le nuove generazioni fanno essere ottimisti. Come fa notare ancora Larry Fink, citando una recente ricerca di Deloitte[6], quando è stato chiesto ai millennials quale debba essere l’obiettivo primario di un business, coloro che hanno risposto “migliorare la società” sono stati il 63% in più rispetto a coloro che hanno risposto con il più classico “generare profitti”. Anche un bell’articolo di Almandoz, Lee e Ribera evidenzia come molti giovani lavoratori siano attratti da opportunità di lavoro presso purpose-driven companies: aziende dove la ricerca del profitto sia unita al desiderio di migliorare il mondo. [7] Possiamo quindi affermare che sia il focus crescente sul “purpose” che l’obiettivo di generazione di valore per tutti gli stakeholder evidenziano ulteriormente la necessità e l’importanza di promuovere – all’interno delle nostre aziende – la cultura della centralità del cliente (e del dipendente, cliente interno) come leve indispensabili per garantire risultati economici sostenibili nel lungo periodo. Da questa esigenza del mercato scaturisce la mia collaborazione con Luiss Business School per la progettazione ed il coordinamento dell’Executive Programme in Customer Experience Management, la cui terza edizione partirà nel 2021. Articolato in 8 incontri su 4 mesi, questo programma, grazie ad una faculty d’eccezione composta da esperti del settore e CEO/Director di alcuni dei brand più importanti sul mercato, fornirà ai partecipanti le competenze e gli strumenti per comprendere e misurare la customer experience e le variabili che la influenzano, per poi disegnare una esperienza coinvolgente per i clienti target attraverso l’intera customer journey omni-canale. SCARICA LA BROCHURE [1] Denise Lee Yohn, “Why Every Company needs a Chief Experience Officer”, HBR, June 2019 [2] McKinsey & Co. “When the Customer Experience Starts at Home”, 2017 [3] Pier Paolo Bucalo “La Conoscenza del Fattore Umano”, Linkedin 2019 [4] Video di Simon Sinek: https://youtu.be/Jeg3lIK8lro [5] Accenture “From Me to We: The Rise of the Purpose-Led Brand”, 2018 [6] Deloitte “The Deloitte Global Millennial Survey”, 2019 [7] J. Almandoz, Y-T. Lee and A. Ribera “Unleashing the Power of Purpose”, IESE Insight 2018