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08 Giugno 2020

Lo Stato? Meglio orchestratore che imprenditore

  Commento pubblicato su Affari & Finanza, 8 giugno 2020  L’Italia è entrata nella crisi Covid-19 priva di una vera e propria strategia industriale e nei mesi del lockdown si è acceso il dibattito sul ruolo dello stato nell’economia tra neoliberisti e neostatalisti, tra fan della teoria dello Stato Regolatore e accesi sostenitori della necessità di rilanciare quella dello Stato Imprenditore. La crisi che stiamo attraversando da un punto di vista economico richiede un intervento dello Stato che può essere schematizzato in tre cluster di attività: gestire l’emergenza; sostenere la ripartenza; definire una strategia per lo sviluppo nell’economia post-Covid. Erroneamente si ritiene che esse siano il frutto di tre attività e fasi separate; in realtà, la complessità genera interdipendenze reciproche, basti pensare alla ricapitalizzazione delle imprese con ingresso di capitale pubblico ai fini della ristrutturazione prevista nel Decreto Rilancio, che difficilmente non influenzerà le future strategie di sviluppo industriale delle imprese che hanno aderito allo strumento se quest’ultimo non è ben congegnato. La tentazione di costruire strumenti con una forte deriva interventista appare molto elevata: l’avvio di una nuova stagione di controllo diretto del capitale delle imprese da parte dello Stato, tuttavia, viene visto da molti come non più allineato alle esigenze di un’economia che nei prossimi anni vedrà una fortissima accelerazione nella trasformazione digitale e un progressivo riavvicinamento degli insediamenti produttivi grazie al reshoring delle catene del valore. Serve piuttosto la capacità di costruire un disegno di insieme che permetta di definire con sufficiente approssimazione la traiettoria che le iniziative dei privati dovranno seguire nei prossimi anni. Per fare questo occorre che lo Stato vada a occupare una posizione di leadership strategica senza intaccare la libertà di azione e di iniziativa imprenditoriale dei privati. In questo ambito, tre sono le linee fondamentali che devono essere tracciate: una rigorosa politica dei fattori della competitività che consenta alle imprese italiane di giocare la partita della competizione; la definizione di alcuni ambiti industriali in cui il sistema italiano possa raggiungere posizioni di eccellenza e in questi creare le condizioni affinché idee, talenti e capitale affluiscano efficacemente; comprendere le traiettorie di sviluppo globale dei settori rilevanti per il Paese – ad esempio tessile, meccanica, turismo - e agevolarne la trasformazione per traguardare i nuovi fattori critici di successo. Una politica dei fattori significa anche avviare finalmente i grandi progetti infrastrutturali per trasformare i trasporti e la logistica del Paese. Ma anche accelerare definitivamente sullo sviluppo della Banda Ultra Larga fissa e mobile per condurre l’Italia nell’era dell’Intelligenza Artificiale, che non deve essere vista come una minaccia, ma come la più grande opportunità del nostro tempo. Abbiamo inoltre bisogno di realizzare la più grande opera di semplificazione amministrativa mai vista, che consenta veramente di liberare le energie di questo Paese e dedicarle alla creazione di ricchezza e benessere per tutti. Due sono a mio avviso i principi fondamentali: sostituire la regola dell’autorizzazione preventiva con quella del controllo ex-post; eliminare, attraverso la trasformazione digitale del settore pubblico, tutti i pleonastici livelli di intermediazione per offrire servizi rapidi ed efficienti a cittadini e imprese. E politica dei fattori implica anche rendere la giustizia rapida e non incerta, così come mettere a punto una politica fiscale più efficiente, a livelli omogenei di welfare offerto. Accanto a ciò, lo Stato deve avere la lucidità e il coraggio di selezionare quei settori economici in cui imprese, istituzioni e università nel loro complesso dimostrino di avere la chance di costruire ecosistemi competitivi a livello globale. Questo implica la forza di mettere in campo tutte le condizioni per attrarre non solo capitali, ma anche talenti e progetti imprenditoriali in città con stili di vita competitivi a livello internazionale. Ma soprattutto occorre un nuovo modello di partnership pubblico-privato che non si basi sulle regole dell’anticorruzione, ma su un nuovo patto di fiducia tra istituzioni, cittadini e imprese. Un patto che consenta allo Stato di mettere in campo in modo efficace risorse e investimenti e ai privati di vedere i loro sforzi e le loro competenze premiati da risultati brillanti nei mercati internazionali. Con questo nuovo modello il ruolo dello Stato non sarà quello dell’Imprenditore e nemmeno esclusivamente quello del regolatore. Ma sarà uno Stato che agirà come un orchestratore che conosce approfonditamente gli strumenti dell’orchestra economica e sociale ed è in grado di scrivere la miglior musica per farli suonare armoniosamente. Uno Stato orchestratore che dovrà mettere insieme le note rappresentate da politiche dei fattori, scelte strategiche e sforzi di trasformazione e riconversione per portare il sistema industriale italiano verso un nuovo disegno. Un disegno che non può essere il risultato di una distribuzione ampia e a pioggia di incentivi, defiscalizzazioni, contributi economici e prebende varie, ma solamente il risultato di un progetto per il futuro che ora che l’intero assetto politico ed economico globale si sta riconfigurando è più urgente che mai. 8/6/2020

05 Giugno 2020

Webinar – Executive Programme in Advanced Hotel Management

L’evoluzione delle competenze manageriali e imprenditoriali nel turismo alberghiero dei prossimi anni. Iscriviti al Webinar per partecipare ad un Virtual Panel e alla presentazione dell’Executive Programme in Advanced Hotel Management!   Il 16 giugno 2020 alle 18.00 si terrà il Webinar di presentazione dell’Executive Programme in Advanced Hotel Management. Un appuntamento digitale in collaborazione tra la Luiss Business School ed European Hotel Managers Association (EHMA) durante il quale il Prof. Matteo Caroli, Associate Dean Luiss Business School e Coordinatore Scientifico del programma, introdurrà i contenuti e la struttura della prossima edizione del corso in partenza a Ottobre 2020. Un Virtual Panel con Ezio A. Indiani, Presidente European Hotel Managers Association (EHMA) e General Manager Hotel Principe di Savoia Milano, Renzo Iorio, EHMA member; CEO of Nugo Spa – Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane e Adjunct Faculty of Luiss Business School e Palmiro Noschese, EHMA member; Hotelier & Hospitality Developer Agent Melia, Senior Advisor Elior Spa and partner YourCeo of Your Group and Board member of AICA – Federturismo permetterà di approfondire come le competenze manageriali e imprenditoriali si svilupperanno nei prossimi anni nel settore del turismo alberghiero. Durante il Q&A che seguirà il Panel i partecipanti potranno interagire attivamente con i relatori sulle tematiche emerse e approfondire come l’Executive Programme in Advanced Hotel Management prepari manager e imprenditori a gestire con successo le strutture ricettive nel panorama nazionale e internazionale. Per partecipare al webinar è necessaria la registrazione. REGISTRATI  5/6/2020

05 Giugno 2020

Bassanini: «su rete unica Tim propone ritorno al monopolio, è impraticabile»

L'intervento del Presidente Open Fiber in DigitEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore   La pandemia ha dimostrato che le infrastrutture di TLC di ultima generazione sono essenziali per la crescita del Paese e per la qualità della vita. La domanda di connettività veloce, affidabile e sicura cresce in progressione geometrica, con la diffusione del lavoro agile e della scuola a distanza, e con la consapevolezza che una forte innovazione tecnologica è cruciale per sostenere la ripresa. Gli obiettivi fissati in passato sono ormai inadeguati: fibra fino alle case, 5G (che pure richiede una capillare infrastruttura fisica in fibra), e intelligenza distribuita nella rete (edge cloud computing) vanno assicurati al più presto a tutto il Paese, senza eccezioni. Chi ne resta escluso precipita nel digital divide: si delinea un vero e proprio diritto fondamentale alla connessione di ultima generazione (la“giga connessione”), che comporta la ridefinizione di servizio universale, come sono stati il telefono e il servizio postale. Come arrivarci? Meglio la competizione fra più infrastrutture o una infrastruttura unica? Il dibattito si è riacceso. È necessario fare chiarezza. Governo e Parlamento hanno negli ultimi anni espresso una preferenza per un’infrastruttura unica, onde evitare il rischio di aree servite da più infrastrutture e altre da nessuna. Anche l’AD di Telecom, Luigi Gubitosi, ha espresso la stessa preferenza. Da 25 anni, anch’io sostengo che questa è la soluzione migliore per un Paese come il nostro (che ha un alto debito pubblico e una cronica difficoltà ad attrarre capitali privati) anche per evitare inefficienti duplicazioni di investimenti in alcune aree e il rischio di digital divide in altre aree del Paese. La proposi già nel 1997, quando ero Ministro della Funzione Pubblica e sostenevo che un’infrastruttura capillare di ultima generazione era la condizione abilitante di quella radicale trasformazione digitale della P.A. che sola avrebbe consentito di “rottamare” la vecchia burocrazia e costruire una amministrazione moderna e innovativa. Ma devo essere onesto: la stragrande parte dei Paesi avanzati non ha la rete unica, ma ha adottato il modello della competizione tra più infrastrutture: di solito, quella dell’ex monopolista (incumbent), quella delle TV cavo (che con il Docsis 3.1 portano nelle case e negli uffici la connessione a >1 giga), e quelle delle nuove società della fibra, diffuse a livello locale (ma anche a livello nazionale in diversi Paesi). In questi Paesi la competizione ha costretto l’incumbent a investire nella fibra, per non perdere terreno. In Italia abbiamo avuto competizione infrastrutturale nelle TLC mobili, ma non nel fisso. Le TV cavo furono ammazzate nella culla dal legislatore, così l’incumbent è rimasto solo, salvo qualche competitore locale: profittando di questa posizione di monopolio, ha investito poco o niente nella fibra, puntando a diluire nel tempo l’inevitabile dismissione finale della sua rete in rame. Solo con la nascita di Open Fiber, a fine 2016, comincia anche in Italia la competizione infrastrutturale a livello nazionale. Ma, a differenza di quella che da tempo si è sviluppata in gran parte dei Paesi europei (facendo leva sulla contrapposizione incumbent-TV cavo), la competizione infrastrutturale resta ancora in Italia fortemente asimmetrica. Open Fiber in tre anni e mezzo è cresciuta, la sua rete raggiunge ora 8,5 milioni di abitazioni e imprese (su 28/30 milioni totali), ma il passaggio effettivo delle famiglie e delle imprese sulla infrastruttura più performante è ancora troppo lento, ostacolato dai costi della migrazione, dalle azioni di ostruzionismo e di market preemption dell’incumbent e da una diffusa pubblicità ingannevole (che continua a contrabbandare come fibra infrastrutture ibride meno performanti). Nelle aree bianche, Open Fiber fronteggia ostacoli e complicazioni burocratiche maggiori del previsto. Dal canto suo, Telecom Italia non se la passa meglio: gravata da un consistente debito, per la prima volta deve fare i conti con un competitore nazionale, che progressivamente erode la sua quota di mercato. Il rischio è che sia TIM che Open Fiber investano nelle stesse aree e che alla fine una parte del Paese, in ispecie nelle aree grigie, resti ancora per molti anni servito dall’ADSL o al massimo dalla fibra fino agli armadi (del tutto insufficiente, soprattutto in upload, del quale imprese e famiglie fanno sempre più uso). Ha allora ragione Gubitosi quando dice che la soluzione è l’integrazione di Open Fiber nella rete TIM? No, non è così. La verità è che Gubitosi non vuole né la competizione infrastrutturale né l’infrastruttura unica. Quello che propone è il ritorno al monopolio, o al quasi monopolio della infrastruttura unica di TIM, che rimarrebbe verticalmente integrata. Ipotesi impraticabile per due ragioni: perché il ritorno al monopolio farebbe venir meno ogni incentivo di TIM a investire di più nella fibra e a “rottamare” la vecchia rete in rame; e perché le regole a tutela della concorrenza non ammettono che l’ex monopolista compri il principale concorrente per tornare a dettar legge, discriminando i suoi competitori sul mercato dei servizi di TLC: sul punto le Autorità competenti non sembrano disposte a fare sconti (dall’AGCM alla Commissione UE, dalla Corte costituzionale alla Corte del Lussemburgo). Hanno torto dunque anche Governo e Parlamento, quando premono per l’infrastruttura unica? A ben vedere, la loro proposta è ben diversa da quella di Telecom: Governo e Parlamento hanno sempre sostenuto (in linea con le Autorità di regolazione) che l’infrastruttura unica deve essere non solo aperta a tutti i fornitori di servizi di TLC, ma anche terza e neutrale, dunque effettivamente in grado di garantire a tutti pari condizioni (tutti alla pari e … che vinca il migliore!); hanno inoltre spesso sottolineato che questa infrastruttura dovrebbe essere controllata almeno indirettamente dallo Stato, in modo da garantire l’effettiva accelerazione degli investimenti, la reale parità di trattamento e la sicurezza di un asset che è strategico per il Paese. L’infrastruttura unica, neutrale e non verticalmente integrata è in effetti, nelle condizioni italiane, la soluzione migliore. Ma l’ostacolo è rappresentato proprio dalla pretesa di TIM di tornare al monopolio. E siccome il ritorno al monopolio è, come ho accennato, insieme illegittimo e non auspicabile, se la posizione di TIM e dei suoi grandi azionisti stranieri non cambierà, non resterà che attrezzarsi al meglio alla competizione infrastrutturale. Open Fiber ha cominciato a farlo con il nuovo piano industriale e con l’aumento di capitale approvato in questi giorni dai suoi soci. Un piano che prevede: una forte accelerazione degli investimenti nelle aree bianche (dove si è andati finora troppo a rilento e dove stanno arrivando norme di semplificazione delle procedure); l’allargamento del perimetro di intervento alle aree grigie (dove sono concentrati i distretti industriali); il focus sui nuovi servizi legati alla connettività, come il cloud distribuito e l’edge computing. Un impulso importante a dotare il più velocemente possibile il Paese di una infrastruttura di TLC di ultima generazione potrà arrivare dal Recovery Fund che la Commissione Europea ha proposto, un intervento senza precedenti da 750 miliardi (se verrà approvato definitivamente dal Consiglio e dagli Stati membri). Tra le priorità per l’impiego di queste risorse vi è la trasformazione digitale dell’economia, delle PP.AA. e dei servizi: e della trasformazione digitale è condizione abilitante la connettività ad alta velocità e ad alta affidabilità (e bassa latenza) assicurata dalla fibra (FTTH e 5G) e dall’intelligenza distribuita nella rete. Una forte accelerazione degli investimenti sulla infrastruttura TLC di ultima generazione è dunque il presupposto per potere agganciare le risorse messe a disposizione dell’Europa e metterle al servizio di una ripresa accelerata che consenta di uscire rapidamente dalla crisi e di riprendere con più vigore la strada della crescita, dell’innovazione e dello sviluppo sostenibile. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO  5/6/2020

05 Giugno 2020

Arera: «su digitalizzazione non servono nuove regole, possibili benefici per i consumatori»

L'intervista al presidente Stefano Besseghini per DigitEconomy.24, il report Luiss Business Schoo e Il Sole 24 Ore.   Il presidente di Arera, Stefano Besseghini, passa in rassegna i vantaggi dell’accelerazione della digitalizzazione nel settore dell’energia e parla di rischi solo sistemici, concentrandosi sui big data. L’emergenza Covid, pur nella sua gravità, ha reso più partecipi i consumatori che possono avere benefici dalla digitalizzazione in termini di costi e offerta. Nuove regole? Non sono necessarie, ma serve un’attenzione costante. Presidente Besseghini, la diffusione delle tecnologie digitali nel settore energetico è in forte aumento con una notevole crescita degli investimenti. Quali sono i rischi e quali i vantaggi? I vantaggi sono probabilmente innumerevoli mentre se vogliamo mettere a fuoco i rischi, ritengo siano soprattutto sistemici: come ogni volta che una tecnologia penetra un settore e si espande in maniera trasversale c’è il rischio di non prepararsi in maniera sistemica. L’elemento più critico, cui prestare attenzione è quello dei big data e dell’effettiva capacità di estrarne valore. I big data hanno poco valore sostitutivo, per questo richiedono maggiore attenzione. Altro tema da segnalare è la scarsa consapevolezza di essere generatori di big data: si assiste talvolta al paradosso di aziende che acquistano informazioni quando le hanno già o le avrebbero già in dotazione organizzandosi in maniera adeguata. Poi c’è ovviamente il grande tema della cybersecurity. Guardando ai vantaggi, invece, un elemento evidente è l’accorciamento delle catene, stringere tutti i passaggi di portatori di interesse di una filiera tecnologica complicata come quella dell’energia. Questo sta emergendo a volte con enfasi, penso a blockchain e ai registri distribuiti, dove c’è tendenza a far precedere dalla tecnologia il modello organizzativo. Ad esempio, c’è un grande dibattito nelle comunità energetiche sulla possibilità di scambiare energia, sul fatto di poter utilizzare meccanismi di registri distribuiti. Non è che non sia possibile o non ne esistano presupposti, ma c’è ancora da lavorare sulle necessità e l’attenzione del cliente a fare queste operazioni. Ben venga il dibattito. Da ultimo c’è il tema della resilienza. Si sta rendendo più performante il sistema nell’ordinario e ci si spinge sullo straordinario anche perché le sollecitazioni sono più frequenti (le grandi ondate di calore, le bombe d’acqua) e in questo caso la grande pervasività del digitale viene nella capacità di mettere in comunicazione tra loro mondi molto diversi, come quello delle previsioni, la capacità di risposta automatica in sala controllo e le squadre di Protezione civile. Sistemi non ancora ottimali, che stanno facendo un gran lavoro per l’integrazione. Sul tema della digitalizzazione quale è stato il contributo di Arera?  C’è dibattito sul ruolo del regolatore, che spesso la tecnologia guarda come ultimo oggetto. In realtà la grande sfida che il digitale e i dati sollevano per le Autorità di regolazione è quella di essere consapevoli e coscienti dello stato dell’arte, di quali siano le possibilità che il digitale offre alle aziende e ai consumatori. Sarebbe un po’ paradossale se il titolare della regolazione tecnica di un settore, non avesse la capacità di sviluppare il massimo dei benefici che dalla tecnologia derivano oppure il massimo della protezione del consumatore che dall’utilizzo di certe tecnologie può derivare. Questo rende il ruolo del regolatore più complesso. L’Arera da questo punto di vista è ben posizionata, anche grazie a un’età media dei dipendenti piuttosto bassa rispetto alla media della pubblica amministrazione. Questo aiuta anche nei processi interni di adozione delle tecnologie digitali. Ne abbiamo avuto la prova anche in questa fase di Covid nella quale, fin dall’inizio, abbiamo potuto lavorare a distanza senza alcuna difficoltà. Proprio l’emergenza Covid ha dimostrato la necessità di maggiore digitalizzazione. Nel campo dell’energia porterà ad ulteriore accelerazione e crede saranno necessarie nuove regole? Ci sarà una accelerazione perché abbiamo avuto una platea di utenti che, un po’ per necessità, ha dovuto ricorrere a soluzioni digitali di varia natura. Una platea che ne ha compreso rapidamente gli elementi di valore in termini di tempo, semplicità e facilità di accedere ad alcuni servizi. Questa è forse la più grande sollecitazione positiva da questa fase, perché siamo stati capaci di catturare gli elementi di novità, di utilizzare cose preesistenti in modo più diffuso, superando le resistenze. Se siamo capaci di catturarne l’elemento di valore, e comprendere che i modelli di meccanismo operativo si possono usare anche al di fuori della logica dell’emergenza, possiamo trarre vantaggi da questa fase drammatica. Nuove regole? Bisogna avere coscienza del fatto che le cose si sviluppano e definire il quadro di regole più adatto a creare valore per il consumatore. Non ci vedo un lavoro straordinario, ma la necessità di monitorare costantemente il processo. Ponendo proprio l’attenzione al consumatore, ci sarà un impatto su offerte o sui costi? Credo di sì. Era anche il fenomeno più evidente prima dell’emergenza Covid. Il settore dell’energia è un settore in cui i margini, per motivi storici e strutturali, non sono elevatissimi e quindi molta parte dell’offerta diretta ai consumatori ha deciso di sfruttare la tecnologia digitale per cercare di massimizzare l’efficienza e per avere più margine possibile. Forse è tra i settori che riusciranno più rapidamente a sottrarsi alla narrazione dell’emergenza con elementi di valore immediati. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO  5/6/2020

05 Giugno 2020

Enel: dal digital nuove possibilità anche per la transizione energetica

A fare il punto Carlo Bozzoli, global chief information officer del gruppo, su DigitEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore.   Una strategia digital per abilitare la transizione energetica. Enel ha scommesso investimenti massivi con risultati importanti, come spiega a DigitEconomy.24 Carlo Bozzoli, global chief information officer del gruppo,  perché il futuro richiede di «accoppiare al flusso di elettroni il flusso dei bit». Una digitalizzazione che ha permesso a Enel di assicurare continuità operativa anche nell’emergenza Covid ipotizzando nuovi modelli operativi e modalità di lavoro che diventeranno parte di un “new normal”.  Per Enel digitalizzazione e innovazione sono alcune chiavi della strategia. Com’è cambiata Enel?   Enel è nata come utility tradizionale in un mercato locale e monopolistico, siamo nei primi anni ’60 e per lungo tempo il gruppo si è concentrato nel garantire dell’accesso all’energia a tutti ai massimi livelli di affidabilità. Nel frattempo il mondo è cambiato.  Il ‘digital’ ci offre dunque nuove possibilità e la nostra strategia ambisce a utilizzarle per ridurre i costi operativi liberando risorse per supportare la crescita, accrescere la nostra offerta di servizi, contribuendo alla realizzazione di una società smart, abilitare la transazione energetica. Gli investimenti di Enel sono massivi: abbiamo deciso di introdurre il “digitale” quale elemento caratterizzante del piano strategico 2017-2019 (5 miliardi di euro investiti con 1,7 miliardi di euro di ritorno)  e poi confermarlo per il prossimo triennio 2020-2022 (confermando importo analogo d'investimento). Una strategia che riteniamo sia stata particolarmente efficace nel supportare il cambiamento in quanto basata su due caratteristiche fondamentali: digitalizzazione dall’interno di tutta l’organizzazione scegliendo di non fondare una newco full digital che avrebbe, forse, garantito migliori risultati nel breve periodo, a fronte di significative difficoltà nel medio lungo termine; digitalizzazione da foglio bianco scegliendo di non seguire un approccio incrementale basato sull’As-Is (digitalizzare l’esistente), ma di mettere in discussione tutto il pregresso. Con queste premesse posso dire che abbiamo raggiunto risultati che ci propongono quali leader assoluti nel settore. Il 100% dei nostri impianti di generazione sono monitorati da remoto, la flotta rinnovabile è gestita quasi interamente da remoto; abbiamo installato 45 milioni di contatori intelligenti e abbiamo migliaia di componenti della rete di distribuzione controllati a distanza. Ma abbiamo anche digitalizzato il rapporto con i clienti, sviluppato una nuova offerta di servizi evoluti grazie al brand Enel X, sviluppato nuovi servizi integrati per le nostre persone, dematerializzato e rese più resilienti le infrastrutture: abbiamo portato il 100% del portafoglio di sistemi It sul cloud (prima tra le grandi utility del mondo). Vi aspettate un'altra accelerazione e ci sono anche dei rischi?   La grande sfida per il futuro prossimo è abilitare la transizione energetica. In estrema sintesi il passaggio dall'utilizzo di fonti energetiche fossili a fonti rinnovabili. Ciò comporta l’evoluzione del business da un modello tipicamente lineare – in cui l’energia è prodotta presso le grandi centrali di generazione, distribuita e poi venduta agli utenti finali– verso un modello a ‘piattaforma’ caratterizzato da generazione distribuita, in cui i clienti allo stesso tempo sono consumatori e produttori di energia rinnovabile. Il modello a piattaforma, tuttavia, implica anche un livello di complessità maggiore: all’aleatorietà della domanda di energia si somma l’aleatorietà della disponibilità - la produzione da fonti rinnovabili è aleatoria per definizione – e a pochi impianti di pochissimi proprietari si sostituiscono una miriade di impianti di altrettanti proprietari. È chiaro che questo livello di complessità non può essere gestito secondo i tradizionali approcci analogici, ma ha bisogno di ‘accoppiare al flusso di elettroni il flusso dei bit’. In questo contesto, Enel ha deciso di guidare in modo sostenibile la transizione energetica attraverso l’adozione di un modello operativo a piattaforma. L’emergenza Covid-19 ha accelerato il percorso verso la digitalizzazione. Quanto ha contribuito la risposta di Enel all’emergenza e che spinta darà? La risposta di Enel alla pandemia ha potuto far leva sul programma di digitalizzazione avviato già nel 2015, che ha reso più resiliente la nostra infrastruttura garantendo la continuità operativa anche durante la crisi. Pertanto, quando ai primi di marzo la minaccia del Covid è diventata reale abbiamo potuto riconfigurare il modo di funzionare dell’azienda in tempi rapidissimi. Abbiamo fin da subito istituito un comitato di crisi globale e task force locali a livello di Paese, con obiettivi e priorità semplici e chiare: prenderci cura delle nostre persone, ridurre le probabilità di contagio e garantire la continuità di erogazione dei servizi essenziali. In due sole settimane abbiamo consentito a oltre 37mila colleghi, in oltre 30 Paesi di presenza, ovvero il 55% della forza lavoro, di poter lavorare da remoto. Abbiamo, poi, monitorato quotidianamente le performance operative e la gestione del remote working. Con l’obiettivo di capitalizzare questa esperienza, che segna un profondo spartiacque tra il prima e il dopo Covid-19, stiamo ipotizzando nuovi modelli operativi e modalità di lavoro che diventeranno parte del nostro ‘new normal’. A questo proposito, stiamo lavorando anche per ridisegnare il concetto stesso di lavoro in ufficio, che diventa un'infrastruttura da utilizzare nella logica ‘Office as a Service’. Pertanto, il layout degli uffici dovrà essere ripensato, a favore di spazi e strumenti collaborativi, come schermi e lavagne digitali, spazi dedicati al co-working. Le sperimentazioni fatte finora confermano l’assoluta validità di questo modello che consente di sviluppare soluzioni win-win, in quanto liberiamo tempo per i nostri dipendenti e, allo stesso tempo, contribuiamo a liberare le nostre città da traffico, problemi di parcheggio, limitando anche gli impatti sull’ambiente. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO  5/6/2020

05 Giugno 2020

Eni: punta sul digitale, algoritmi per supportare la transizione energetica

L'intervista a Dario Pagani, executive vice president del gruppo su DigitEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore   La trasformazione digitale nell'oil & gas sarà un vero e proprio traino di nuovi modelli di business. Eni, che da tempo ha investito nella digitalizzazione parla del suo modello, orgogliosa di mantenere l'Italia al centro della trasformazione. Dario Pagani, Executive Vice President, Information & Communication Technology, Eni spiega a DigitEconomy.24 che l'emergenza Covid-19  si è configurata come uno stress test per l'azienda e anche per il Paese ma può essere un acceleratore per superare la crisi. Eni ha scommesso e sta scommettendo molto sulla digitalizzazione anche con ingenti investimenti. Qual è il vostro modello?  In Eni la trasformazione digitale  interessa tutta l’azienda. Gli ambiti su cui le tecnologie digitali stanno trovando maggiori opportunità variano in modo diverso lungo la catena del valore di un’energy company: la trasformazione digitale migliora la sicurezza delle persone riducendone i rischi operativi, assicura l’asset integrity, aumenta l’efficienza energetica. Partendo dallo studio del sottosuolo, su cui l’azienda ha da anni investito in tecnologia HPC (High Performance Computing), Eni nel tempo ha saputo trasformare la capacità di processare grandi quantità di dati in un vantaggio competitivo. Il nuovo supercomputer di Eni, HPC5 – il più potente al mondo in ambito industriale – fornisce una potenza di calcolo fondamentale per l’evoluzione dell’azienda, in grado di accelerare la ricerca sulle fonti di energia pulita. Il nostro modello coniuga persone, tecnologie e competenze per la creazione di valore con la passione per l’innovazione. L’aspetto vincente di questo modello, motivo per Eni di grande orgoglio, è che l’Italia è sempre al centro di questa trasformazione: dall’ideazione dei progetti, alla collocazione del Green Data Center (in provincia di Pavia, ospita l’HPC5 e i sistemi informatici centrali di Eni) come alla realizzazione del primo impianto completamente digitalizzato in Val d’Agri. Quanto la digitalizzazione può cambiare il mondo dell’energia e dell’oil & gas?  Oltre ai vantaggi ci sono anche rischi? La digitalizzazione sarà sempre più un supporto strategico per l’evoluzione del settore e, nello specifico nella transizione energetica. Il suo ruolo cambierà: da elemento di miglioramento di processo a vero e proprio traino di nuovi modelli di business, ad esempio tutto il tema dell’economia circolare e della smart energy. Ovviamente ci sono anche rischi: tra questi senza dubbio la maggiore esposizione agli attacchi cyber e in generale alla resilienza dell’infrastruttura tecnologica, temi sui quali Eni è molto attenta. Cosa cambia per l’azienda e anche per le persone? Noi abbiamo adottato una strategia di “Employee Relationship Management”, abilitata proprio dalle tecnologie digitali, che mette al centro dei servizi il dipendente, con l’obiettivo di renderne il lavoro più efficiente e produttivo, in mobilità come in ufficio – come diciamo noi “Eni-time, Eni-where, Eni-way”. E’ fondamentale, inoltre, promuovere un nuovo approccio al lavoro, prevedendo iniziative di informazione e coinvolgimento mirate, insieme alla formazione per lo sviluppo e la valorizzazione delle competenze, oltre che innovation challenge e hackathon interni che stimolano le persone e facilitano la contaminazione di idee. Chi ne guadagna è il “sistema” che cresce in termini di business, sviluppa nuovi modi di lavorare e migliora la qualità del work-life balance. L’emergenza Covid-19 ha reso indispensabile il progresso verso la digitalizzazione. Quanto ha aiutato e cosa si deve fare ancora? La gestione dell’emergenza si è configurata da subito come il più grande stress test per le infrastrutture digitali, per la nostra azienda e per l’intero Paese. In questo contesto, grazie al percorso di evoluzione delle infrastrutture intrapreso negli ultimi anni per rendere Eni più resiliente ed agile, è stato possibile, in neanche due giorni, mettere in smart working più di 21.000 persone. Da aprile, Eni ha poi messo HPC5 e le proprie competenze di modellazione molecolare a disposizione della ricerca sul Coronavirus all’interno del progetto europeo EXSCALATE4CoV, che aggrega istituzioni e centri di ricerca di eccellenza in Italia e altri Paesi europei, al fine di individuare i farmaci più sicuri e promettenti nella lotta al Covid-19. La vostra esperienza e i vostri investimenti possono essere utili per superare la crisi? E su cosa ancora si deve lavorare?  Certamente sì; il focus dell’azienda, anche a valle del periodo di emergenza Coronavirus, è proseguire nel percorso già avviato verso la transizione energetica. In tal senso si stanno già compiendo passi avanti anche dal punto di vista tecnologico: infatti, su HPC5 gli algoritmi proprietari sviluppati da Eni saranno usati sempre di più per supportare la transizione energetica. Su HPC5 girano programmi originali per la ricerca sulla fusione a confinamento magnetico, modellazioni teoriche delle molecole e dei polimeri fotoattivi per la cattura dell’energia solare, modelli matematici che combinano informazioni meteo-marine per sfruttare l’energia del moto ondoso. Tutto ciò può certamente essere un acceleratore per superare la crisi e allo stesso tempo sviluppare modelli di business in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO  5/6/2020 

29 Maggio 2020

Masterclass online – Master in Management & Technology

 Come utilizzare la trasformazione tecnologica e digitale per le nuove opportunità di carriera. La giusta formazione per i giovani professionisti L'8 giugno dalle ore 15.00 sarà possibile partecipare alla Masterclass virtuale “Come utilizzare la trasformazione tecnologica e digitale per le nuove opportunità di carriera. La giusta formazione per i giovani professionisti”. La Masterclass è legata alle due Major del Master Universitario in Management and Technology: major in Digital Business Strategy; major in Business Transformation. La Masterclass è indirizzata a laureandi e laureati di I, II livello o con ordinamento a ciclo unico, con un profilo proattivo, flessibile e dinamico, interessati a intraprendere percorsi professionali che permettano di unire tecnologia e business. Il tema della Masterclass Le tecnologie stanno cambiando radicalmente il modo in cui comunichiamo, lavoriamo, leggiamo, scriviamo e ci divertiamo, così come il nostro modo di relazionarci con gli altri. Ampliare e approfondire le proprie capacità è l'unico modo per saperle gestire e conoscere ed estrarne valore. Processi e innovazioni aprono nuove opportunità, dando la possibilità di ideare modelli di business innovativi e migliorare la nostra vita. Inoltre, nel mondo del lavoro, le competenze digitali non qualificano soltanto per le attività nei settori convenzionali, ma anche per quelli emergenti, e danno vivibilità verso professioni che oggi forse nemmeno esistono e aprendo la porta ad una vasta gamma di opportunità lavorative. Per costruirsi una carriera significativa e duratura è necessario acquisire una conoscenza interdisciplinare e competenze complementari che permettano una crescita professionale duratura nel tempo. La masterclass darà una visione delle competenze chiave necessarie per operare in questa era e di come una formazione d’eccellenza consenta di adattare le strategie business e di crescita delle imprese ai nuovi paradigmi. Le major in Digital Business Strategy e Business Transformation del Master in Management and Technology sono progettate, con le loro differenti specificità, per formare figure professionali capaci di comprendere e interpretare le nuove dinamiche che stanno trasformando l’ecosistema in cui le imprese si trovano a competere oggigiorno. I partecipanti potranno interagire attivamente sulle tematiche discusse e ina una sessione di Q&A potranno richiedere tutte le informazioni relative alle due major del Major del Master Universitario in Management and Technology: major in Digital Business Strategy; major in Business Transformation. Gli speaker Leonardo Quattrocchi, Adjunct Professor, Luiss Business School Silvia Federici, Coordinatore, Master Full-time Luiss Business School Taylor Imrie, Coordinatore, Master Full-time Luiss Business School REGISTRATI   29/5/2020

28 Maggio 2020

GROW Data Girls – The challenge of Philip Morris Italia for Luiss Business School

  “How to sustain consumer retention?” is the theme of the challenge of Philip Morris Italia for Luiss Business School’s students, within the Data Girls initiative. Data Girls of GROW – Generating Real Opportunities for Women, is a project established with the aim to support young women interested in seizing the opportunity offered from data management and the digital world. An ambitious project which involves important companies, institutions and organizations participating as project sponsors and who want to accompany and improve the Digital Transformation process. Amit Zenou, student of the Master in International Management, tells about her experience in participating in this project. «In my team’s case, we were handed the opportunity to work alongside Phillip Morris Italia in their efforts to increase the community bonding of their latest technology, the ultimate tobacco heating system IQOS. In essence, PMI'S IQOS product has revolutionized the tobacco industry as we know it. Integrating modern technology, the heart of the IQOS product contains two decades worth of research and development. To be honest, it wasn't until we were asked to sign a non-disclosure agreement before the Project Launch at the IQOS Embassy here in Rome that I realize the journey I was about to embark on. During the event, the participants were educated on the IQOS product and networked with appointed representatives of Phillip Morris, Luiss Business School and IBM. While we were provided confidential insights by all three representatives, what really stood out during the launch was the following statement made by one PMI representative: "What we want you all to remember as you conduct your research is that, with IQOS, the main message we are trying to convey to adult smokers is that the product is a valid alternative to cigarette. In doing so, we try to convey a sense of belonging, a brand-new experience on such a historical habit. Incorporate all five senses, we want to continue to enhance our community with a new IQOS experience. How? Well, that's up to you to decide…"  When the teams were further educated on the product's success in the Italian market, it became abundantly clear that multiple challenges are impacting the future of the product. With low awareness of the product's loyalty program and unknown understandings of the IQOS legal age users, PMI understood that a change must be done within the IQOS Community… and that it was up to the teams to come up with the answer that will eventually be considered a "win-win" scenario for all parties involved. Our team consisted of nine members: eight women and one man. The various disciplines played a significant role in the formulation of our team’s final solution. The team consisted of inputs of those with interests in pursuing managerial master's degrees in subjects such as energy, fashion & luxury, tourism and digital ecosystems. Amongst the team, seven of the group members were Italian from various regions, and two were international students; one being from Croatia and another being from the United States. Well, to be more exact, I, the American, was assigned the role of team leader. Knowing the significance of the position, I realized that my job was going to be a bit more challenging due to my diverse American background that differs from the majority of my peers. New to the Italian scene, every day was a brand-new learning experience as I made my way through my master’s program and my version of the “dolce vita”. Experiencing the Italian culture firsthand opened up my eyes to a whole new world, especially when it came to be grasping the Italian approach of soft-skills development and emotional intelligence. So, when it came time to learn more about my fellow team members, I decided to host an Italian-style aperitivo at my house just like the representatives of PMI did at the Project Launch. In this way, the team was able to bond personally over Italian wine and cheeses, while formulating a strategic plan for the next few months. But if there is anything that I have learned about leadership during this experience is that leadership has no language, and that it is fundamentally a motivation and significant focusing practice. In the following meetings, our team discussed our findings, our understanding and concerns, and possible candidate solutions to strengthening the IQOS's community while respecting PMI’s objectives, goals and corporate values. Throughout our research, my team and I realized that we were facing a real challenge beyond the product itself. Understanding the relevance of technology and society's ongoing desires, it dawned on us that the challenges faced by PMI belong to many more entities than we have ever imagined. Considering the additional issues that include legality of the tobacco industry and information asymmetry, our team needed to find a common denominator that will transform our understanding of what it takes to strengthen a community, let alone one of this complexity. Talk about a challenge! Just as I thought that our complications couldn't have worsen, we, along with the rest of the world, were hit with the biggest challenge: the COVID-19 pandemic. It was then that the team decided to create its own questionnaire (in both Italian and English) that would allow us to learn more about the consumers' perception of the IQOS product and the awareness of the Loyalty Program while respecting the unusual circumstances. In hindsight, this decision turned out to be the turning point of our project as it became one of the main pillars of our research. In light of our new normal, the team understood that a major adjustment had to be made. Communicating through WebEx and Skype, our team continued to work well in line with coordination and pointed discussions. We decided to distribute the questionnaire electronically to further support our hypotheses and pending research. In addition to our initial solutions, we were able to learn more about the IQOS Community and discover a new solution that incorporates a rebate program for local tobacconists, an overlooked member of the IQOS community. Consequently, the questionnaire unveiled that the importance of thoroughly understanding the community's self-identity and critical players are fundamental when enhancing community bonding of any kind, especially one just like the IQOS Community. Lastly, with this new understanding in mind, our main focus was to integrate the reasons why those who actively choose to participate in the IQOS Community and attract new potential legal age users. Winning the semi-finals recognized not only our solutions presented to PMI, but also awarding the newly developed revelation from the perspective of prospective, motivated and passionate female managers. The excitement that soared within the team was one that I simply will never forget, and that later transformed into the final push we needed for the upcoming finals on May 28th. Upon reflection, I can now understand that the decision to participate in a talent program while attempting to complete a one-year master's degree is one that can raise an eyebrow… or two. Looking back on the experience my team and I have endured together, the decision to participate in Luiss Business School's GROW project will be cherished and valued in full confidence. Not only for the multiple opportunities presented from Luiss Business School, Phillip Morris & IBM, but for the connections that were made, the lessons that were learned, and the experiences that allowed us to grow into the women (and man) we have become as a result. By definition, the composition of a community revolves around the solid foundation of the individuals who inhabit that community. While differences will arise, the growth that took place within our team not only required our ability to work in a team, but also the careful understanding of each and every team member's emotional intelligence. A lesson that our advanced and globalized society tends to forget at times, our younger generations must remind those who proceed us such valuable lesson, especially during the complicated times we are currently facing. Every adventure has its ups and downs, but if one never tries to face their fears and conquer their dreams, how can we expect others to do the same for our community? As members of our modern world, we must remember that while the future remains uncertain, we individuals are, in fact, the variables that are not temporary. In our eyes and with our proud team spirit, I strongly believe that the takeaways we have provided to PMI can also be taken for ourselves ones that will forever drive us in our future careers, just like it did during our GROW project». 28/5/2020

28 Maggio 2020

Data Girls – La challenge di Infoblu per le studentesse Luiss Business School

  Data Monetization è il tema della challenge di Infoblu, partner di Data Girls, il progetto della Luiss Business School nell’ambito di GROW – Generating Real Opportunities for Women, per le studentesse dei master. Data Girls, giunto alla IV edizione, è un’iniziativa nata per potenziare le competenze di Data Analytics delle studentesse e supportarle nel cogliere tutte le opportunità di crescita personale e professionale offerte dalla gestione dei dati e dal mondo digitale. La challenge di Infoblu si articola in diverse fasi: comprendere i dati utilizzando la piattaforma Watson, messa a disposizione da IBM, partner tecnico di Data Girls; rielaborarli per estrarre i cluster; interpretare i cluster per identificare tipologie di viaggiatori; elaborare una proposta per Infoblu, allo scopo di trarre vantaggio economico/competitivo in maniera innovativa Gabriella Di Benedetto, studentessa del Master in Marketing Management, ha condiviso la sua testimonianza sul progetto sviluppato dal team di cui fa parte, per rispondere alla challenge. «Sin dall’inizio il nostro team si è orientato verso la sostenibilità. Oltre ad essere uno degli argomenti più discussi e sensibili del momento, abbiamo pensato che forse nessuno più di una realtà come Infoblu potesse disporre di dati di primaria importanza per monitorare e ridurre l’inquinamento stradale. Dalla nostra analisi dati è emerso che il segmento di viaggiatori stradali che causa più traffico – e quindi inquinamento – è quello dei viaggiatori che si spostano da una città all'altra della stessa provincia. Il dato è diffuso in maniera omogenea in tutte le regioni. Abbiamo quindi proposto di attivare un’iniziativa di cause-related marketing per abbattere i rallentamenti negli spostamenti. Come destinatari della partnership abbiamo proposto sia le regioni, per implementare metodi di trasporto alternativi in zone poco collegate, sia le Ferrovie dello Stato, per attivare promozioni dedicate alle tratte in questione, negli orari di punta. Per colmare gli ultimi km una volta arrivati alla stazione di destinazione, abbiamo proposto di estendere la collaborazione a ShareNow o Enjoy o ancora gli autonoleggi, che stanno integrando auto elettriche nella propria flotta. Si tratterebbe dunque di una soluzione win-win per: Infoblu che monetizzerebbe sulle località in cui investire in base ai dati; per Ferrovie dello Stato e per le realtà di car sharing che insieme potrebbero contribuire a ridurre il traffico e trarre vantaggio economico; per il viaggiatore fuori città che si vedrebbe più ascoltato, seguito e rappresentato in offerte di cui ha realmente bisogno. Il secondo segmento più inquinante dopo i fuori città rimane comunque quello che abbiamo identificato come “Gli Urbani”, cioè coloro che impiegano oltre 20 minuti per percorrere distanze minime di circa 6 km interamente in città. Un fattore che si tende a trascurare come protagonista della creazione di traffico è la quantità di tempo e benzina utilizzati a cercare un posto auto. Da qui nasce la nostra seconda proposta per Infoblu, ovvero, di considerare lo sviluppo di un’app, che segnali posti auto liberi grazie ai dati emessi dalle scatole nere nelle auto e dal GPS attivo sul telefono. A supporto delle nostre due solution, abbiamo lanciato due sondaggi in diverse regioni d’Italia: il primo sul desiderio di disporre di metodi alternativi di trasporto laddove non esistano, il secondo sulla possibilità di avere un’app che ottimizzi i tempi per cercare parcheggio. In entrambi casi i risultati del sondaggio hanno confermato che le nostre proposte incontrano desideri condivisi. Quando la challenge ci fu presentata, ognuna di noi ha riscontrato difficoltà nel comprendere appieno la sfida e, soprattutto, nel riuscire a trovare una chiave di lettura. È stato grazie al lavoro di gruppo, alla condivisione delle difficoltà e delle abilità trasversali di ognuna di noi, che siamo riuscite, finalmente, a leggere la sfida con occhi diversi. Non eravamo più Melissa, Ginevra, Gabriella, Martina, Beatrice, Eleonora, Gemma, Claudia e Giulia, ma siamo diventate un'unica persona». 28/5/2020

28 Maggio 2020

Data Girls – La challenge di Italgas per le studentesse Luiss Business School

  Prevedere le assenze dei clienti finali è il tema della challenge di Italgas, partner di Data Girls, il progetto della Luiss Business School nato nell’ambito di GROW – Generating Real Opportunities for Women, per le studentesse dei master. Data Girls, giunta alla IV edizione, è un’iniziativa nata per potenziare le competenze di Data Analytics delle studentesse e supportarle nel cogliere tutte le opportunità di crescita personale e professionale offerte dalla gestione dei dati e dal mondo digitale. La challenge di Italgas ha sfidato le studentesse a risolvere un problema per l’azienda laddove, nell'eseguire gli interventi di sostituzione dei contatori tradizionali, nel periodo analizzato, solo 45-50% di questi è andato a buon fine al primo tentativo, principalmente a causa dell’assenza del cliente finale. Le studentesse sono state sfidate a individuare una possibile azione preventiva per rispondere a tale fenomeno. Le studentesse hanno avuto a disposizione un database storico sui tentativi di intervento per la sostituzione dei contatori, da analizzare e incrociare con dati esterni di diversa natura per testare correlazioni e modelli predittivi. Punto di partenza del team composto da Vittorio Ciasullo, Sara Coccioloni, Martina La Valle, Francesca Massi, Federica Pro, Roberta Ricciardello, Barbara Sgorno e Anna Tripodi, è stato analizzare la comunicazione da parte di Italgas agli utenti, allo scopo di migliorarla per rendere i contenuti più comprensibili e il messaggio più immediato. Il passo successivo è stato elaborare un modello di brochure informativa che accompagni la prima comunicazione inviata dall’azienda, che abbia funzione esplicativa dei vantaggi dell’operazione di sostituzione e sia di facile consultazione. La brochure è stata sviluppata in modo da essere adattabile alla visualizzazione su piattaforme digitali. I contenuti e le caratteristiche della brochure sono stati individuati sulla base dell’analisi dei dati ISTAT, partner tecnico di Data Girls, e Italgas, con l’utilizzo delle piattaforme IBM, partner tecnico di Data Girls. Tra i dati più rilevanti sono emersi: l’attenzione alla sicurezza e il livello di fiducia da parte degli utenti nei confronti del programma di sostituzione dei contatori; l’analisi sul territorio per fascia di età, che ha evidenziato come le persone sole rappresentino un segmento consistente della popolazione nazionale; la composizione dei nuclei familiari, che evidenziato come il numero delle famiglie mono genitoriali in Italia risulta essere del 10%. Per il team: «Partecipare a questa challenge è stata una grandissima opportunità sotto molti aspetti, infatti abbiamo: Conosciuto la realtà aziendale di Italgas attraverso lo studio di uno dei suoi progetti di digitalizzazione della rete più importanti; Imparato a usare piattaforme di analisi di dati fornite da IBM e ISTAT; Elaborato la challenge con il supporto di un team di esperti e la guida di un tutor aziendale; Lavorato in un gruppo molto diversificato, imparando a usare i punti di forza e di debolezza di ognuno; Adattato il nostro lavoro a una modalità remota». 28/5/2020

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