News & Insight
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29 Novembre 2022

Export Champion Program 2022/2023

Export Champion Program è il programma di formazione specializzata, accademica e completamente gratuita, promossa da SACE Education in collaborazione con Luiss Business School.  L’iniziativa, giunta quest’anno alla sua III° edizione, si rivolge a imprese esportatrici interessate ad approfondire la conoscenza dell’America Latina e in particolare dei mercati di Brasile, Colombia e Messico e a intercettare nuove opportunità di business nell’area, anche nell’ambito di operazioni di filiera presidiate da SACE.   Giunto alla sua terza edizione, il percorso formativo quest’anno darà ai partecipanti un accesso esclusivo ad una piattaforma digitale in cui si potrà:  Seguire tutti gli appuntamenti (in live o in streaming); Scaricare contenuti on-demand; Registrarsi con un profilo ufficiale per favorire lo scambio di buone prassi con le altre aziende; Confrontarsi in maniera diretta, tramite sondaggi e domande, con i relatori e i partecipanti. Il corso è articolato in 6 sessioni formative, erogate in modalità webinar, finalizzate a fornire un’analisi economica, legale e fiscale dei mercati in analisi, nonché un quadro completo di strumenti assicurativo-finanziari per l’accesso al mercato brasiliano, messicano e colombiano.  A queste seguirà un evento in presenza su Roma che sarà anche un’occasione di networking per incontrare le altre aziende partecipanti e la faculty Luiss e SACE. A tutte le imprese partecipanti sarà inoltre consegnato un attestato di partecipazione. Scopri di più e invia la tua candidatura! SCARICA IL PROGRAMMA 29/11/2022

28 Ottobre 2022

Presentazione partnership Luiss Open Consulting e Fabbrica Lavoro

Sono intervenuti oltre 40 partecipanti, tra aziende e professionisti provenienti prevalentemente dal nord ovest (in particolare dalle Province di Brescia, Como, Milano, Torino, Varese) Grande successo lunedì 24 ottobre presso il Milano Luiss Hub per l’evento di presentazione della collaborazione tra Luiss Business School, nell’ambito delle attività di Open Consulting, e l’associazione datoriale Fabbrica Lavoro. Sono intervenuti oltre 40 partecipanti, tra aziende e professionisti provenienti prevalentemente dal nord ovest (in particolare dalle Province di Brescia, Como, Milano, Torino, Varese). L’evento è stato organizzato dal Luca Fioravanti, Adjunct Professor Luiss Business School, che ha aperto e sottolineato il difficile momento socio economico che le aziende del nostro paese stanno attraversando, illustrando logiche ed ambiti di collaborazione con Fabbrica Lavoro. In apertura il dott. Giuseppe Filisetti, Presidente di Fabbrica Lavoro, ha sottolineato l’importanza del ruolo di Fabbrica Lavoro nel garantire un’iniziale efficace profilazione e qualificazione del bisogno delle aziende, per poi attivare un modello di supporto professionale da parte dei professionisti della Open Consulting della Luiss Business School, spesso realizzato con modelli di business in logica di partnership fondata sulla condivisione dei risultati. Il dott. Filisetti ha quindi fatto riferimento all’utilizzo di questionari di screening strutturati, predisposti da Fabbrica Lavoro, per meglio qualificare il bisogno e conseguentemente indirizzare l’attivazione dei rispettivi team di competenza tecnica verticale necessaria. Luca Olivari, Head Luiss Open Consulting, che ha spiegato alla platea il modello operativo della Business Unit A supervisionare l’evento Luca Olivari, Head Luiss Open Consulting, che ha spiegato alla platea il modello operativo della Business Unit, con esempi concreti per permettere di comprendere il valore aggiunto dell’intervento e la logica di evoluzione da un tradizionale modello cliente fornitore ad un modello di partnership. Nel corso dell’evento alcuni membri di Luiss Open Consulting hanno quindi presentato le diverse aree di copertura professionale, spaziando da supporto all’internazionalizzazione, ad ottimizzazione fiscale, ottimizzazione dei costi, brand strategy, digital transformation, cyber security e big data, ridefinizione del modello operativo. Infine, è stata anche ricordata l’offerta formativa destinata al mercato corporate, dove il mandato della Luiss Business School di supportare manager e imprenditori in un contesto di stretta collaborazione tra la componente scientifico-accademica e la componente di business. 28/10/2022

19 Ottobre 2022

Le persone al centro

Dalla gestione dello skills mismatch alle leve motivazionali per tornare a essere attrattivi: l’analisi e i consigli di Hotels Doctors per una vera “ripartenza” incentrata sulle risorse umane Intervista a Gabriele Gneri, Managing Director di Hotels Doctors, partner della nuova edizione dell’Executive Programme in Hotel Management della Luiss Business School, realizzata dalla giornalista Silvia De Bernardin, per Job in Tourism l'8 settembre 2022 Doveva essere l’estate della ripartenza post-Covid. È stata – anche – l’estate nella quale le strutture ricettive hanno dovuto fare i conti con una mancanza generalizzata di personale alla quale, superata in qualche modo l’alta stagione, dovranno ora trovare soluzioni di sistema, capaci di andare oltre l’emergenza. Investimenti sulla formazione e una rinnovata attenzione alle persone e ai loro bisogni possono rappresentare una formula vincente per Gabriele Gneri, Managing Director di Hotels Doctors. La società di consulenza strategica, che affianca e supporta gli hotel per il miglioramento e lo sviluppo del business, sarà partner della nuova edizione dell’Executive Programme in Hotel Management della Luiss Business School, in partenza a novembre. Non è stata un’estate facile per gli alberghi dal punto di vista del personale.Perché tutti sembrano “scappare” dal lavoro alberghiero? È un problema che avevamo iniziato a percepire già prima della pandemia, ma che quest’anno si è mostrato in tutta la sua drammaticità. Si tratta di un fenomeno globale, che ha radici culturali e sociali profonde e che meriterebbe un grande approfondimento, ma volendo semplificare potremmo dire che pare che le nuove generazioni abbiano una concezione diversa del lavoro: per loro non è più uno strumento di autoaffermazione, ma la possibilità di sostentarsi per fare altro, le persone giovani sono molto più attente al cosiddetto life balance, alla sostenibilità, all’idea di poter contribuire con il proprio lavoro al bene del mondo. E fanno fatica a fare piani a lungo termine. Se aggiungiamo poi che in diverse culture il lavoro manuale e di servizio è considerato meno “dignitoso” e di minor valore, capiamo che siamo di fronte a un profondo cambio di paradigma. Poi, è arrivata la pandemia… La pandemia ha fatto capire a molti che il turismo è un settore fragile e forse poco affidabile, per questo moltissimi lavoratori – anche con competenze importanti – abbandonati in pandemia dalle imprese del turismo si sono trasferiti in altri settori considerati più stabili o sicuri, come la logistica. Ma ci sono altri fattori che contribuiscono alla difficoltà di reperire il personale, soprattutto stagionale: le caratteristiche del nostro lavoro (si lavora molto e nei giorni festivi, spesso in condizioni di stress estremo), la politica retributiva delle imprese turistiche, il calo demografico, il sistema dei sussidi al reddito, la cattiva immagine che questo settore da di sé e, non ultima, la mancanza di un sistema di incentivi e percorsi di carriera per i nuovi assunti. Non credo si tratti di un problema passeggero legato a questa stagione, penso piuttosto che siamo di fronte a una profonda crisi, che durerà molto e richiederà innovazione e trasformazione dei modelli di business. Anche lì dove il personale si trova, viene spesso considerato non adeguatamente formato sia a livello scolastico – per le nuove leve – sia in termini di aggiornamento professionale, per chi già lavora da tempo. Esiste davvero un problema di mismatch di competenze nel settore? Negli ultimi anni il nostro settore è cambiato profondamente e continuerà a cambiare molto velocemente a causa dell’uso pervasivo della tecnologia e per l’effetto dell’ingresso di nuovi concept gestionali e di offerta, cambiano anche i clienti e le loro aspettative e di solito cambiamenti veloci portano la domanda di nuove competenze. Anche la riduzione della marginalità nelle imprese ricettive ha favorito la creazione di strutture organizzative meno gerarchiche e meno lunghe e questo ha richiesto dei middle manager (capi servizio) che non avessero solo ottime competenze operative, ma anche di management, come la capacità di risolvere problemi, analizzare e comprendere i dati di processo, fare pianificazione e progettare o modificare i servizi offerti, gestire le risorse umane. Ma queste sono competenze che hanno bisogno di tempo e del giusto supporto per svilupparsi. Quindi, aziende alla ricerca di nuove competenze strutturate e candidati che sono stati formati nel modo tradizionale o non completamente skillati creano il mismatch delle competenze.Un problema che è tanto più evidente tanto più si sale di categoria e livello di servizio. Insomma, visto dal lato delle aziende, non è certamente un tema facile da affrontare. Ci sono anche altri fattori che rendono complicato il quadro gestionale. Il veloce turnover delle risorse, per esempio, non aiuta la crescita delle competenze ed espone l’azienda a continui adattamenti gestionali e di servizio. Il problema del re-skilling: così come persone qualificate escono dal nostro settore per andare altrove, ne entrano altrettante provenienti da esperienze diverse; è molto frequente ormai trovarsi di fronte a dei cv che presentano esperienze frammentate in settori e lavori totalmente differenti. Queste risorse devono essere ri-orientate e re-skillate per poter essere inserite in azienda senza rischiare fenomeni di caduta del livello qualitativo. C’è il tema dell’integrazione multiculturale: ormai nelle nostre strutture da anni convivono persone provenienti da Paesi diversi e spesso da culture diverse, con approccio al lavoro e al servizio totalmente diversi. Come al solito, la soluzione a problemi complessi richiede un approccio sistemico, ma penso che il primo passo debba essere fatto dalle imprese, che devono tentare di avvicinarsi e collaborare con le scuole alberghiere, gli ITS e con le università in modo che ci possa essere condivisione dei bisogni. Allo stesso modo, il sistema scolastico dovrebbero uscire da una certa autoreferenzialità e rendere più aperta la propria didattica a professionisti preparati e aggiornati, ripensando anche il sistema scuola-lavoro e il meccanismo degli stage aziendali, migliorando il processo di orientamento dei ragazzi e seguendo più da vicino il percorso dello stagista. Da questo punto di vista, c’è un aspetto della gestione alberghiera sul quale, in modo particolare, gli hotel italiani dovrebbero investire in fatto di formazione? Oggi la redditività di una struttura ricettiva – e quindi la sua sopravvivenza – passa attraverso le capacità delle proprie risorse umane: il management, che deve saper definire il posizionamento, condurre una strategia, introdurre innovazione, saper comprendere il mercato e guidare un team e saper gestire le performace, e il personale operativo, che attraverso le competenze tecniche e le necessarie attitudini di servizio fa la differenza nei confronti del cliente. La nostra materia prima e la fonte del successo di una struttura ricettiva è ancora la “risorsa umana” e la sua preparazione e professionalità; per questo non investire in “addestramento” tecnico e formazione manageriale è un errore strategico che costringerà le aziende che non lo fanno (nel lungo periodo) a dover sopportare costi maggiori di acquisizione del personale e quindi a trovarsi un esercito di collaboratori“mercenari” e margini ridotti. C’è, poi, un tema di “motivazione”: cosa dovrebbero fare le imprese alberghiere per tornare a essere veramente attrattive? Se dovessi dirlo in maniera “filosofica”, direi che occorre ripartire dal why: perché vale la pena lavorare in un settore così affascinante come quello dell’ospitalità, perché lo facciamo e che cosa vogliamo lasciare alle future generazioni con la nostra fatica? Una risposta a una domanda di senso profondo, che dovremmo prima di tutto chiarire a noi stessi e poi comunicare agli altri. Dal punto di vista operativo, dobbiamo ripartire dalla persona, dai suoi bisogni, dalle sue aspettative, dalle sue preoccupazioni: occorre metterci in ascolto per capire come e in che modo il nostro lavoro e la nostra azienda può favorire o rappresentare questo “vale la pena”. Le persone poi sono diverse e attraversano esigenze diverse lungo l’arco della propria vita lavorativa: per qualcuno la motivazione potrebbe essere l’apprendimento oppure lo stipendio, arrivare all’agognata pensione o cercare di lavorare meno per dare spazio ad altro oppure contribuire a migliorare il mondo e renderlo più sostenibile (lo si sente sempre più spesso). Ma come “si riparte dalle persone”, praticamente? Nei grandi gruppi alberghieri esiste la figura del manager che gestisce le risorse umane, e che assume nomi sempre nuovi: una volta era il direttore del personale, poi responsabile delle risorse umane oggi è il responsabile di People & culture fino ad arrivare all’Happiness Officier. E questo la dice lunga su come stia cambiando l’approccio alle risorse umane. Negli hotel indipendenti il ruolo è svolto dal direttore operativo o dal proprietario oppure spesso si demanda al capo servizio di reclutare i propri collaboratori. Manca una visione d’insieme e una preparazione specifica: in questo modo si rischia di metter su un gruppo di lavoro slegato e disomogeneo e di non riuscire a gestire le varie farsi della gestione del personale. Per questo penso che oggi le strutture debbano fare uno sforzo in più e introdurre (oppure farsi aiutare da professionisti esterni) una figura dedicata al personale e sono certo che si tratti di un buon investimento. Quali sono, su questi temi, le best practice più aggiornate messe in campo dagli hotel italiani? Ancora una volta sono le grandi catene a presidiare meglio il campo. Ma per quanto riguarda gli hotel indipendenti molte sono le attività in corso di sperimentazione e molte hanno ricevuto apprezzamenti o riscontri positivi: mi viene in mente un albergatore illuminato di Abano Terme che ha preso un’ abitazione vicino all’hotel per far riposare e creare un punto di aggregazione per ragazzi costretti a fare i turni spezzati (con tanto di sala giochi e letti per i pisolini pomeridiani). Oppure, un albergatore di un resort in Costa Smeralda (molto coraggioso), che ha deciso di utilizzare una porzione importante della propria capacità ricettiva per fare alloggi per il personale in camere doppie con bagno per tutti i dipendenti e sta avviando un percorso per far lavorare tutti i collaboratori otto ore al giorno anche in piena stagione.O, ancora, un albergatore di Cortina che si appresta a sviluppare un’area di intrattenimento per tutto il personale con vending machine e generi di conforto. Insomma, penso che ormai tutti abbiano capito che sia in atto una concorrenza vigorosa nell’accaparrarsi il personale migliore e che occorra fare uno sforzo importante per migliorare le condizioni di lavoro e favorire la gestione delle aspettative dei lavoratori.

14 Ottobre 2022

Webinar Environmental, Social and Governance per il successo dell’impresa e lo sviluppo sostenibile

Flex Executive Programme in ESG e Sviluppo Sostenibile Mercoledì 26 ottobre 2022 alle ore 17:00 CEST si terrà il webinar “Environmental, Social e Governance per il successo dell’impresa e lo sviluppo sostenibile”. L’evento digitale sarà l’occasione per presentare la nuova edizione del Flex Executive Programme in ESG e Sviluppo Sostenibile, in partenza il 18 novembre 2022. PERCHE’ PARTECIPARE AL WEBINAR? Il webinar si propone di illustrare le più recenti prassi sulle tematiche ESG e di come promuoverle e integrarle nelle Strategie. SPEAKERS: Cristiano Busco, Professore Ordinario di Accounting e Reporting, Direttore MBA, Luiss Business SchoolMaria Pierdicchi, Presidente, NedcommunityAngelo Riccaboni, Professore Ordinario di Economia aziendale, Università di Siena, Senior Research Fellow Luiss Business School Il Flex Executive Programme in ESG e Sviluppo Sostenibile èprogettato in collaborazione con: AISEC (Associazione Italiana per lo Sviluppo dell’Economia Circolare);Nedcommunity, l’associazione italiana degli amministratori non esecutivi e indipendenti eSustainability Makers, l’associazione italiana che riunisce le professionalità che si dedicano alla definizione e alla realizzazione di strategie e progetti di sostenibilità. Inoltre, il webinar darà spazio al confronto e all’approfondimento con il referente scientifico per scoprire i moduli del corso e il networking di Luiss Business School. Al termine del webinar è prevista una sessione di Q&A. QUANDO: 26 ottobre 2022 ORA: 17:00 CEST LINGUA: Italiano DOVE: Online Per partecipare è necessaria la registrazione REGISTRATI Scopri il programma 14/10/2022

06 Ottobre 2022

Webinar – Executive Master Organizzazione e Gestione delle Risorse Umane: come accompagnare le risorse umane e l'azienda attraverso la trasformazione

Martedì 18 ottobre 2022 alle ore 18:00 si terrà il webinar di presentazione dell’Executive Master in Gestione Delle Risorse Umane, Organizzazione e Leadership progettato da Luiss Business School in collaborazione con Deloitte. Il programma è in partenza il prossimo 4 novembre e si pone l’obiettivo di formare professionisti dell’area HR fornendo conoscenze, metodologie e strumenti avanzati ed innovativi per valorizzare e gestire in modo strategico il capitale umano. AGENDA: Il webinar prevede la presentazione dell’Executive Master, la struttura del percorso ed i principali sbocchi lavorativi. Al termine del Webinar, in una sessione di Q&A,il coordinatore del Programma risponderà a tutte le domande sui requisiti di accesso al programma, il processo di selezione e le agevolazioni. PERCHÉ PARTECIPARE? Il webinar è un’opportunità per acquisire le informazioni preliminari sui contenuti del percorso e approfondire le principali sfide che la trasformazione aziendale comporta in termini di persone, comunicazione interna e formazione. SPEAKERS: Lucia Marchegiani, Direttore Scientifico dell’Executive Master e Professore Associato di Organizzazione e Gestione delle Risorse Umane Matteo Zanza, Partner Change Management & Organization Design, Deloitte Luca Morra, Director Change Management & Organization Design, Deloitte QUANDO: 18 ottobre 2022 ORARIO: 18:00 – 19.00 CEST DOVE: Online Per partecipare è necessaria la registrazione  IL PARTNER DEL MASTER Il Master è arricchito dalla presenza di un partner di eccellenza. L’area Human Capital di Deloitte Consulting si occupa di guidare le aziende nei percorsi di trasformazione in ambito HR lavorando sulle persone e con le persone, per far sì che il capitale umano sia realmente una leva per la crescita del business.  L’expertise dei manager di Deloitte sarà a disposizione dei partecipanti al Master. REGISTRATI SCARICA LA BROCHURE 06/10/2022

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04 Ottobre 2022

Executive Master in Financial Accounting - Webinar di Presentazione e Q&A con Referenti Scientifici

Giovedì 13 ottobre 2022 alle ore 18:00 si terrà il webinar di presentazione degli Executive Master in Financial Management offerti da Luiss Business School.I programmi dell’Area Accounting, Finance e Control si pongono l’obiettivo di formare i nuovi professionisti che saranno chiamati a svolgere un ruolo chiave nel raggiungimento della strategia aziendale, avendo a disposizione nuovi strumenti per la definizione di obiettivi e piani d’azione. AGENDA: Il webinar prevede la presentazione dei programmi, verranno illustrate le Major dell’executive in Amministrazione, Finanza e Controllo, Finanza e Mercati, Fintech&Banking, a cura dei Referenti Scientifici. È prevista inoltre una sessione di Q&A dove sarà possibile ricevere informazioni sui servizi di EduCare, Carrier Services e Networking di Luiss Business School. PERCHÉ PARTECIPARE? Il webinar è un’opportunità per acquisire le informazioni preliminari sui contenuti dei percorsi e capire come avviare una carriera nella funzione finanza di aziende e istituzioni. SPEAKERS: Saverio Bozzolan, Ordinario di Economia Aziendale, Luiss Guido Carli e Referente Scientifico di Major in Amministrazione, Finanza e Controllo Roma e MilanoSilvio Fraternali, Executive Director – Responsabile Della Direzione Controlli E Supporto Al Business, Intesa Sanpaolo e Referente Scientifico Major in Fintech&Banking RomaRenato Giovannini, Professore ordinario di Banking and Finance, Università degli studi Guglielmo Marconi, Referente Scientifico Major Finanza e Mercati Roma QUANDO: 13 ottobre 2022 ORA: 18:00 CEST LINGUA: Italiano DOVE: Online Per partecipare è necessaria la registrazione REGISTRATI Scopri i programmi dell’Executive Master in Financial Management: Amministrazione, Finanza e Controllo Major dell’Executive Master |Sede: RomaSCARICA LA BROCHUREAmministrazione, Finanza e Controllo Major dell’Executive Master | Sede: MilanoSCARICA LA BROCHUREFinanza e Mercati Major dell’Executive Master | Sede: RomaSCARICA LA BROCHUREFintech & Banking Major dell’Executive Master | Sede: RomaSCARICA LA BROCHURE 4/10/2022

03 Ottobre 2022

Strumenti di finanza sostenibile per la crescita delle imprese

L’attenzione crescente dell’opinione pubblica e dei policy maker verso i temi dell’efficienza energetica, del cambiamento climatico e della transizione verde, e lo stesso impegno degli imprenditori verso la sostenibilità, sono oggi i fattori determinanti per le strategie di crescita delle imprese. È in tale ottica che Luiss Business School ed Equita, tra le principali investment bank in Italia, hanno promosso la ricerca “Sustainable Debt Instruments: Evolution and Outlooks with a focus on Italian Companies”, che sarà presentata il prossimo 11 ottobre 2022 a Villa Blanc durante l’evento “Strumenti di finanza sostenibile per la crescita delle imprese”. Obiettivo del paper è analizzare i principali strumenti di debito a disposizione delle società italiane nell’ambito della finanza sostenibile, dai green bond ai sustainable bond, dalle emissioni social a quelle sustainability-linked, insieme con l’evoluzione del settore e delle policy di riferimento in materia di sostenibilità.Seguirà poi una tavola rotonda in cui istituzioni, società emittenti, imprenditori e associazioni si confronteranno sul contesto normativo e sui benefici per accedere ai diversi strumenti di debito sostenibile.  AGENDA 10.30  Registrazione e Welcome Coffee 11.00  Saluti di aperturaLuigi Abete, Presidente, Luiss Business SchoolCarlo Andrea Volpe, Co-responsabile Investment Banking, Equita 11.15  Presentazione della ricerca “Sustainable Debt Instruments: Evolution and Outlooks with a focus on Italian Companies” Raffaele Oriani, Dean, Luiss Business SchoolFrancesco Asaro, Vice President, Equita 11.45  Tavola Rotonda Francesco Gianni, Socio fondatore, Gianni & Origoni – GOPEnrico Gomiero, Vice President e CFO, CarraroAndrea Nuzzi, Head of Corporate and Financial Institutions, Cassa Depositi e PrestitiEmanuele Orsini, Vicepresidente per il Credito, Finanza e Fisco, Confindustria Modera: Janina Landau, Giornalista e conduttrice, Class CNBC 12.30  ConclusioniMarco Clerici, Co-responsabile Investment Banking, Equita 12.35  Networking Lunch L’evento è gratuito, per partecipare è necessaria la registrazione REGISTRATI 03/10/2022

20 Giugno 2020

Stati Generali per l'economia: l’intervento del direttore Luiss Business School Paolo Boccardelli

Per rilancio fondamentale investire in competenze digitali e rafforzare rapporto pubblico privato   Nel suo intervento agli Stati Generali per l'economia, Paolo Boccardelli, direttore della Luiss Business School, ha evidenziato le nuove sfide che il ceto dirigente del Paese dovrà affrontare per il rilancio post Covid, prime fra tutte comprendere i trend globali e i loro impatti sulla geopolitica, cogliere le sfide della sostenibilità, valorizzare le opportunità offerte dal digitale e ridisegnare l’interazione pubblico-privato. In particolare nei prossimi 20 anni il 90% dei posti di lavoro richiederà competenze digitali: entro il 2022, 75 milioni di posti di lavoro saranno probabilmente sostituiti in 20 grandi economie e 133 milioni di nuovi posti di lavoro sorgeranno sia nei settori sicurezza informatica e big data, sia in ambiti come etica, sostenibilità, regolamentazione e privacy. Investire rapidamente nella formazione di competenze digitali nelle imprese, nelle PA e per i cittadini diventa una necessità sempre più improcrastinabile per far fronte al significativo e diffuso gap di competenze digitali sia hard che soft, e rilanciare la competitività del Paese. Il 42% delle competenze chiave richieste per svolgere lavori esistenti cambierà entro il 2022: saranno sempre più indispensabili competenze trasversali, come intelligenza emotiva, critical thinking, analytical thinking, problem solving, capacità di un-learn e re-learn, creatività, e l’orientamento all’innovazione e all’imprenditorialità. Il rischio di non sviluppare una formazione che sappia rispondere alle trasformazioni dei mercati e del lavoro è che 1 professione su 3 sarà introvabile e 1 giovane under 29 sarà di difficile reperimento. “L’Italia del post Covid ha bisogno di leader che sappiano leggere i problemi della nostra società con una lente interdisciplinare e ricorrere a metodologie avanzate di data analytics per trovare nuove soluzioni, sulla base di conoscenze frutto di processi di co-creazione con aziende, istituzioni, professionisti e accademia”, ha detto Boccardelli. Per rinnovare i percorsi di formazione e costruire un sistema di eternal learning, saranno sempre più necessari progetti di microlearning, programmi customizzati, sviluppo di competenze trasversali e un approccio problem – based: una cassetta degli attrezzi a supporto di imprese, istituzioni e PA.  20/06/2020

08 Giugno 2020

Lo Stato? Meglio orchestratore che imprenditore

  Commento pubblicato su Affari & Finanza, 8 giugno 2020  L’Italia è entrata nella crisi Covid-19 priva di una vera e propria strategia industriale e nei mesi del lockdown si è acceso il dibattito sul ruolo dello stato nell’economia tra neoliberisti e neostatalisti, tra fan della teoria dello Stato Regolatore e accesi sostenitori della necessità di rilanciare quella dello Stato Imprenditore. La crisi che stiamo attraversando da un punto di vista economico richiede un intervento dello Stato che può essere schematizzato in tre cluster di attività: gestire l’emergenza; sostenere la ripartenza; definire una strategia per lo sviluppo nell’economia post-Covid. Erroneamente si ritiene che esse siano il frutto di tre attività e fasi separate; in realtà, la complessità genera interdipendenze reciproche, basti pensare alla ricapitalizzazione delle imprese con ingresso di capitale pubblico ai fini della ristrutturazione prevista nel Decreto Rilancio, che difficilmente non influenzerà le future strategie di sviluppo industriale delle imprese che hanno aderito allo strumento se quest’ultimo non è ben congegnato. La tentazione di costruire strumenti con una forte deriva interventista appare molto elevata: l’avvio di una nuova stagione di controllo diretto del capitale delle imprese da parte dello Stato, tuttavia, viene visto da molti come non più allineato alle esigenze di un’economia che nei prossimi anni vedrà una fortissima accelerazione nella trasformazione digitale e un progressivo riavvicinamento degli insediamenti produttivi grazie al reshoring delle catene del valore. Serve piuttosto la capacità di costruire un disegno di insieme che permetta di definire con sufficiente approssimazione la traiettoria che le iniziative dei privati dovranno seguire nei prossimi anni. Per fare questo occorre che lo Stato vada a occupare una posizione di leadership strategica senza intaccare la libertà di azione e di iniziativa imprenditoriale dei privati. In questo ambito, tre sono le linee fondamentali che devono essere tracciate: una rigorosa politica dei fattori della competitività che consenta alle imprese italiane di giocare la partita della competizione; la definizione di alcuni ambiti industriali in cui il sistema italiano possa raggiungere posizioni di eccellenza e in questi creare le condizioni affinché idee, talenti e capitale affluiscano efficacemente; comprendere le traiettorie di sviluppo globale dei settori rilevanti per il Paese – ad esempio tessile, meccanica, turismo - e agevolarne la trasformazione per traguardare i nuovi fattori critici di successo. Una politica dei fattori significa anche avviare finalmente i grandi progetti infrastrutturali per trasformare i trasporti e la logistica del Paese. Ma anche accelerare definitivamente sullo sviluppo della Banda Ultra Larga fissa e mobile per condurre l’Italia nell’era dell’Intelligenza Artificiale, che non deve essere vista come una minaccia, ma come la più grande opportunità del nostro tempo. Abbiamo inoltre bisogno di realizzare la più grande opera di semplificazione amministrativa mai vista, che consenta veramente di liberare le energie di questo Paese e dedicarle alla creazione di ricchezza e benessere per tutti. Due sono a mio avviso i principi fondamentali: sostituire la regola dell’autorizzazione preventiva con quella del controllo ex-post; eliminare, attraverso la trasformazione digitale del settore pubblico, tutti i pleonastici livelli di intermediazione per offrire servizi rapidi ed efficienti a cittadini e imprese. E politica dei fattori implica anche rendere la giustizia rapida e non incerta, così come mettere a punto una politica fiscale più efficiente, a livelli omogenei di welfare offerto. Accanto a ciò, lo Stato deve avere la lucidità e il coraggio di selezionare quei settori economici in cui imprese, istituzioni e università nel loro complesso dimostrino di avere la chance di costruire ecosistemi competitivi a livello globale. Questo implica la forza di mettere in campo tutte le condizioni per attrarre non solo capitali, ma anche talenti e progetti imprenditoriali in città con stili di vita competitivi a livello internazionale. Ma soprattutto occorre un nuovo modello di partnership pubblico-privato che non si basi sulle regole dell’anticorruzione, ma su un nuovo patto di fiducia tra istituzioni, cittadini e imprese. Un patto che consenta allo Stato di mettere in campo in modo efficace risorse e investimenti e ai privati di vedere i loro sforzi e le loro competenze premiati da risultati brillanti nei mercati internazionali. Con questo nuovo modello il ruolo dello Stato non sarà quello dell’Imprenditore e nemmeno esclusivamente quello del regolatore. Ma sarà uno Stato che agirà come un orchestratore che conosce approfonditamente gli strumenti dell’orchestra economica e sociale ed è in grado di scrivere la miglior musica per farli suonare armoniosamente. Uno Stato orchestratore che dovrà mettere insieme le note rappresentate da politiche dei fattori, scelte strategiche e sforzi di trasformazione e riconversione per portare il sistema industriale italiano verso un nuovo disegno. Un disegno che non può essere il risultato di una distribuzione ampia e a pioggia di incentivi, defiscalizzazioni, contributi economici e prebende varie, ma solamente il risultato di un progetto per il futuro che ora che l’intero assetto politico ed economico globale si sta riconfigurando è più urgente che mai. 8/6/2020

28 Maggio 2020

GROW Data Girls – The challenge of Philip Morris Italia for Luiss Business School

  “How to sustain consumer retention?” is the theme of the challenge of Philip Morris Italia for Luiss Business School’s students, within the Data Girls initiative. Data Girls of GROW – Generating Real Opportunities for Women, is a project established with the aim to support young women interested in seizing the opportunity offered from data management and the digital world. An ambitious project which involves important companies, institutions and organizations participating as project sponsors and who want to accompany and improve the Digital Transformation process. Amit Zenou, student of the Master in International Management, tells about her experience in participating in this project. «In my team’s case, we were handed the opportunity to work alongside Phillip Morris Italia in their efforts to increase the community bonding of their latest technology, the ultimate tobacco heating system IQOS. In essence, PMI'S IQOS product has revolutionized the tobacco industry as we know it. Integrating modern technology, the heart of the IQOS product contains two decades worth of research and development. To be honest, it wasn't until we were asked to sign a non-disclosure agreement before the Project Launch at the IQOS Embassy here in Rome that I realize the journey I was about to embark on. During the event, the participants were educated on the IQOS product and networked with appointed representatives of Phillip Morris, Luiss Business School and IBM. While we were provided confidential insights by all three representatives, what really stood out during the launch was the following statement made by one PMI representative: "What we want you all to remember as you conduct your research is that, with IQOS, the main message we are trying to convey to adult smokers is that the product is a valid alternative to cigarette. In doing so, we try to convey a sense of belonging, a brand-new experience on such a historical habit. Incorporate all five senses, we want to continue to enhance our community with a new IQOS experience. How? Well, that's up to you to decide…"  When the teams were further educated on the product's success in the Italian market, it became abundantly clear that multiple challenges are impacting the future of the product. With low awareness of the product's loyalty program and unknown understandings of the IQOS legal age users, PMI understood that a change must be done within the IQOS Community… and that it was up to the teams to come up with the answer that will eventually be considered a "win-win" scenario for all parties involved. Our team consisted of nine members: eight women and one man. The various disciplines played a significant role in the formulation of our team’s final solution. The team consisted of inputs of those with interests in pursuing managerial master's degrees in subjects such as energy, fashion & luxury, tourism and digital ecosystems. Amongst the team, seven of the group members were Italian from various regions, and two were international students; one being from Croatia and another being from the United States. Well, to be more exact, I, the American, was assigned the role of team leader. Knowing the significance of the position, I realized that my job was going to be a bit more challenging due to my diverse American background that differs from the majority of my peers. New to the Italian scene, every day was a brand-new learning experience as I made my way through my master’s program and my version of the “dolce vita”. Experiencing the Italian culture firsthand opened up my eyes to a whole new world, especially when it came to be grasping the Italian approach of soft-skills development and emotional intelligence. So, when it came time to learn more about my fellow team members, I decided to host an Italian-style aperitivo at my house just like the representatives of PMI did at the Project Launch. In this way, the team was able to bond personally over Italian wine and cheeses, while formulating a strategic plan for the next few months. But if there is anything that I have learned about leadership during this experience is that leadership has no language, and that it is fundamentally a motivation and significant focusing practice. In the following meetings, our team discussed our findings, our understanding and concerns, and possible candidate solutions to strengthening the IQOS's community while respecting PMI’s objectives, goals and corporate values. Throughout our research, my team and I realized that we were facing a real challenge beyond the product itself. Understanding the relevance of technology and society's ongoing desires, it dawned on us that the challenges faced by PMI belong to many more entities than we have ever imagined. Considering the additional issues that include legality of the tobacco industry and information asymmetry, our team needed to find a common denominator that will transform our understanding of what it takes to strengthen a community, let alone one of this complexity. Talk about a challenge! Just as I thought that our complications couldn't have worsen, we, along with the rest of the world, were hit with the biggest challenge: the COVID-19 pandemic. It was then that the team decided to create its own questionnaire (in both Italian and English) that would allow us to learn more about the consumers' perception of the IQOS product and the awareness of the Loyalty Program while respecting the unusual circumstances. In hindsight, this decision turned out to be the turning point of our project as it became one of the main pillars of our research. In light of our new normal, the team understood that a major adjustment had to be made. Communicating through WebEx and Skype, our team continued to work well in line with coordination and pointed discussions. We decided to distribute the questionnaire electronically to further support our hypotheses and pending research. In addition to our initial solutions, we were able to learn more about the IQOS Community and discover a new solution that incorporates a rebate program for local tobacconists, an overlooked member of the IQOS community. Consequently, the questionnaire unveiled that the importance of thoroughly understanding the community's self-identity and critical players are fundamental when enhancing community bonding of any kind, especially one just like the IQOS Community. Lastly, with this new understanding in mind, our main focus was to integrate the reasons why those who actively choose to participate in the IQOS Community and attract new potential legal age users. Winning the semi-finals recognized not only our solutions presented to PMI, but also awarding the newly developed revelation from the perspective of prospective, motivated and passionate female managers. The excitement that soared within the team was one that I simply will never forget, and that later transformed into the final push we needed for the upcoming finals on May 28th. Upon reflection, I can now understand that the decision to participate in a talent program while attempting to complete a one-year master's degree is one that can raise an eyebrow… or two. Looking back on the experience my team and I have endured together, the decision to participate in Luiss Business School's GROW project will be cherished and valued in full confidence. Not only for the multiple opportunities presented from Luiss Business School, Phillip Morris & IBM, but for the connections that were made, the lessons that were learned, and the experiences that allowed us to grow into the women (and man) we have become as a result. By definition, the composition of a community revolves around the solid foundation of the individuals who inhabit that community. While differences will arise, the growth that took place within our team not only required our ability to work in a team, but also the careful understanding of each and every team member's emotional intelligence. A lesson that our advanced and globalized society tends to forget at times, our younger generations must remind those who proceed us such valuable lesson, especially during the complicated times we are currently facing. Every adventure has its ups and downs, but if one never tries to face their fears and conquer their dreams, how can we expect others to do the same for our community? As members of our modern world, we must remember that while the future remains uncertain, we individuals are, in fact, the variables that are not temporary. In our eyes and with our proud team spirit, I strongly believe that the takeaways we have provided to PMI can also be taken for ourselves ones that will forever drive us in our future careers, just like it did during our GROW project». 28/5/2020

28 Maggio 2020

Data Girls – La challenge di Infoblu per le studentesse Luiss Business School

  Data Monetization è il tema della challenge di Infoblu, partner di Data Girls, il progetto della Luiss Business School nell’ambito di GROW – Generating Real Opportunities for Women, per le studentesse dei master. Data Girls, giunto alla IV edizione, è un’iniziativa nata per potenziare le competenze di Data Analytics delle studentesse e supportarle nel cogliere tutte le opportunità di crescita personale e professionale offerte dalla gestione dei dati e dal mondo digitale. La challenge di Infoblu si articola in diverse fasi: comprendere i dati utilizzando la piattaforma Watson, messa a disposizione da IBM, partner tecnico di Data Girls; rielaborarli per estrarre i cluster; interpretare i cluster per identificare tipologie di viaggiatori; elaborare una proposta per Infoblu, allo scopo di trarre vantaggio economico/competitivo in maniera innovativa Gabriella Di Benedetto, studentessa del Master in Marketing Management, ha condiviso la sua testimonianza sul progetto sviluppato dal team di cui fa parte, per rispondere alla challenge. «Sin dall’inizio il nostro team si è orientato verso la sostenibilità. Oltre ad essere uno degli argomenti più discussi e sensibili del momento, abbiamo pensato che forse nessuno più di una realtà come Infoblu potesse disporre di dati di primaria importanza per monitorare e ridurre l’inquinamento stradale. Dalla nostra analisi dati è emerso che il segmento di viaggiatori stradali che causa più traffico – e quindi inquinamento – è quello dei viaggiatori che si spostano da una città all'altra della stessa provincia. Il dato è diffuso in maniera omogenea in tutte le regioni. Abbiamo quindi proposto di attivare un’iniziativa di cause-related marketing per abbattere i rallentamenti negli spostamenti. Come destinatari della partnership abbiamo proposto sia le regioni, per implementare metodi di trasporto alternativi in zone poco collegate, sia le Ferrovie dello Stato, per attivare promozioni dedicate alle tratte in questione, negli orari di punta. Per colmare gli ultimi km una volta arrivati alla stazione di destinazione, abbiamo proposto di estendere la collaborazione a ShareNow o Enjoy o ancora gli autonoleggi, che stanno integrando auto elettriche nella propria flotta. Si tratterebbe dunque di una soluzione win-win per: Infoblu che monetizzerebbe sulle località in cui investire in base ai dati; per Ferrovie dello Stato e per le realtà di car sharing che insieme potrebbero contribuire a ridurre il traffico e trarre vantaggio economico; per il viaggiatore fuori città che si vedrebbe più ascoltato, seguito e rappresentato in offerte di cui ha realmente bisogno. Il secondo segmento più inquinante dopo i fuori città rimane comunque quello che abbiamo identificato come “Gli Urbani”, cioè coloro che impiegano oltre 20 minuti per percorrere distanze minime di circa 6 km interamente in città. Un fattore che si tende a trascurare come protagonista della creazione di traffico è la quantità di tempo e benzina utilizzati a cercare un posto auto. Da qui nasce la nostra seconda proposta per Infoblu, ovvero, di considerare lo sviluppo di un’app, che segnali posti auto liberi grazie ai dati emessi dalle scatole nere nelle auto e dal GPS attivo sul telefono. A supporto delle nostre due solution, abbiamo lanciato due sondaggi in diverse regioni d’Italia: il primo sul desiderio di disporre di metodi alternativi di trasporto laddove non esistano, il secondo sulla possibilità di avere un’app che ottimizzi i tempi per cercare parcheggio. In entrambi casi i risultati del sondaggio hanno confermato che le nostre proposte incontrano desideri condivisi. Quando la challenge ci fu presentata, ognuna di noi ha riscontrato difficoltà nel comprendere appieno la sfida e, soprattutto, nel riuscire a trovare una chiave di lettura. È stato grazie al lavoro di gruppo, alla condivisione delle difficoltà e delle abilità trasversali di ognuna di noi, che siamo riuscite, finalmente, a leggere la sfida con occhi diversi. Non eravamo più Melissa, Ginevra, Gabriella, Martina, Beatrice, Eleonora, Gemma, Claudia e Giulia, ma siamo diventate un'unica persona». 28/5/2020

28 Maggio 2020

Data Girls – La challenge di Italgas per le studentesse Luiss Business School

  Prevedere le assenze dei clienti finali è il tema della challenge di Italgas, partner di Data Girls, il progetto della Luiss Business School nato nell’ambito di GROW – Generating Real Opportunities for Women, per le studentesse dei master. Data Girls, giunta alla IV edizione, è un’iniziativa nata per potenziare le competenze di Data Analytics delle studentesse e supportarle nel cogliere tutte le opportunità di crescita personale e professionale offerte dalla gestione dei dati e dal mondo digitale. La challenge di Italgas ha sfidato le studentesse a risolvere un problema per l’azienda laddove, nell'eseguire gli interventi di sostituzione dei contatori tradizionali, nel periodo analizzato, solo 45-50% di questi è andato a buon fine al primo tentativo, principalmente a causa dell’assenza del cliente finale. Le studentesse sono state sfidate a individuare una possibile azione preventiva per rispondere a tale fenomeno. Le studentesse hanno avuto a disposizione un database storico sui tentativi di intervento per la sostituzione dei contatori, da analizzare e incrociare con dati esterni di diversa natura per testare correlazioni e modelli predittivi. Punto di partenza del team composto da Vittorio Ciasullo, Sara Coccioloni, Martina La Valle, Francesca Massi, Federica Pro, Roberta Ricciardello, Barbara Sgorno e Anna Tripodi, è stato analizzare la comunicazione da parte di Italgas agli utenti, allo scopo di migliorarla per rendere i contenuti più comprensibili e il messaggio più immediato. Il passo successivo è stato elaborare un modello di brochure informativa che accompagni la prima comunicazione inviata dall’azienda, che abbia funzione esplicativa dei vantaggi dell’operazione di sostituzione e sia di facile consultazione. La brochure è stata sviluppata in modo da essere adattabile alla visualizzazione su piattaforme digitali. I contenuti e le caratteristiche della brochure sono stati individuati sulla base dell’analisi dei dati ISTAT, partner tecnico di Data Girls, e Italgas, con l’utilizzo delle piattaforme IBM, partner tecnico di Data Girls. Tra i dati più rilevanti sono emersi: l’attenzione alla sicurezza e il livello di fiducia da parte degli utenti nei confronti del programma di sostituzione dei contatori; l’analisi sul territorio per fascia di età, che ha evidenziato come le persone sole rappresentino un segmento consistente della popolazione nazionale; la composizione dei nuclei familiari, che evidenziato come il numero delle famiglie mono genitoriali in Italia risulta essere del 10%. Per il team: «Partecipare a questa challenge è stata una grandissima opportunità sotto molti aspetti, infatti abbiamo: Conosciuto la realtà aziendale di Italgas attraverso lo studio di uno dei suoi progetti di digitalizzazione della rete più importanti; Imparato a usare piattaforme di analisi di dati fornite da IBM e ISTAT; Elaborato la challenge con il supporto di un team di esperti e la guida di un tutor aziendale; Lavorato in un gruppo molto diversificato, imparando a usare i punti di forza e di debolezza di ognuno; Adattato il nostro lavoro a una modalità remota». 28/5/2020

23 Maggio 2020

Sviluppare la resilienza per fronteggiare il cigno nero

  Articolo di Paolo Boccardelli, direttore Luiss Business School, pubblicato su Harvard Business Review Italia Il Covid-19 non ha risparmiato nessuno: dagli effetti macroeconomici, legati al taglio delle stime sul Pil e al calo dell'indice della produzione e delle esportazioni, alle conseguenze sul mercato dei capitali, con importanti ricadute in termini di rendimenti finanziari, a seconda che la durata della crisi si stimi limitata oppure molto lunga. A mano a mano, il nemico invisibile ha assunto i tratti del “cigno nero” descritto dal filosofo Nassim Nicholas Taleb: una discontinuità in natura, un evento non previsto né facilmente prevedibile, delineato da tratti poco chiari ex ante, ma da effetti chiaramente osservabili ex post. E se è ormai conosciuto il comportamento di persone e organizzazioni in tempi di tranquillità o stabilità, è invece poco chiara la loro reazione in tempi di crisi e incertezza. Quel che è certo è che la conseguenza immediata della pandemia in atto è caratterizzata da un’ulteriore accelerazione del processo di riconversione di competenze e skill del capitale umano. Nel 2018, il report del World Economic Forum, dedicato alle professioni del futuro, stimava che entro il 2022 per oltre il 54% dei dipendenti sarebbe stato richiesto un significativo processo di re-skilling e up-skilling. Tale orizzonte temporale si è decisamente ridotto, a seguito della rapida diffusione Covid-19 che ha forzato imprese e lavoratori nel riassetto delle proprie capacità. E altrettanto rapidi sono i ritmi con cui passeremo dalla società post-industriale a quella digitale e infine alla data-driven society, senza avere tutto il tempo che avremmo voluto concedere a operai, colletti bianchi, professionisti, dirigenti, docenti e cittadini di abituarsi alla società di big data e intelligenza artificiale. Se fino a poco tempo fa gran parte delle organizzazioni aveva semplicemente realizzato una migrazione dei processi da strumenti analogici a strumenti digitali, la sperimentazione dello smart-working e del telelavoro permetteranno di ridefinire il modello di business in una logica digitale. Al tempo stesso, sarà richiesto l’intervento delle istituzioni per risolvere temi chiave quali la privacy, la protezione dei dati, la cybersecurity, e il valore e la proprietà intellettuale nell’economia digitale. Sarà, quindi, proprio il digitale l’abilitatore del processo di trasformazione, capace di illuminare il tunnel dell’economia “affetta da coronavirus”. Il supporto alla formazione del capitale umano dovrà essere accelerato e indirizzato soprattutto verso l’adattamento e la flessibilità degli individui, lo sviluppo di competenze tecnologiche, la creatività, l’innovazione, l’emotional intelligence e la gestione dei dati. I dipendenti, comunque, dovranno abituarsi a lavorare più spesso da remoto, in modalità virtuale, senza tuttavia subire una totale alienazione tecnologica, ma anzi mantenendo al primo posto l’interazione con i propri colleghi e dimostrando di agire secondo responsabilità. I lavoratori dovranno anche acquisire nuove competenze; infatti, si stima che il 14% della forza lavoro globale dovrà cambiare professione o, in alternativa, acquisire nuove skill entro il 2030. Laddove non esistano competenze idonee ad assicurare la continuità delle attività e del business e a gestire e mitigare tutti i rischi, appare necessario provare a fornire un supporto attraverso le istituzioni e le associazioni imprenditoriali che, grazie ai servizi ai loro associati, possono garantire un accesso a risorse, capability e attività specializzate. D’altra parte, le organizzazioni dovranno mostrarsi in grado di valutare i rischi e di pianificare possibili scenari di evoluzione della crisi; ancora, in grado di garantire un monitoraggio costante dei fenomeni chiave, evidenziandone gli effetti sul modello di ricavo, sulla struttura dei costi e sulla continuità operativa. Infine, la gestione su base giornaliera della crisi, insieme alla creazione di task force e comitati inter funzionali che possano gestire le relazioni con stakeholder interni ed esterni e allineare tutti sugli obiettivi, consentiranno di sviluppare resilienza nei sistemi e nei modelli di business. Sviluppare la resilienza, infatti, implica dotare il modello di business di strumenti di flessibilità sul lato dei ricavi e sulla struttura dei costi, in grado di assorbire significative variazioni ed elevati tassi di volatilità sul lato sia della domanda sia dell’offerta. In questo modo, la continuità operativa (produzione, infrastruttura tecnologica e digitale, logistica) e la continuità del business (liquidità, capacità di finanziamento e cash flow a sostegno del debito, andamento dei ricavi) saranno salvaguardate, con la consapevolezza però che nuovi cigni neri potranno sconvolgere in futuro gli esistenti equilibri. 23/5/2020

20 Aprile 2020

Negli ultimi 16 anni in crescita l’età media di Presidenti e AD delle società quotate

Alla vigilia delle nomine delle partecipate pubbliche, Luiss Business School ha analizzato l’età media di presidenti e amministratori delegati delle prime 40 aziende italiane quotate presenti nell’indice FTSE Mib dal 2003 – anno della costituzione dell’indice - a oggi. dal 2003 al 2019 l’età media dei presidenti è passata da 60,6 a 62,5 anni, quella degli amministratori delegati da 52,6 a 56,3 anni ed è oggi in linea con la media dei primi 16 Paesi al mondo.   L’innalzamento dell’età media dei vertici aziendali è un trend internazionale: riflette il consolidamento di esperienza dei top manager e l’allungamento dei periodi al vertice, che a livello globale è pari a 6 anni.  Per garantire il prossimo ricambio generazionale ed essere più vicini alle nuove generazioni di lavoratori e consumatori, è necessario investire per formare la classe dirigente del futuro.  Nel 2003 l’età media dei presidenti era di 60,6 anni, quella dei CEO di 52,6. Per quanto riguarda i diversi settori, nel comparto finanziario l’età media dei presidenti (61,5 anni) era superiore a quella generale, mentre quella dei CEO (48,7 anni) era decisamente inferiore, grazie soprattutto alla presenza nel comparto di Matteo Arpe, all’epoca appena 39enne. Analogamente, nel settore dei servizi e dell’energia, l’età media dei presidenti era pari a 58,7 anni, mentre i CEO erano allineati alla media generale con un dato pari a 52,7 anni. Infine, nel comparto industriale, l’età media dei presidenti era di 63 anni, mentre quella degli amministratori delegati di 54,9. A distanza di oltre 15 anni, l’età media dei presidenti delle società del FTSE Mib è salita a 62,5 anni, mentre quella dei CEO è cresciuta a 56,3 anni, dato in linea con i trend internazionali: secondo lo studio “Global Route to the Top 2019”*, infatti, l’età media degli amministratori delegati nei principali sedici Paesi internazionali è di 56 anni. Nel comparto dei servizi e delle utility l’età media dei presidenti è cresciuta a 65,9 anni e quella degli amministratori delegati a 56,6. Nel mondo finanziario, a inizio 2020, l’età media dei CEO è in aumento a 54,4 anni ed è in crescita anche l’età media dei presidenti, attestatasi a 62,9 anni. Nel settore industriale e dei prodotti, l’età media degli amministratori delegati risulta in salita a 57,7 anni, mentre quella dei presidenti mostra una riduzione a 58,9 anni. “L’innalzamento dell’età media dei vertici aziendali è un trend che si riscontra a livello internazionale e riflette il consolidamento di esperienza dei top manager e l’allungamento dei periodi al vertice, che a livello internazionale è pari a 6 anni”, ha commentato Paolo Boccardelli, Direttore della Luiss Business School. “Il punto di attenzione è rappresentato dalla necessità di pensare al prossimo ricambio generazionale e per questo è necessario investire nella formazione della classe dirigente del futuro con l’obiettivo di aiutare i manager a cogliere le sfide della trasformazione digitale e della globalizzazione. In un mondo del lavoro in profonda trasformazione, inoltre, risulta fondamentale che i manager sappiano colmare il gap che li separa dalle nuove generazioni, che pensano e agiscono secondo schemi e modelli differenti rispetto al passato”. Merita di essere evidenziato come il trend di aumento dell’età media sia risultato costante in tutto il periodo considerato dall’analisi di Luiss Business School. Guardando ai soli amministratori delegati delle società del FTSE Mib, infatti, l’età media generale è cresciuta dai 52,6 anni del 2003 a 54,2 anni nel 2006, 55,1 anni nel 2009, 55,4 anni nel 2012, si è mantenuta a 55 anni nel 2015 per poi ricrescere al dato di 56,3 anni di inizio 2020. Dall’analisi dei dati emerge inoltre che, alla data di aprile 2020, non vi sono amministratori delegati “under 40” all’interno del FTSE Mib (erano tre nel 2003) e che, nel complesso, sono 6 gli “under 50”; di converso, vi è un caso di amministratore delegato “over 70”. Fra i presidenti, invece, vi sono due “over 80” e dieci “over 70”, a fronte di nessun “under 40”.   Dal punto di vista della “gender diversity”, nonostante le iniziative legislative messe in atto che hanno portato a un ampliamento del numero di donne nei consigli di amministrazione, la fotografia è solo leggermente mutata rispetto al 2003, quando nessuna donna sedeva sulla poltrona di CEO: nel 2019 si registra una sola donna CEO, Micaela Le Divelec Lemmi di Salvatore Ferragamo. Diverso il caso per il ruolo di presidente, dove, a fronte di nessuna evenienza registrata nel 2013, nel 2019 erano invece otto le donne a ricoprire questa carica, con una età media di 61,6 anni. RASSEGNA STAMPA  Corriere della Sera, Ad delle aziende quotate: nessun under 40, solo una donna. L’età media? 56,3 anni, di Giuliana Ferraino, 18 aprile 2020 Forbes.it, Top manager al vertice sempre più tardi, studio Luiss, 19 aprile 2020 Business People, Borsa: giovani manager al comando? In Italia una chimera, 20 aprile 2020 20/04/2020 

09 Aprile 2020

Smart working e innovazione contro il coronavirus

Le considerazioni di #ItaliaSmart,  virtual panel organizzato da Cdp - Cassa depositi e prestiti con Luiss Business School: oggi su DigitEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 ore   Con l'emergenza Covid-19 per la prima volta lo smart working è diventato all'improvviso una necessità e una priorità per tutelare la salute delle persone, il lavoro e i servizi. Dall'oggi al domani aziende e Pubbliche Amministrazioni sono state chiamate a realizzare questa trasformazione, quando, solo fino a qualche settimana prima, il lavoro agile era parte di un processo più ampio di digitalizzazione del lavoro che procedeva a passo non così spedito. Questa accelerazione senza precedenti ha dimostrato che, se nel dopo Covid-19 niente sarà più come prima, ciò è ancora più vero se si pensa al mondo del lavoro e dell'innovazione: è questa la considerazione di fondo che ha animato #ItaliaSmart, il virtual panel organizzato da Cdp – Cassa depositi e prestiti in collaborazione con Luiss Business School, Talent Garden e P4I – Partners4Innovation, che si è tenuto lo scorso primo aprile. A fare il punto sulle nuove tecnologie che stanno trasformando la società, sullo smart working e sulle nuove competenze che saranno richieste nel futuro sono stati, assieme alla ministra per l'Innovazione tecnologica e la digitalizzazione Paola Pisano, Maurizio Di Fonzo, chief people and organization officer di Cdp, Paolo Boccardelli, direttore della Luiss Business School, Mariano Corso, direttore scientifico di P4I, Davide Dattoli, ceo e co-founder di Talent Garden e Monica Parrella, direttrice generale del personale del Ministero dell'economia e delle finanze.   «In Cdp eravamo abituati a qualche centinaia di persone che facevano un giorno di lavoro agile a settimana: dall'oggi al domani siamo passati al 100% e più di 2.000 persone in smart working», ha spiegato Di Fonzo. «Video e call sono aumentati del 1.700% rispetto a febbraio, i messaggi scambiati nelle chat sono cresciuti del 1.100%: se lo avessimo programmato, ci avremmo messo qualche mese». Dattoli ha aggiunto che non bastano solo i dati per ricavare una fotografia del cambiamento in atto: «La sfida è cambiare le regole del gioco. Soltanto uno shock di questo tipo è riuscito a dimostrarci che come facevamo prima era un retaggio del "si è sempre fatto così": abbiamo fatto un passo avanti di dieci anni, ma senza essere preparati. Oggi più che mai è quindi fondamentale la capacità di reazione: in questo momento non servono piani triennali, ma a 30 giorni». Proprio per reagire a un evento dagli effetti difficilmente prevedibili, un vero e proprio cigno nero, «le imprese cominceranno a ragionare sui modelli di business più resilienti», ha detto Paolo Boccardelli. «In questo contesto il digitale ha subito una grande accelerazione intraprendendo una strada senza ritorno. In futuro aumenterà ulteriormente la domanda di skill digitali e quindi la necessità di accelerare la trasformazione di competenze e professionalità. Parallelamente, andranno affrontati e risolti i nodi in tema di privacy e di regolamentazione di questi mercati». Anche per Mariano Corso «questo è il momento di esagerare con la formazione, perché le persone non si sentano lasciate allo sbaraglio» e siano pronte a gestire la «fase 2, che definirei di normalizzazione: cerchiamo di applicare più in profondità i principi fondanti dello smart working e poniamo le basi non soltanto di una seconda fase emergenziale». «Se siamo riusciti in pochissimo tempo in oltre 8.000 persone a lavorare a distanza al Ministero, vuol dire che gli strumenti tecnologici esistevano già», ha chiosato Monica Parrella, per la quale il fabbisogno di competenze manageriali pesa più delle infrastrutture. Punto di partenza, per la manager, è accettare che «il presidio fisico del dirigente è il contrario della leadership. Altro tema è quello delle soft skills: nei concorsi della pubblica amministrazione non è prevista alcuna domanda sulla motivazione» e oggi i dirigenti si rendono conto che la capacità di rapporto umano soprattutto a distanza «ha importanza notevolissima, su cui concentrarsi sia in fase di formazione sia di condivisione di buone pratiche». Proseguono intanto anche i "Webinar series" di Luiss Business School: dopo Marco Patuano e Maximo Ibarra, prossimi protagonisti sul sito della Scuola saranno il 16 aprile alle 18:30 Marco Sesana, amministratore delegato di Generali Italia, il 22 Luigi De Vecchi, chairman of Continental Europe for corporate and investment Banking di Citi, e il 29 Marco Morelli, amministratore delegato uscente di Mps. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 9/4/2020 

27 Marzo 2020

Al via gli incontri on line con i protagonisti dell'economia della Luiss Business School

L'avvio con Marco Patuano, senior advisor di  Nomura Dopo aver avviato sin dal primo giorno la didattica sincrona digitale,  grazie alla piattaforma Webex di Cisco, Luiss Business School lancia oggi  i Webinar Series, un ciclo di incontri online con i protagonisti dell'economia, della finanza e del lavoro per approfondire gli impatti di lungo periodo che l'emergenza Covid-19 avrà sulle imprese e la loro gestione da un lato e sulla vita dei singoli dall'altro. Primo ospite degli incontri  ospitati su una piattaforma accessibile dal sito businessschool.luiss.it è stato Marco Patuano, senior advisor di Nomura, già amministratore delegato di Tim e della holding Edizione, che discuterà fra le altre cose di investimenti, sia dal punto di vista delle aziende che di gestione del portafoglio personale in un momento in cui la volatilità sui mercati è particolarmente alta. La formula live streaming permette di reinventare gli incontri di formazione dedicati a professionisti e imprese, facilitando la comprensione e l'interpretazione di uno scenario nuovo e in costante cambiamento, grazie a un linguaggio accessibile e all'interazione diretta con gli ospiti. Il secondo appuntamento sarà invece il 3 aprile, sempre alle 18.30, con Stefano Donnarumma, amministratore delegato di Acea, mentre l'8 aprile sarà protagonista Maximo Ibarra, alla guida di Sky Italia, e dopo Pasqua, il 22, Luigi de Vecchi, al vertice di Citi in Europa. A inizio aprile, Luiss Business School lancerà inoltre Flex, un nuovo programma flessibile e adattabile sia alle esigenze personali che agli impegni professionali, attraverso una modalità di erogazione digitale, che prevede il 90% delle lezioni in distance learning e attività di networking in presenza, una volta terminato il lockdown. Il programma prevederà sia lezioni in modalità sincrona che videopillole per una più completa fruizione ed esperienza. Da sempre il digitale è nel DNA della Business School: prima ancora dell’emergenza sanitaria, la scuola aveva messo a disposizione degli studenti una piattaforma di microlearning, che nelle ultime settimane si è consolidata con la didattica sincrona in diretta. A oggi, a circa 1.250 studenti della Business School (7.000 a livello di tutta Luiss) sono state erogate complessivamente oltre 4 milioni di ore di lezioni in diretta su Webex, raggiungendo così i principali Paesi di provenienza degli studenti, fra cui Cina, Spagna, Germania e Stati Uniti. Alla didattica digitale si è convertita settimana scorsa anche la recentemente acquisita Amsterdam Fashion Acadamy in Olanda, dove le restrizioni sono state adottate più tardi che in Italia. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO E LEGGI L'INTERVISTA 27/03/2020 

09 Marzo 2020

Intesa - UBI e il caso Lombardia. Tre domande sul futuro del credito

Commento di Raffaele Oriani, Associate Dean Luiss Business School, pubblicato su Affari & Finanza L’offerta pubblica di scambio lanciata da Intesa Sanpaolo su UBI arriva in un momento senza dubbio complesso per il settore bancario italiano, soggetto, da un lato, a forti pressioni sulla redditività e, dall’altro, alle sfide poste dall’innovazione digitale, con il numero di sportelli sul territorio nazionale che si è ridotto del 15% negli ultimi 3 anni. La più recente analisi di KPMG sulle semestrali dei gruppi bancari italiani mette in luce nel primo semestre del 2019 una riduzione de 4,5% del margine di interesse e del 5,4% delle commissioni nette. Si pone con forza oggi la necessità di modificare i business model, con particolare riguardo alle fonti dei ricavi, alla razionalizzazione dei costi e all’impatto delle tecnologie digitali. Un recente report di S&P mostra che ancora oggi il margine di interesse rappresenta circa il 50% dei ricavi delle banche italiane e che la penetrazione dell’online banking in Italia, attestandosi al di sotto del 50%, è più bassa rispetto a quella della maggior parte degli altri Paesi europei. In un tale contesto, l’annunciata operazione è particolarmente significativa perché coinvolge due tra le prime cinque banche in termini di presenza territoriale. A livello nazionale, l’operazione porterebbe alla nascita di un gruppo bancario che avrebbe circa il 20% degli sportelli, al netto di quelli che è previsto vengano ceduti a BPER e senza considerare ulteriori possibili razionalizzazioni della rete. La situazione, tuttavia, a prescindere dalle considerazioni che gli azionisti delle due banche vorranno fare, si presta a diverse valutazioni nel momento in cui, guardando ai dati di Banca d’Italia, si analizzano le quote di mercato degli sportelli a livello regionale, dove si registra una significativa eterogeneità. In alcune regioni, come Trentino, Veneto, Sardegna e Sicilia, la presenza di UBI è molto limitata e non vi sarebbero, dunque, conseguenze rilevanti in termini di competizione. In altre regioni, come ad esempio Lazio e Toscana, gli sportelli di UBI rappresentano una quota compresa tra il 5 e il 6% del totale, divenendo una ragionevole opzione di espansione per Intesa. Ci sono, tuttavia, alcune Regioni, come Lombardia, Calabria e Puglia, dove UBI e Intesa avrebbero complessivamente più del 25 % degli sportelli, mentre nelle Marche si arriverebbe fino al 40%. Non a caso, l’Offerta di Intesa prevede, per ora a titolo indicativo, una più significativa cessione di sportelli in alcune di queste regioni a BPER, che in Sardegna, caso simile, ha il 60% del mercato. Inoltre, è proprio in tali regioni, e in particolare in Lombardia dove Intesa ed UBI hanno una presenza molto simile (rispettivamente il 13,8% e il 12,8% degli sportelli), che sarebbe più probabile assistere, nella eventuale fase di integrazione, a una maggiore riduzione del numero delle filiali. A valle dell’eventuale esito positivo dell’operazione complessiva, sarà quindi necessario rivalutare la situazione concorrenziale. Come potrebbe cambiare dunque la competizione nel sistema bancario italiano? Ci sono alcuni aspetti rilevanti che andrebbero considerati per rispondere a questa domanda. In primo luogo, vi è ancora spazio in Italia per ulteriori operazioni di concentrazione. I dati forniti dalla BCE ci dicono che gli asset delle prime banche italiane rappresentavano nel 2018 il 45,6% del totale. Questo dato è in linea con quello francese (47,8%), ma è significativamente inferiore a quello della Spagna, dove le cinque banche più grandi detengono il 68,5% delle attività. Tuttavia, l’analisi della concorrenza va effettuata anche a livello regionale. In alcune regioni esiste ancora una quota di mercato contestabile – si pensi alla Puglia o alla Liguria, dove le situazioni della Banca Popolare di Bari e di Carige potrebbero favorire eventuali aggregazioni - mentre in altre il mercato è già sufficientemente concentrato. Ulteriori fusioni in queste aree non potrebbero che portare a un’accelerazione del taglio degli sportelli. Occorre, dunque, valutare con attenzione se, al fine di garantire crescita dimensionale e miglioramento della redditività, non sia preferibile privilegiare operazioni di acquisizione di operatori bancari all’estero, possibilmente in mercati con tassi di crescita più interessanti. Un secondo tema riguarda gli effetti sul sistema del credito. La citata analisi di KPMG mostra una crescita sostanzialmente nulla dei crediti verso la clientela da parte delle banche italiane. La domanda che quindi ci si dovrebbe porre è se il consolidamento di due tra i maggiori operatori bancari nel mercato italiano, con la conseguente probabile riorganizzazione territoriale che ne conseguirà, possa generare effetti sulla disponibilità di credito alle imprese, soprattutto di piccole dimensioni. Il terzo aspetto riguarda gli obiettivi delle operazioni. Ulteriori concentrazioni avranno senso solo se in grado di incidere in modo efficace sui business model e sulle leve di creazione del valore, consentendo un rafforzamento nelle aree di business a più elevata marginalità (ad esempio, private banking e wealth management) e favorendo gli investimenti nell’innovazione digitale, con una particolare attenzione ai servizi di pagamento, che oggi offrono le maggiori opportunità di crescita, ma che sono al contempo esposti a forte concorrenza da parte di operatori non bancari. Infine, non è detto che le operazioni nel settore debbano necessariamente essere fusioni orizzontali. Alla luce di quanto discusso sopra, opportunità interessanti potrebbero nascere dall’acquisizione di società fintech che consentano alle banche, da un lato, di offrire in modo innovativo servizi già in portafoglio e, dall’altro, di ampliare la gamma di potenziali prodotti per i propri clienti. Un recente report di Hampleton & Partners evidenzia che nel corso del 2019 a livello globale sono state effettuate 439 acquisizioni di società fintech, per un controvalore di 130 miliardi di dollari, ma che nessuno dei principali acquirenti risulta essere un grande gruppo bancario. Senza dubbio, un punto su cui riflettere. 09/03/2020 

12 Febbraio 2020

Luiss Business School: al via gli incontri “Appunti per l’Interesse Nazionale”

Il primo appuntamento, dedicato alle infrastrutture strategiche, ha visto coinvolti fra gli altri il Direttore Generale del DIS Gennaro Vecchione, il Commissario Consob Paolo Ciocca, il Direttore Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni Nunzia Ciardi, il Presidente del Copasir Raffaele Volpi  Si è tenuto oggi a Villa Blanc il primo appuntamento del ciclo “Appunti per l’Interesse Nazionale”, una serie di incontri promossa da Luiss Business School e Associazione “Davide De Luca – Una vita per l’Intelligence”, che si propone di stimolare una riflessione pubblica attorno al concetto di “interesse nazionale”.  In particolare, l’obiettivo del ciclo di incontri è quello di accrescere la consapevolezza su questo tema strategico per il Paese da parte di donne e uomini impegnati in pubbliche amministrazioni, imprese - pubbliche e private - e nelle libere professioni, contribuendo in tal modo alla costruzione dell’“ecosistema della resilienza nazionale” grazie anche all’apporto delle istituzioni deputate alla sicurezza della Repubblica e dell’accademia. Il primo appuntamento è stato dedicato alla “sicurezza e resilienza delle infrastrutture strategiche” e ha visto la partecipazione del Prefetto Gennaro Vecchione, Direttore Generale Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza, del Generale Francesco Presicce, Capo Ufficio Generale del Capo di Stato Maggiore della Difesa, di Paolo Ciocca, Commissario Consob e Nunzia Ciardi, Direttore Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni. “Il tema della sicurezza nazionale è oggi più che mai cruciale”, ha commentato Paolo Boccardelli, Direttore della Luiss Business School. “I dati e le comunicazioni digitali rappresentano sempre di più il “nuovo petrolio” per aziende e istituzioni: saper gestire e tutelare nel modo più adeguato le infrastrutture su cui avviene la trasmissione dei dati e su cui vengono gestite le comunicazioni strategiche è quindi fondamentale per il futuro del Paese”. Il mondo delle aziende è stato rappresentato da Andrea Peruzy, Presidente e Amministratore Delegato di Acquirente Unico, Nicola Cordone, Amministratore Delegato di SIA e Andrea Quacivi, Amministratore Delegato di Sogei. I lavori sono stati aperti da Gianni Letta, Presidente Onorario Associazione Davide De Luca –Una Vita per l’Intelligence, e da Giovanni Lo Storto, Direttore Generale della Luiss, e conclusi da Raffaele Volpi, Presidente Copasir.  12/02/2020 

04 Febbraio 2020

Il futuro delle professioni nel settore dell’energia sarà sempre più digitale e sostenibile

Il mercato del lavoro italiano non riesce a soddisfare la domanda di profili innovativi che arriva dal comparto energetico. Tra le figure emergenti spiccano Data Scientist e Data Analyst: sono i risultati emersi dalla prima indagine condotta da Luiss Business School per Manpowergroup sull’evoluzione delle competenze nelle imprese energy in Italia    Data Scientist e Data Analyst sono le due professioni emergenti del settore energetico. Social intelligence, circular economy e social media managing fra le competenze su cui le aziende puntano di più. Sono i risultati della ricerca “Traiettorie evolutive e competenze per le imprese Energy” di Luiss Business School e Manpower Group.Il Rapporto è il risultato di un Progetto di ricerca a cui hanno contribuito CEO e HR Director di 11 fra le maggiori aziende che operano nel comparto dell’Energia in Italia. Partendo dai principali trend del settore, sono stati analizzati i cambiamenti soprattutto in termini di strategie e di business model e l’impatto sull’organizzazione e sulle persone, in termini di processi, ruoli, cultura, mindsets, skills e professioni. Le competenze digitali nel settore energia Dall’analisi emerge che le competenze digitali sono diventate fondamentali per le aziende che operano nel settore dell’Energia, insieme alla necessità di sviluppare la cosiddetta “transdisciplinarità”[1], che si integra con il concetto di flessibilità, divenuto chiave per le organizzazioni, le quali lavorano alla costruzione di team agili e di contesti dinamici in cui le singole funzioni non siano isolate.  Dalle interviste sono emerse le seguenti nuove competenze soft e tecniche, che le aziende auspicano di sviluppare, o reclutare, nel futuro: COMPETENZE SOFT COMPETENZE TECNICHE Competenze digitali generali Competenze gestionali Interdisciplinarietà Social intelligence Design mindset Comunicazione digitale e social media Innovazione Imprenditorialità Gestione sistemi complessi Smart Working Apertura a contesti internazionali Analisi e gestione dei dati Intelligenza artificiale Computational thinking Competenze tecniche-economiche trasversali Market intelligence Economia di gestione delle risorse Efficienza energetica Sharing economy Circular economy Cybersecurity Robotica Rispetto alle competenze da acquisire sul mercato, quelle che emergano dall’analisi sono: Skill di economia circolare Data analyst/scientist Technology management Intelligenza artificiale Robotica Energy management Social media managing Dalla ricerca emerge inoltre che i mestieri e le professioni emergenti segnalate nel corso delle interviste condotte sono state: Data Scientist e Data Analyst, seguiti a distanza da Data Architect, Data manager, Esperti di open innovation, Innovation manager, IOT manager, Digital Marketing, UX designer, Scrum master, Esperti di marketing di prodotto, Ingegneri con preparazione digitale, Ingegneri della manutenzione predittiva delle reti e degli impianti, Esperti in ambito ICT e TLC, Esperti di connettività (considerato il tema della trasmissione dei dati e delle infrastrutture) che spesso includono cavi di fibra ottica, Operai specializzati nell’idrico e nell’elettrico, Esperti per la gestione di cantieri internazionali, Economisti con background in ambito energia, Middle manager, Ingegneri idraulici, Chimici, Geologi. In linea generale, alcune aziende affermano di assumere annualmente nuovo personale, inclusi soggetti giovani, riscontrando una maggiore difficoltà nel trovare le figure professionali legate al digitale rispetto alle figure “classiche” (es. ingegneri idraulici, chimici, geologi). Inoltre, alcune aziende acquisiscono dall’esterno anche i top manager, con un livello di anzianità di queste figure che rimane al di sotto di 3 anni di lavoro. Per alcune di queste nuove competenze, l’acquisizione di nuove figure dal mercato non risulta essere l’unica opzione, con le aziende che si sono focalizzate anche sul re-skilling e sull’up skilling del personale a disposizione, riqualificandolo. Inoltre, vi sono casi in cui è stata effettuata un’attività di in-sourcing di personale esterno (es. per i ruoli riguardanti la gestione di pratiche di backoffice, call center e customer care). L’impatto più significativo dei cambiamenti e delle direzioni strategiche su ruoli, mestieri, professioni e competenze è la rivisitazione dei ruoli nell’ottica agile, di cui risentono soprattutto i ruoli manageriali, che vedono potenzialmente modificata la numerosità e le opportunità di carriera e quindi di motivazione, rendendo potenzialmente critica la sostenibilità della performance aziendale nel tempo. Per quanto riguarda i ruoli non manageriali, si è raggruppata l’analisi in tre macro-gruppi: staff: creare un linguaggio comune per una maggior comprensione del business in trasformazione e dall’altra la necessità di un loro efficientamento; tecnici: dall’uso delle nuove tecnologie digitali e dall’analisi dei big data, finalizzati, ad esempio, alla manutenzione di apparati e reti di tipo predittiva grazie ai dati provenienti dalle varie sensoristiche di monitoraggio in uso nelle reti, infrastrutture e impianti commerciali: il digital marketing e la data science sono i temi centrali di impatto   SCENARIO  Il settore dell’energia è centrale nello sviluppo mondiale. È un sistema che pone davanti a numerose scelte dovute alla complessità di gestione della domanda e dell’offerta, alle sfide tecniche ed innovative ed alla forte attenzione alla dimensione sociale ed ambientale: Entro il 2050, 2,5 miliardi di persone usciranno dallo stato di povertà, soprattutto alla luce della crescita dei paesi emergenti. Sul fronte dell’energia ciò porterà ad una crescita di circa 1/3 della domanda globale, specialmente in economie a rapida crescita ed urbanizzazione, come Cina ed India. Questo aumento sarebbe circa doppio se non fosse per l’effetto dell’efficienza energetica e della sostenibilità Il settore power, con la crescente elettrificazione, assorbirà il 70% dell’aumento dell’energia primaria. È in atto una modifica del mix delle fonti, che per il 2040 saranno molto diversificate, approssimabile con la regola del “25%”: un quarto carbone, un quarto oil, un quarto gas e il restante 25% suddiviso tra nucleare e rinnovabili L'uso del carbone è aumentato nel 2017 dopo due anni di declino, ma le decisioni di investimento finali nelle nuove centrali elettriche a carbone sono state ben al di sotto del livello osservato negli ultimi anni e il flusso di nuovi progetti rallenterà dopo il 2020. Tuttavia, è ancora troppo presto per contare il carbone fuori dal mix energetico globale: l'età media di una centrale a carbone in Asia è inferiore a 15 anni, rispetto a circa 40 anni nelle economie avanzate. Le fonti fossili risentono di rischi di accessibilità e affidabilità: mentre i costi di solare, fotovoltaico ed eolico continuano a scendere, i prezzi del petrolio nel 2018 (e per la prima volta dopo 4 anni) sono saliti sopra $80/barile Saranno proprio le rinnovabili, che già attirano 2/3 degli investimenti mondiali a coprire circa il 40% dell’aumento dell’energia primaria. Anche se, pur offrendo basse emissioni a costi contenuti, creano ulteriori requisiti per il funzionamento affidabile dei sistemi di alimentazione È in atto una trasformazione nel fulcro geografico del settore: nel 2000, l'Europa e il Nord America rappresentavano oltre il 40% della domanda energetica globale, e le economie in via di sviluppo in Asia circa il 20%; le aziende Europee erano prime al mondo per capacità installata. Entro il 2040 la situazione sarà invertita, e già ora sei delle prime dieci aziende sono utility cinesi La sostenibilità sarà un elemento chiave, con obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 che richiederanno una vera rottura con i trend del passato. Gli stati membri dell'Unione Europea si sono impegnati collettivamente a ridurre le emissioni di gas serra del 20% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020 e del 40% entro il 2030. Al fine di limitare il riscaldamento globale a 2° C entro il 2040, dovranno essere investiti circa $ 900 miliardi all'anno in impianti di energia rinnovabile e relative reti di trasmissione e distribuzione e $300 miliardi all'anno in energia pulita Il settore registra un elevato livello di disruption tecnologica: entro il 2025, la digitalizzazione consentirà di risparmiare 625 milioni di tonnellate di emissioni CO2 a livello globale. Inoltre, ulteriori disruption sono previste nel breve termine, poiché le infrastrutture divengono più dinamiche, responsive ed interconnesse, a vantaggio anche dei modelli distribuiti e basati sulle comunità di fornitura. I consumatori sono più connessi, e questo comporta la necessità di un approccio di omni-canalità: le aziende garantiscono al cliente un’esperienza integrata e continua, attraverso tutti i touch-point.   METODOLOGIA DI RICERCA  Il progetto di ricerca ha previsto diverse attività, che hanno visto coinvolti docenti e ricercatori della Luiss Business School e CEO, HR Director del settore. La roadmap di progetto si è articolata in 4 fasi distinte, che hanno visto l’avvio di progetto con una analisi desk di alcuni principali report internazionali del settore Energy, che è poi stata integrata con un approfondito round di interviste con esperti di settore e company rappresentative del panel di aziende coinvolte. La ricerca, di natura qualitativa, ha quindi portato alla redazione del presente report dettagliato. Il team ha identificato un panel di 11 aziende operanti nel settore Energy, diverse per scope nella filiera, attività e focus di mercato (settori: Regulated Utilities, International energy players, Oil downstream players, Multi-Utilities e GenCo. Insieme, le imprese sono anche rappresentative delle diverse filiere, ovvero Gas, Power e Oil). Panel Aziende: A2A, ACEA, ENEL, HERA, IREN, ITALGAS, Q8, SARAS, SNAM, TERNA, TIRRENO POWER. Grazie all’eterogeneità del panel, il team ha potuto ampliare l’analisi di scenario e dei modelli di business, delineando un quadro integrale delle dinamiche evolutive e dei fabbisogni di settore. Il team, con la presenza di Manpower, ha intervistato gli interlocutori presso le 11 aziende del panel. Ogni intervista ha avuto una durata media di 60 minuti, seguendo la traccia semi-strutturata condivisa con gli intervistati una settimana prima dell’incontro. [1] Secondo la definizione dell’Unesco, la transdisciplinarità è quello spazio intellettuale dove le connessioni tra diversi argomenti isolati possono essere esplorate e svelate. SCARICA LA RICERCA RASSEGNA STAMPA la Repubblica Affari & Finanza, Nelle utility meno manager e spazio ai "data scientist"  la Repubblica Affari & Finanza, Energia, mancano gli specialisti digitali: aziende in affanno nella caccia ai talenti Corriere della Sera, Lo studio di Luiss e Manpower Il Sole 24 Ore, Energia, il futuro professioni sempre più sostenibile e digitale Ansa, Energia: le professioni del futuro digitali e green Affari Italiani, Energia: Iren, Acea e Q8 puntano su digitale e competenze. Focus sostenibilità CorriereComunicazioni, Energy a caccia di digital skill: data analyst e scientist le più richieste Tiscali News, Lavoro, Manpower: dal digitale una rivoluzione delle competenze GALLERY

28 Gennaio 2020

Al via CDP Academy – Corporate MBA in collaborazione con Luiss Business School

Prende il via CDP Academy – Corporate MBA, il primo progetto di alta formazione aperto ai dipendenti del Gruppo CDP e di otto società partecipate   Rassegna stampa Corriere della Sera, La Stanza dei Bottoni   Ansa, Cdp: master per nuova classe dirigente Sole 24 ore, Cdp forma i manager del futuro in tandem con la Luiss Business School  Il Messaggero, Cdp Academy-Corporate Mba, al via il master per formare i manager del futuro Avvenire, Cdp, master per una nuova classe dirigente Il Giornale, Cdp lancia progetto master con Luiss Milano Finanza, Formazione, al via Cdp Academy Libero, Cdp e Luiss nella formazione Il Secolo XIX, Alta formazione, al via il nuovo master della Cdp CDP Academy – Corporate MBA, presentato dal Presidente di CDP Giovanni Gorno Tempini e dall’Amministratore Delegato Fabrizio Palermo, coinvolge le società del Gruppo CDP e le partecipate Ansaldo Energia, Fincantieri, Italgas, Open Fiber, Poste, SIA, Snam e Terna. Il nuovo master mette a fattor comune le competenze e i percorsi di crescita delle persone e favorisce il dialogo tra le sue eccellenze, in una logica di sistema. Organizzato in collaborazione con Luiss Business School, che è stata selezionata al termine di un articolato processo, ha l’obiettivo di promuovere la crescita di manager al servizio del Paese, facendo leva sulle competenze e sul network di primarie realtà industriali che contribuiscono alla crescita e allo sviluppo dell’economia italiana. Un programma MBA Luiss Business School che mette la formazione manageriale al servizio del Paese Diretto da Raffaele Oriani, Associate Dean Luiss Business School, il corso di alta formazione, della durata di due anni, si svolgerà a Villa Blanc, sede della Luiss Business School diretta da Paolo Boccardelli, e vedrà il coinvolgimento nelle docenze anche dei professionisti e dei manager delle società partecipanti. Per la prima edizione del master sono state selezionate 30 persone, dopo un processo altamente competitivo in più fasi, a cui hanno partecipato oltre 500 profili di professionisti delle società coinvolte nel progetto. CDP Academy – Corporate MBA si inserisce in una serie di iniziative che mirano ad investire sul capitale intellettuale del Paese per creare maggiore ricchezza: il Graduate Program, il nuovo programma di selezione e assunzione di giovani talenti neo laureati (15 quelli selezionati quest’anno dopo lo screening di 1.800 candidature) che hanno l’opportunità di partecipare a un percorso di formazione e job rotation che coinvolge anche le società partecipate; Finanza e Mercati, un percorso di formazione dedicato ai finance professional del Gruppo CDP e delle partecipate (87 i partecipanti); e la Scuola del Turismo, l’iniziativa di CDP in collaborazione con TH Resorts, che ha l’obiettivo di supportare la diffusione dell’eccellenza italiana nell’ospitalità, attraverso l’attrazione di giovani talenti da tutto il mondo. Un unicum nel panorama formativo italiano  Un progetto che farà sicuramente da apripista a percorsi analoghi e che, come ha sottolineato Giovanni Lo Storto, direttore generale Luiss, rappresenta un unicum nel panorama italiano. "Siamo i pionieri, i primi a lanciare un progetto del genere, di questo sono molto orgoglioso" ha dichiarato il DG, non prima di rammentare l’esigenza di colmare il gap che l’Italia registra a livello europeo nell’alta formazione e non solo. Perché "la sfida più significativa con cui dobbiamo misurarci è riuscire a fare formazione anche per i 50-70 anni che vengono dopo l’università", ha evidenziato Paolo Boccardelli, direttore della Luiss Business School. 27/11/2020 

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