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11 Giugno 2024

Green Job - Le competenze necessarie per le sfide del futuro

Tra nuove competenze e green job. Con quattro grandi aziende su cinque impegnate nello sviluppo di strategie e processi green e altrettanti consumatori che considerano rilevante l’attenzione alle pratiche di sostenibilità*, lo sviluppo di nuove skill in ambito green sta progressivamente acquisendo maggiore rilevanza in materia di formazione e lifelong learning. Di fatto, le aziende che oggi adottano policy di sostenibilità e considerano l’impatto ambientale e sociale dei propri processi, sono non solo in grado di generare valore per l’organizzazione stessa, ma anche per l’utente finale. Capire quindi come attuare questa transizione è il main focus del webinar Green Job - Le competenze necessarie per le sfide del futuro, un evento promosso da Luiss Business School in partnership con Italiacamp. L’iniziativa è organizzata nell’ambito delle attività dell’Executive Programme in Sustainability & Impact Management, un percorso formativo – in partenza in autunno al Milano Luiss Hub – particolarmente indicato per tutti coloro che si occupano di valutazione di impatto e che desiderano sviluppare conoscenze e competenze manageriali specifiche in materia di impact management, sostenibilità e impact finance. I partecipanti al webinar potranno usufruire di una riduzione della quota di iscrizione pari al 10%. Speaker Elisabetta Scognamiglio, Chief Impact Officer, Italiacamp Tamara Viel, Group Sustainability Director, Gruppo De'Longhi Antonio Rocchetti, Responsabile Contabilità e Bilancio, Azienda Farmaceutica Federica Brunetta, Responsabile Executive Master di Luiss Business School, Associate Professor in Management and Strategy Quando: 9 luglio 2024 Ora: 17:30 - 19:00 Dove: online Per partecipare è necessario registrarsi. * dati Istat e Havas - Confindustria, 2023 11 giugno 2024

10 Giugno 2024

Bando Fondirigenti - Avviso 1/2024

Fino a 10 milioni di euro per la formazione aziendale L’Executive Education di Luiss Business School supporta le aziende nella stesura del Piano Fondirigenti con cui ogni impresa può ottenere un finanziamento fino a 12.500 euro per uno stanziamento complessivo di 10 milioni di euro. La formazione manageriale per la digitalizzazione delle aziende è l’obiettivo di Avviso 1/2024 di Fondirigenti, che sostiene la competitività anche delle Piccole imprese e delle aziende del Mezzogiorno che incontrano maggiori difficoltà nell’accesso agli strumenti per l’innovazione e la transizione digitale.   Tutte le aziende aderenti e neo-aderenti a Fondirigenti, ad eccezione delle Grandi Imprese che hanno già ottenuto un finanziamento attraverso gli Avvisi promossi dal Fondo nel 2023, potranno presentare il Piano entro e non oltre le ore 12:00 del 20 giugno 2024. L’Avviso 1/2024 si articola in quattro diverse aree: Strategie di sostenibilità, Processi aziendali, Organizzazione del lavoro e Capacità individuali. L’offerta formativa dell’Executive Education di Luiss Business School supporta le aziende che vogliono rafforzare le loro competenze nei quattro ambiti previsti dal Fondo Nuove Competenze. Il Piano formativo dovrà essere presentato digitalmente nell’Area riservata alle aziende, accessibile dalla sezione MyFondirigenti. I Piani verranno valutati da una Commissione esterna e saranno finanziati con un punteggio uguale o superiore a 75/100 nei limiti dello stanziamento previsto. Verranno assegnati 4 punti aggiuntivi ai Piani presentati da una Piccola Impresa e 4 punti aggiuntivi ai Piani presentati da un’impresa con sede legale/operativa in una regione del Sud. Potranno essere presentati Piani Aziendali singoli o aggregati da un minimo di 3 e un massimo di 6 aziende compresa una Capofila.   VAI AL BANDO Per una consulenza gratuita scrivere a lbiagiotti@luissexecutivemanagementeducation.it

30 Maggio 2024

Trasformare una startup in grande azienda, ricercatori e imprenditori da tutta Europa a caccia del segreto del successo

Alla Luiss Business School, il 10 e 11 giugno, avrà luogo la seconda conferenza europea sulle scaleup dell’European Scaleup Institute Le scaleup in Italia stanno aumentando, ed esponenzialmente cresce il loro impatto in termini di crescita sul Pil. Nonostante ciò il nostro Paese investe ancora molto poco in questo settore rispetto a big come la Silicon Valley ma anche ai vicini europei. Per elaborare una ricetta che punti a colmare questo gap, il 10 e 11 giugno prossimi, la Luiss Business School ospiterà a Villa Blanc la seconda conferenza dell’European Scaleup Institute (ESI). Ricercatori e imprenditori da tutta Europa si riuniranno per un’occasione che vedrà i massimi esperti del settore e alcune delle principali scaleup europee confrontarsi sulle reali esigenze del mercato italiano per comprendere come colmare questo deficit.Durante la due giorni sarà anche lanciato per la prima volta un innovativo tool in grado di monitorare in tempo reale il numero (e le nuove nascite) di scaleup in tutta Europa. Lo strumento consentirà di avere una visione d’insieme su uno dei settori più promettenti per la crescita economica italiana ed europea. I numeriA dicembre 2022, secondo il report Tech Scaleup Italy 2023 di Mind The Bridge, l’Italia contava 557 aziende tecnologiche mature, in grado di raccogliere 7,3 miliardi di dollari di capitale (equity). Queste aziende hanno generato circa 4,4 miliardi di dollari di ricavi (circa lo 0,2% del Pil italiano) e impiegato direttamente 18.000 persone: lo 0,08% dell’occupazione totale. Si tratta di imprese in forte espansione e crescita, con un altissimo potenziale e una grande ricaduta sul Pil. Non tutte le startup, però, riescono a crescere e a diventare scaleup e l’Italia investe ancora poco, rispetto ad altri competitor europei e mondiali, per aiutarle a farlo. Il nostro Paese, infatti, impiega l’equivalente dello 0,24% del Pil in queste società, collocandosi molto al di sotto della media europea dell’1,3%. Siamo dunque fanalino di coda dopo le eccellenze della Silicon Valley ma anche rispetto ai nostri vicini europei: alla Francia (che investe il 1,5% del Pil), la Germania (l’1,2%), la Spagna (lo 0,8%) e il Portogallo (lo 0,5%). Nel 2023 (il nostro miglior anno di sempre) abbiamo investito 2,2 miliardi di dollari, a fronte dei 4,7 miliardi della Spagna, dei 10,8 miliardi della Francia, dei 14,4 miliardi della Germania e dei 40, 5 miliardi del Regno Unito. Ricercatori e imprenditori riunitiL’European Scaleup Institute (ESI) ha l'obiettivo di condividere conoscenze e best practices nella ricerca e nell'istruzione che favoriscano l'ecosistema scaleup in Europa e nel mondo. Il 10 e 11 giugno alla Conferenza interveranno tra gli altri:  Matteo Berlucchi (CEO Healthily, serial entrepreneur), Marta Testi (CEO, Elite – Euronext), Enrico Fili (CDP - Cassa Depositi e Prestiti Ventures), Marco Gay (Zest, Accelerator & VC), Roberto Magnifico (Zest, Accelerator & VC), Paolo Cellini (Deep Ocean Capital), Valerio Caracciolo (Italian Angels for Growth), Francesco Cerruti (Italian Tech Alliance), Ludger Odenthal (European Comission), Andrea Chirolli, (CEO Futura), Victor Ranieri (Co-Founder Casavo).E ancora Christian Lechner (Luiss Business School, hosts ESI conference 2024), Joris Ebbers (Luiss Business School), Euclides Major (Nova, Lisbona), Dimo Ringov (ESADE, Barcelone), David Sluss (ESSEC, Nice), Jonathan Levie (Galway), Veroniek Collewaert (Vlerick, Bruxelles), Leonardo Fuligni (RMS, Rotterdam), Dries Faems (WHU, Vallendar). La due giorniLa prima giornata di evento, il 10 giugno, si terrà a Roma, a Villa Blanc, sede della Luiss Business School, in via Nomentana 216. L’11 giugno, invece, il meeting avrà luogo nella sede dell’Hub di Zest, in via Marsala 29H.L’ESI è una piattaforma di esperti accademici e professionisti in Europa che riunisce le migliori business school europee per rafforzare l’ecosistema Scaleup europeo. Communication partner della Luiss Business School e dell’European Scaleup Conference è Blum, società di consulenza che supporta attraverso la comunicazione imprese, centri di ricerca e organizzazioni dell’ecosistema innovativo italiano. Per partecipare all’evento è richiesta l’iscrizione a questo link. 20/05/2024

21 Maggio 2024

Bando (Yo)U International Film Festival - Edizione 2024

Promuovere l’arte cinematografica italiana e internazionale e sostenere gli autori under 30. Questi sono gli obiettivi del Premio Generazione Contemporanea - (Yo)U International Film Festival, alla sua seconda edizione. Le opere selezionate verranno presentate e proiettate durante le giornate del palinsesto di Casa del Cinema dedicate all’evento. In palio per il vincitore una borsa di studio a copertura totale o parziale della quota di iscrizione alle Major del Master in Management delle Imprese Creative e Culturali! Il concorso dà vita ad un nuovo ambito di innovazione culturale, volto non più solo alla formazione ma anche al sostegno e alla ricerca di giovani autori in ambito nazionale e internazionale. Possono partecipare al Premio tutti gli autori di nazionalità italiana o straniera – singolarmente o in gruppo – che rispettino i seguenti criteri di ammissione: non abbiano compiuto il trentesimo anno di età alla scadenza del bando prevista per il giorno 21 giugno 2024 siano iscritti o abbiano terminato da non più di un anno rispetto alla data di scadenza del bando un corso di formazione universitaria.  I candidati possono concorrere con una sola opera, edita o inedita, della durata massima di 20 minuti, che non abbia già vinto altri concorsi o premi e che sia stata realizzata dopo il 1° gennaio 2023. È prevista l’assegnazione di una targa e di una borsa di studio per il primo classificato. Tutti i cortometraggi verranno visionati dalla Direzione del Premio che selezionerà dai 10 ai 12 cortometraggi per la competizione ufficiale. Le opere verranno presentate e proiettate durante le giornate del palinsesto dell’Isola del Cinema dedicate all’evento. Nella serata finale verranno premiati i vincitori. La scadenza per la presentazione delle opere candidate al Premio è fissata per il giorno 21 giugno 2024 entro e non oltre le ore 12.00 (ora italiana). Per partecipare il candidato dovrà iscrivere la propria opera tramite la piattaforma FilmFreeway (https://filmfreeway.com/YoUInternationalFilmFestival). La partecipazione è gratuita. Si raccomanda l’attenta lettura del bando. ITA SCARICA IL BANDO MODULO ISCRIZIONE INFORMATIVA PRIVACY ENG DOWNLOAD THE ANNOUNCEMENT REGISTRATION MODULE PRIVACY POLICY

16 Maggio 2024

Open Lesson | La Value Proposition nell'offerta di gara

Luiss Business School ti invita a partecipare a "La Value Proposition nell'offerta di gara", l'Open Lesson che si terrà il 21 giugno presso la sede romana di Villa Blanc per presentare l’Executive Programme in Bid and Proposal Management.L'Open Lesson si focalizzerà sulle tecniche di redazione e presentazione della Value Proposition all'interno dell'offerta di gara nei settori delle forniture, dei servizi, dei lavori pubblici, delle concessioni e dei progetti UE. I partecipanti avranno l'opportunità di esplorare strategie e tecniche come la SMART o del Message Tree, unite a un sapiente mix di immagini e testo, per formulare la migliore proposizione di Valore. Poiché il Valore è soggettivo, è fondamentale comprendere le progettualità e le aspettative di successo dell'Acquirente. Durante l'evento, verranno inoltre presentate la seconda e la terza edizione del Corso, con inizio in autunno a Roma e a Milano. Agenda Introduzione di Domenico Casalino, Senior advisor Procurement, ICT, logistica Intervento di Nicola Rubino, Responsabile Direzione Appalti e Acquisti ANAS: Il profilo di grande acquirente di ANAS Lezione di Domenico Casalino: La Value Proposition nell'offerta di gara SpeakerNicola Rubino, Direttore Acquisti e Appalti ANAS Domenico Casalino, Direttore dell’Executive Programme in Bid and Proposal Management Quando: 21 giugno 2024 Dove: Villa Blanc – Via Nomentana, 216 Orario: 14.30 – 16.00 Per partecipare è necessaria la registrazione.

28 Ottobre 2022

Potenziare la formazione universitaria e il legame con le imprese con BEGIN, il percorso che valorizza le competenze trasversali

Giunge al termine il progetto sviluppato in ambito europeo in cui è coinvolta la Luiss. Realizzati una Toolbox, una metodologia specifica per iniziative congiunte di formazione aziendale e contenuti e-learning per studenti, docenti universitari e imprenditori Sono le capacità interpersonali a fare la differenza in un ambiente di lavoro. Infatti, è sempre possibile acquisire o integrare le competenze tecnico-pratiche, ma le soft skill possono cambiare le carte in tavola in fase di recruiting. Tuttavia, non è sempre facile svilupparle e analizzarle perché le competenze trasversali non sono individuabili sempre in modo certo. Ciò che il mercato del lavoro cerca non viene spesso fornito durante i percorsi di alta formazione. Per questo, il gruppo di ricercatori ed esperti del progetto BEGIN ha condotto una ricerca tra i gruppi target per identificare competenze e aspettative degli imprenditori intervistati sui cambiamenti futuri. Ne è nata la Toolbox di BEGIN. Gli obiettivi di BEGIN BEGIN - Boosting the Soft Skills of Higher Education Students and Graduates è un progetto europeo che coinvolge cinque paesi europei (Polonia, Italia, Germania, Bulgaria e Portogallo) e sei partner (V-Systems - Polonia, Luiss Guido Carli - Business School - Italia, ECQ - Bulgaria, emcra GmbH - Germania, A.I.A.M. - Portogallo, WSA University - Polonia). Mira a sviluppare un programma formativo completo, volto a incrementare le competenze trasversali degli studenti universitari e, allo stesso tempo, contribuire a ridurre il divario tra le competenze richieste nel mercato del lavoro e le competenze offerte dai corsi di universitari, promuovere un programma di attività di esplorazione dei nuovi percorsi lavorativi e supportare in modo permanente gli Enti e le Istituzioni che operano nel mondo dell’istruzione universitaria, i datori di lavoro, gli studenti, le autorità locali/regionali ed europee. Il progetto si è svolto dal 1° novembre 2019 al 31 ottobre 2022. BEGIN - Boosting the Soft Skills of Higher Education Students and Graduates è stato realizzato nell'ambito del programma Erasmus+ Key Action 2 – Cooperation for innovation and the exchange of good practices: Strategic partnerships for Vocational Education and Training – Development of Innovation. La ricerca è stata sviluppata nell'area Applied Research, guidata dal professor Matteo Giuliano Caroli, Associate Dean per l’internazionalizzazione, Direttore BU Applied Research e Osservatori, Luiss Business School, con il professor Nunzio Casalino, ordinario di Organizzazione Aziendale, come referente scientifico Luiss. Valorizzare e trasferire le soft skill più adatte alle aziende «Abbiamo realizzato diversi incontri e diverse interviste con una serie di soggetti accademici e aziendali per capire le soft skill più importanti – ha spiegato il professor Casalino – e ci siamo accorti che le statistiche disponibili sui vari portali della Commissione Europea o di altri enti di riferimento in tale ambito non sono aggiornati. Che le soft skill richiedevano aggiornamenti anche nell'elenco delle stesse. Due di queste? Il problem solving e il team working, assolutamente non valorizzate, ma sempre più necessarie nei contesti lavorativi. Le interviste hanno rivelato che sono richieste e spesso non individuate anche la flessibilità di pensiero, la capacità di negoziazione, la predisposizione al cambiamento, la gestione dello stress sul lavoro, il critical thinking e il digital thinking. Cos'è la Toolbox di BEGIN La Toolbox di BEGIN è una risorsa interattiva online che raccoglie le attività specifiche di “esplorazione delle carriere”, validate dalle università partner e include l’esperienza di studenti, datori di lavoro e personale accademico durante la loro pianificazione, esecuzione e follow-up. Contiene testimonianze testuali e video prodotti dai partner accademici del progetto, l’analisi dei punti di forza e di debolezza dei processi di acquisizione delle soft-skills, nonché le linee guida per una corretta implementazione basata sull’esperienza reale delle università, degli studenti e delle imprese coinvolte. A chi si rivolge la Toolbox di BEGIN La Toolbox di BEGIN offre i seguenti vantaggi a coloro che la utilizzeranno: Gli studenti possono incontrare in modo più efficace i datori di lavoro e trovare più rapidamente un lavoro/tirocinio. Inoltre, possono acquisire conoscenze sulla domanda di competenze sul mercato del lavoro e identificare le aree sulle quali dovrebbero migliorare. Possono apprendere dove reperire informazioni sul reale ambiente aziendale e sviluppare le proprie competenze trasversali. Infine, possono avere l’opportunità di applicare le conoscenze e le competenze tecniche apprese nei loro corsi universitari. I datori di lavoro possono usare la Toolbox per incontrare potenziali dipendenti, ottenere nuove idee e soluzioni creative a problemi di organizzazione del lavoro reali, nonché stabilire connessioni con le università e stabilire con loro sinergie e collaborazioni. Dal canto loro le università possono ottenere feedback preziosi sia sulle reali esigenze degli studenti che di quelle dei datori di lavoro, al fine di poter aggiornare l’offerta formativa includendo queste nuove competenze per immettere sul mercato del lavoro una forza lavoro molto più competitiva. La Metodologia di BEGIN La Metodologia di BEGIN è stata sviluppata per la gestione di iniziative congiunte tra il mondo dell’istruzione e quello delle imprese. Essa è uno strumento disponibile per tutti sul web e include specifiche risorse educative per imprenditori, dirigenti e funzionari pubblici e altro personale tecnico. Le considerazioni e i suggerimenti disponibili nascono a valle di alcune interviste a degli esperti di selezione del personale di vari paesi europei. L'analisi ha permesso di creare inoltre un piano di tutoraggio per trasmettere le conoscenze più efficaci alle esigenze delle aziende. Il Corso di Formazione nato da BEGIN Il corso di formazione in modalità e-learning di BEGIN è il terzo importante intellectual output del progetto. È gratuito e open access, pensato per formare, docenti, dipendenti, imprenditori. Si articola in sei moduli formativi: cosa sono le soft skill; perché sono importanti per i datori di lavoro; quali sono le soft skill attualmente più richieste; in che modo gli insegnanti di istruzione superiore e altro personale possono sensibilizzare gli studenti sull'importanza di sviluppare le loro competenze trasversali; esempi di come sono state avviate le seguenti competenze trasversali con il supporto di insegnanti e altro personale dell'istituto di istruzione superiore; quali sono le competenze per il futuro del mercato del lavoro. I benefici del progetto di ricerca e formazione BEGIN  per le università A valle del progetto BEGIN è stato possibile determinare i vantaggi dell'applicazione degli strumenti e della metodologia all'interno delle università. Infatti, l’obiettivo è incrementare la qualificazione del personale accademico, oltre a rafforzare le competenze trasversali degli studenti. Inoltre, è fondamentale promuovere nelle università, in modo proattivo, le competenze trasversali degli studenti, che saranno ormai sempre più richieste nel futuro mercato del lavoro. Infine, questi strumenti possono contribuire concretamente a ridurre il divario tra il portafoglio di competenze dei laureati e quello richiesto da un mercato del lavoro sempre più esigente. «Questo progetto è e sarà importante nel futuro, perché ci ha permesso di acquisire un know how ampio e, al tempo stesso specifico, sulla tematica delle soft skill – ha aggiunto il professor Casalino. In tutte le università italiane finora è mancata la consapevolezza e la capacità di saper trasferire le competenze trasversali ai propri studenti. Moltissimi corsi non prevedono ancora degli innesti comportamentali, applicativi o operativi di azioni replicabili sul luogo di lavoro e che possano rendere uno studente più ambito per le aziende. Le università devono sì sfornare esperti con solide hard skill, ma nello stesso tempo devono formare persone “sociali” che riescano a integrarsi in contesti lavorativi e in team diversi, arrivando a sviluppare e saper proporre idee innovative. La Luiss, in tutti i suoi percorsi di laurea e post-laurea, da questo punto di vista, potrà ulteriormente completare la sua offerta promuovendo e potenziando anche questi aspetti». 28/10/2022

25 Ottobre 2022

La crescita delle imprese inizia dalla finanza sostenibile

Presentata la ricerca “Sustainable Debt Instruments: Evolution and Outlooks with a focus on Italian Companies”, realizzata da Luiss Business School in collaborazione con Equita Rendere l'economia più sostenibile sotto il profilo ambientale e sociale: le istituzioni europee hanno lavorato molto su questo fronte per cercare di centrare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030 dell’ONU e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Anche in Italia la finanza sostenibile si sta sviluppando con entusiasmo, ma le sfide contemporanee richiedono maggiori impegni alle aziende, oltre a partner che possano accompagnarle verso evoluzioni sostenibili nel contesto normativo europeo. Al fine di chiarire lo scenario attuale e le evoluzioni del rapporto tra imprese e finanza sostenibile, Luiss Business School in collaborazione con Equita hanno presentato la ricerca “Sustainable Debt Instruments: Evolution and Outlooks with a focus on Italian Companies”. «Questo convegno mette insieme due parole fondamentali: sostenibilità e crescita – ha esordito Raffaele Oriani, Dean, Luiss Business School – La ricerca è andata a indagare come gli strumenti finanziari nati per raccogliere risorse utilizzate per impatti più ampi, possono essere utilizzati come strumenti di crescita. Con Equita abbiamo pensato di lavorare insieme per temi di pubblica utilità: la questione della finanza sostenibile è emersa come candidato naturale. Ciò che oggi è considerato finanza sostenibile era fino a qualche anno fa una piccola quota del mercato finanziario, mentre oggi è pari a quasi un terzo degli asset investiti. Le aziende ormai lo considerano un tema mainstream. Per questo parlarne come di strumenti di finanziamento è ancora più importante». «Questa collaborazione vuole portare a soluzioni concrete – ha spiegato Carlo Andrea Volpe, Co-responsabile Investment Banking, Equita – Esiste un contesto più ampio: costruire un ponte tra impresa e mercato di capitali. Il nostro sistema Paese presenta una serie di fragilità sul tema dell'accesso della media impresa a questo bacino, il cui ruolo sarà sempre più fondamentale in relazione alle sfide future che ci attendono. Siamo fiduciosi che tutte le consultazioni avute in questo periodo possano ridurre il divario tra il mercato italiano e le best practice internazionali. Infine, ci auguriamo che i nuovi interventi su cui si discute possano, tra l’altro, incrementare il contributo, oggi limitatissimo (inferiore al 10%) degli investitori domestici, necessario per creare una solida base per il futuro sviluppo nel nostro mercato». La ricerca La finanza Esg non è più una nicchia, ma un segmento mainstream, che potrebbe raggiungere a livello globale i 50 trilioni di dollari di Asset Under Management entro il 2025. Può arrivare a rappresentare più di un terzo degli asset totali in gestione previsti. Gli afflussi sono condizionati dai timori legati al cambiamento climatico e da altre questioni di carattere sociale. Le autorità europee sono intervenute con decisione modificando l’assetto del settore finanziario, come dimostrano le recenti evoluzioni normative: Renewed Sustainable Finance Strategy; Next Generation EU ed EU Green Deal; EU taxonomy (Regolamento UE 2020/852); Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR, Regolamento UE 2019/2088); Climate benchmarks (Regolamento UE 2019/2089). Obiettivo: garantire la trasparenza dei mercati e l'integrazione dei criteri Esg (ambientali, sociali e di governance) con gli investimenti. La ricerca ha analizzato le recenti evoluzioni normative con riferimenti ai prodotti e alle logiche di investimento. In secondo luogo, ha mappato l'evoluzione della finanza sostenibile in Europa e in Italia, con un focus sugli strumenti di debito sostenibili (Green, Sustainable, Social and Sustainability Linked Bond e Loan). Infine, ha descritto le tendenze e prospettive del mercato italiano degli investimenti sostenibili, al fine di evidenziarne le opportunità anche per piccole e medie imprese. Di supporto sono stati anche i case study di Ovs e Tea Mantova. «Le prime azioni di responsible investment risalgono al 1960 – ha fatto notare Francesco Asaro, Vice President DCM Investment Banking, Equita – mentre il primo strumento di finanza sostenibile risale al 2008: si tratta del primo green bond emesso dalla Banca Mondiale. Dal 2019, in Europa, si è sviluppato un forte interesse per questi strumenti. Oggi gli investimenti Esg rappresentano un quinto del mercato obbligazionario totale in Europa e, nonostante la guerra, il segmento è rimasto stabile, confermato nel suo volume rispetto al semestre precedente. Nel 2022, in Italia, si registrata una crescita del mercato obbligazionario pari al 90% annuo (dal 2017 al 2021). Le emissioni Esg sono arrivate al 42% emissioni delle emissioni totali, rispetto al 20% della media europea». Strategie per imprese in cerca di finanza sostenibile Durante la tavola rotonda, moderata da Janina Landau, giornalista e conduttrice Class CNBC, si è esplorato il framework normativo in cui la finanza sostenibile oggi si muove. Secondo Francesco Gianni, Socio fondatore, Gianni & Origoni – GOP, «è molto complesso e ambizioso, sia lato Ue sia italiano, con ricadute sul Pnrr. Il regolamento sulla tassonomia, la nuova direttiva relativa alle informazioni non finanziarie e la direttiva sui Green Bonds sono il punto cruciale del nuovo impianto normativo. Perché questo sistema funzioni è necessario concordare i relativi parametri di riferimento. Il procedimento è lungo e il clima macroeconomico e politico non aiutano. In aggiunta, oggi l'attenzione delle aziende è più sulla finanza che sui temi sociali: c'è una carenza di attenzione che va colmata». Da investitore mission related, con un piano strategico di forte discontinuità appena approvato, Cassa Depositi e Prestiti si pone come «emittente seriale di operazioni Esg», vicina alle aziende. Secondo Andrea Nuzzi, Head of Corporate and Financial Institutions, Cassa Depositi e Prestiti, «bisogna fare la differenza nella complementarità e nelle sinergie con i player del settore finanziario e attrarre risorse di altri investitori con operazioni di crowding in. Ma per poter investire in Pmi bisogna dotarsi di competenze tecniche, che le banche non hanno nel loro Dna. Inoltre, per incentivare le aziende a fare questi investimenti, è necessario offrire qualche vantaggio, con premialità in termini di tassi». «La cultura del mondo va verso l'ambiente – ha esordito Emanuele Orsini, Vicepresidente per il Credito, Finanza e Fisco, Confindustria - Due terzi delle nostre imprese erano già propensi alla sostenibilità. Ma il Covid ha rallentato un percorso in crescita, che dovremo riprendere. In più, se l'Europa ha risposto bene alla pandemia, non lo sta facendo con altrettanta efficienza sul tema energia. È necessario che risponda bene almeno sul tema dei dati, fondamentali per l'aspetto Esg. Dobbiamo pretendere regole chiare. La sfida della transizione sostenibile - da attuare nei tempi e nei modi giusti - è una priorità per le imprese, e rappresenta anche una straordinaria opportunità di investimento. Tuttavia, la transizione ecologica costerà alle imprese circa 100 miliardi, e per questo è necessario supportarle in questo percorso. Il mondo finanziario dovrà sostenere le imprese con strumenti di finanza alternativa e prevedendo un set integrato di misure, correggendo quelle esistenti e aggiungendone di nuove». Nel 2001 Carraro, azienda leader nella produzione di trattori speciali, aveva fatto piccole emissioni sperimentali. «La crisi violenta del 2008 ci ha portato a rivedere la nostra strategia verso il canale bancario tradizionale – ha spiegato Enrico Gomiero, Vicepresidente e CFO, Carraro – Dopo le prime emissioni “sperimentali”, dal 2009 il mondo della finanza è radicalmente cambiato e l'approccio a strumenti alternativi è stato quasi forzato, ricercato e voluto.  Grazie alla raccolta derivante da strumenti alternativi abbiamo finanziato l’attività del Gruppo e gli investimenti per l'area di ricerca e sviluppo; abbiamo inoltre investito sulla nostra presenza a livello regionale e internazionale, in India e in Cina, avendo così a disposizione apporti alternativi di finanza. L'esperienza è stata fondamentale e ci ha aiutato a evolvere la nostra cultura d'impresa. Per noi il tema dell’"economia sostenibile" non è nuovo, i nostri clienti ci hanno spinti già prima del 2017 a guardare alle tematiche ESG in quanto sono impegnati sulle stesse ormai da anni. Abbiamo iniziato ad ottenere delle certificazioni, tra cui CDP ed Ecovadis, e abbiamo l’obbiettivo di fare le prossime emissioni green anche alla luce dello sviluppo di prodotti che contribuiscano alla riduzione delle emissioni». Verso il 100% di emissioni Esg «Crediamo che l'evoluzione del mondo delle emissioni Esg è inevitabile e arriveranno a rappresentare il 100% delle emissioni – ha concluso Marco Clerici, Co-responsabile Investment Banking, Equita - Le aziende che non riusciranno a incontrare gli obiettivi Esg, non saranno compatibili con le richieste degli investitori. La tendenza, anche questo inevitabile, è che le dimensioni delle operazioni e dei possibili emittenti di strumenti green si stanno sempre più abbassando. La transizione è inevitabile e sarà questa la direzione da seguire». L'evento Strumenti di finanza sostenibile per la crescita delle imprese si è tenuto l'11 ottobre 2022 presso la sede Luiss Business School, a Villa Blanc, Roma. Sono intervenuti: Raffaele Oriani, Dean, Luiss Business School; Carlo Andrea Volpe, Co-responsabile Investment Banking, Equita; Francesco Asaro, Vicepresidente, Equita; Francesco Gianni, Socio fondatore, Gianni & Origoni – GOP; Enrico Gomiero, Vicepresidente e CFO, Carraro; Andrea Nuzzi, Head of Corporate and Financial Institutions, Cassa Depositi e Prestiti; Emanuele Orsini, Vicepresidente per il Credito, Finanza e Fisco, Confindustria; Marco Clerici, Co-responsabile Investment Banking, Equita; Janina Landau, Giornalista e conduttrice, Class CNBC. SCARICA LA RICERCA 25/10/2022

30 Settembre 2022

Purpose, brand e corporate reputation: così cambiano le storie d'azienda

Presentato il teaching case «Value and values»: purpose, reputation e scelte di brand nella fusione WINDTRE, realizzato in collaborazione con Luiss Business School Il purpose aiuta a ridisegnare le strategie di branding all'insegna della mission e dei valori. Non si tratta di un teorema astratto, ma di una sinergia collaudata. A dimostrarlo è il Teaching Case «Value and values»: purpose, reputation e scelte di brand nella fusione WINDTRE, a cura di Matteo Giuliano Caroli, Associate Dean per l’internazionalizzazione, Direttore BU Applied Research e Osservatori, Luiss Business School, e Francesco Marco Mazzù, Professor of Practice di Marketing, Luiss University & Luiss Business School. Presentato il 29 settembre, a Villa Blanc, questo lavoro è stato il punto di partenza per un confronto a 360° sull’evoluzione del posizionamento dei marchi. Al centro del dibattito il ruolo di sostenibilità e impatto sociale sulla corporate reputation e sul legame tra brand, mercato e persone. Merge e strategie: il Teaching Case La nascita del brand unico WINDTRE rappresenta il punto finale di un importante processo di integrazione che ha coinvolto il business, la cultura e le infrastrutture della nostra azienda. Dopo soli due anni, WINDTRE può dirsi oggi un marchio forte e riconoscibile. Ha fatto "sentire a casa" i clienti di Tre e di Wind, portando loro una realtà nuova: quella dell’operatore mobile numero uno del Paese. Questo primato è stato raggiunto grazie al rafforzamento dell'infrastruttura tecnologica e all'innovazione innestata in tutto il mercato delle telecomunicazioni. Il network e le soluzioni integrate fisso-mobile consentono alle famiglie l’accesso ai servizi ormai fondamentali per la quotidianità, dallo smart working all’e-learning. Al fianco delle imprese, WINDTRE offre servizi sempre più performanti e contribuisce alla trasformazione digitale, abituando le organizzazioni a gestire tematiche come cybersecurity, IoT e cloud computing. Inoltre, il caso di studio di WINDTRE mette in luce anche come la diversificazione operata nel settore dell’energia, con il brand WINDTRE Luce&Gas, sia stato il volano per presentarsi sul mercato come unico riferimento per la gestione congiunta delle utenze di casa. Tutto ciò è stato fatto e reso noto durante il primo lockdown legato alla pandemia da Covid-19, reinterpretando l'originaria strategia di marketing elaborata per la presentazione del nuovo marchio. Il purpose che ha guidato le mosse del brand è: «eliminare qualsiasi distanza tra le persone». Questo principio ha guidato anche la messa a punto del modello aziendale di Human Working, nato proprio dall'ascolto delle persone che lavorano per l'azienda. «L'impegno di Luiss Business School per la ricerca applicata è quello di sviluppare conoscenza che sia di concreto utilizzo per le imprese, policy makers e istituzioni – spiega Matteo Caroli, Associate Dean for Internationalization, Direttore BU Applied Research e Consulting, Luiss Business School - La capacità di lavorare bene insieme, con forte cultura e visione comune, è un altro risultato che questo caso di successo ci offre. La strategia di WindTre è puntata al mercato, ma è anche collante interno del sistema organizzativo attraverso strategie concrete». «WINDTRE nasce da una delle più grandi fusioni in Europa – ha dichiarato Sergio Gonella, Culture, Development, Inclusion & Talent Acquisition Director, WINDTRE – Riteniamo il progetto complesso e strategico e abbiamo voluto che rientrasse nel patrimonio didattico Luiss Business School per continuare a ispirare le nuove generazioni, preparandole alle sfide del futuro». Strategie di rebranding: la tavola rotonda «L’integrazione dei brand è stata guidata da una precisa volontà di miglioramento ed evoluzione – ha sottolineato Claudia Erba, Brand Communication Director, WINDTRE – Abbiamo unito le migliori caratteristiche dei due marchi per realizzare un nuovo set di valori, con una mission e un posizionamento che creassero una ‘comfort zone’ per i nostri clienti. Mettere al centro le persone è stato l’obiettivo che ha guidato l’intero processo di nascita del brand unico WINDTRE». Analizzando i casi Coop, Kantar e Mattel, torna la parola coraggio associata alle strategie di rebranding. Al centro non c'è solo il cliente, ma tutta la componente umana. Infatti, in un'epoca di digitalizzazione di massa, tutte le persone desiderano essere influencer, replicando il proprio io in digitale e cercando di influenzare i comportamenti degli altri. Come spiega Alberto Mattiacci, Ordinario Economia e Gestione delle Imprese, Università Sapienza di Roma, «il dipendente è chiamato ad agire per concretizzare la promessa di valore del brand all'esterno, ma al contempo ne è anche il cliente interno, attento a verificarne la coerenza nei comportamenti generali. In questa prospettiva formalizzare il sistema di valori fissa un riferimento preciso, rispetto ai quali indirizzare i comportamenti di mercato e non. Se ben applicato, migliora la vita di tutti, clienti, dipendenti e collaboratori perché crea comunione d'intenti e valori che in definitiva impatta sulla qualità della vita. Il brand di successo, oggi, è in definitiva quello consonante rispetto alla contemporaneità e capace di immaginazione sul futuro. La comunicazione, spesso considerata nel nostro paese alla stregua di un mero esercizio di stile, assolve una funzione sostanziale, perchè crea consapevolezza, aspettativa, conoscenza ed emozione». Parlando di purpose, centrale nelle strategie di rebranding, Michela Russo, Head of Brand Strategy & Guidance Italy, Insights Division, Kantar fa eco a Mattiacci, riportando al centro l'obiettivo del miglioramento della vita delle persone. «Non siamo più solo nell'era della persona: oggi i brand devono avere un impatto sociale. Si cerca di costruire un mondo in cui si vive meglio. La misurazione ci permette di capire che, quando il purpose è ben formulato e invasivo, dà un ritorno in termini di crescita del brand. È più presente nella mente delle persone in momenti cruciali. Per questo i marchi devono trovare una loro dimensione sociale». Sara Taschera, Direttrice Comunicazione, COOP Italia, fa eco a Russo, sottolineando quanto la centralità delle persone resta determinante anche nella strategia intrapresa dall'azienda, alla luce del nuovo posizionamento. «Il punto di partenza per essere rilevanti è capitalizzare sul Dna dell'azienda, nata 150 anni fa, continuando però a sintonizzarsi sui bisogni delle persone, oggi sempre più in cerca di una sostenibilità a 360 gradi che è di fatto da sempre tutt'uno con la matrice cooperativa di Coop». Infine, Andrea Ziella, Head of Marketing and Digital, Mattel Italia, ha presentato il caso Barbie, caso di studio per analizzare cosa significa fare trasformazione del brand. Oggi la bambola più famosa al mondo è passata a proporre più di 35 toni di pelle, tantissime acconciature e tipi di corpo, ovviando alle accuse di standardizzazione estetica. «Barbie è un marchio con 63 anni di storia. Dal 2014 è iniziato un vero processo di trasformazione, che ha portato la bambola a comunicare non più cosa aveva, ma chi era. Dal 2018 abbiamo iniziato la campagna di role model e di trasformazione di prodotto. Oggi Barbie è una delle bambole che meglio rappresenta il concetto di diversity e inclusion, anche attraverso la campagna “Chiudiamo il Dream Gap”». Le dichiarazioni sono state raccolte durante l'evento Purpose, brand e corporate reputation: storie aziendali a confronto del 29 settembre, tenutosi presso Villa Blanc, a Roma, sede Luiss Business School. Sono intervenuti: Matteo Caroli, Associate Dean for Internationalization, Direttore BU Applied Research e Consulting, Luiss Business School; Sergio Gonella, Direttore Culture, People Development & Talent Acquisition, WindTre; Alberto Mattiacci, Ordinario Economia e Gestione delle Imprese, Università Sapienza di Roma; Claudia Erba, Brand Communication Director, WindTre; Michela Russo, Head of Brand Strategy & Guidance Italy, Insights Division Kantar; Sara Taschera, Direttrice Comunicazione, COOP Italia; Andrea Ziella, Head of Marketing and Digital, Mattel Italia. SCARICA IL TEACHING CASE Rassegna stampa Repubblica.it, La nascita del brand WINDTRE al centro di un case study alla Luiss Business School La Stampa, La nascita del brand WINDTRE al centro di un case study alla Luiss Business School Il Messaggero, La nascita del brand WINDTRE al centro di un case study alla Luiss Business School 30/09/2022

28 Settembre 2022

L'accesso all’informazione inizia con la Corporate Communication

Nella Giornata Internazionale dell'Accesso Universale all'Informazione, Gianluca Comin, referente scientifico dell'Executive Programme in Corporate Communication di Luiss Business School, disegna una strategia per aziende e comunicatori Il 28 settembre il mondo celebra la Giornata Internazionale dell'Accesso Universale all'Informazione. Comunicare nel modo giusto, con visione strategica, per trasferire contenuti chiari in modo efficace è uno dei compiti che le aziende e le organizzazioni oggi devono portare a termine per poter realizzare la propria mission e vision. In questo contesto, la Corporate Communication e i suoi professionisti giocano un ruolo fondamentale. Ecco le strategie da introdurre secondo Gianluca Comin, referente scientifico dell'Executive Programme in Corporate Communication di Luiss Business School. In un mondo che cambia velocemente e continuamente ogni azienda riscontra un’inderogabile esigenza: comunicare adeguatamente e con visione strategica avendo come obiettivo il parlare a tutti gli stakeholder in maniera sempre adeguata ed efficace. La comunicazione continua, dunque, a essere centrale nelle strategie di business e nella reputazione delle organizzazioni. Qual è la sua opinione in merito? Dialogare con gli stakeholder non è solo un'inderogabile esigenza, ma un dovere delle organizzazioni. Una responsabilità. Viviamo in un mondo che chiede alle organizzazioni sempre maggiore trasparenza e accountability sulle proprie azioni commerciali, di marketing e corporate. In secondo luogo, oggi il consenso non è più solo commerciale, legato al rapporto tra la vendita di un prodotto e gli acquirenti. Si tratta di un consenso che richiede una partecipazione degli stakeholder alla vita aziendale. Quindi il coinvolgimento attraverso la comunicazione di questi soggetti è fondamentale. Infine, in un contesto complesso e articolato come quello contemporaneo i cittadini e quindi i consumatori e clienti sono i veri protagonisti della comunicazione. L'approccio che la comunicazione dà all'azienda diventa sempre più centrale nell'esecuzione delle proprie strategie. I comunicatori sono sempre più inseriti nei comitati strategici delle imprese perché il loro apporto è fondamentale per raggiungere gli obiettivi che l'amministratore delegato pone per l'azienda. Nella Giornata Internazionale dell’Accesso Universale all’Informazione, come può un manager specializzato in Corporate Communication fare la differenza all'interno e all'esterno dell'azienda? La responsabilità del manager verso gli stakeholder è farsi capire, spiegare l'obiettivo aziendale, la visione dell'azienda e la sua mission, nonché il posizionamento su grandi temi come sostenibilità e governance. Per farlo, non basta dire «comunico». Moltissime realtà si lamentano perché quello che fanno non è percepito dai propri pubblici. Ma in pochi si domandano perché. Avere informazioni trasparenti – non solo sulle attività delle Istituzioni e della politica, ma anche sulle imprese – è un diritto dei cittadini. Le imprese devono dialogare con gli stakeholder per essere capite. Non basta mettere una notizia sul proprio sito internet per assolvere alle proprie responsabilità. Bisogna inquadrare il proprio pubblico di riferimento, comprenderne il linguaggio e adeguare la nostra comunicazione in modo che venga compresa da tutti. Mettendo in atto queste strategie, si può cogliere l'appello di questa giornata. La comunicazione one way è insufficiente: bisogna anche saper ascoltare. La comunicazione aziendale soffre spesso di poca trasparenza interna: cosa deve fare un manager per superare questo ostacolo? Un'azienda che non coinvolge i propri dipendenti e collaboratori nella sua missione più ampia, non raggiunge gli obiettivi. La comunicazione con i propri collaboratori può essere assolta attraverso vari strumenti: house organ, social network interni, fino ad arrivare alla comunicazione informale alla macchinetta del caffè. Tutto questo può essere organizzato in maniera coerente, in modo che tutti sappiano qual è il proprio ruolo e come possono contribuire ai risultati che l'azienda si prefigge. In questo modo, l'organizzazione sarà più coesa, inclusiva, orientata al risultato, un luogo in cui si lavora meglio. Quali sono le skills - hard e soft - necessarie per una comunicazione corporate efficace? Quali azioni bisogna introdurre per una comunicazione corporate efficace all'interno, ma soprattutto all'esterno? Ci interroghiamo molto sulle skill che un bravo comunicatore deve avere. La formazione è importante, ma non basta. Questi professionisti devono saper leggere la realtà sociale, l'evoluzione, le tendenze, saper cogliere gli aspetti della politica e decodificare ciò che accade all'esterno, trasferendolo poi all'interno. Però credo che nel nostro lavoro sia importante anche avere un pizzico di umiltà. Spesso ci rivolgiamo agli altri come se ci rivolgessimo a noi stessi, ma non tutti hanno gli strumenti per interpretare ciò che facciamo. Riuscire a capire in modo profondo quali sono le aspettative degli altri è fondamentale per costruire una buona comunicazione. In un contesto di comunicazione integrata, con tecnologie in continua evoluzione, quali sono gli aspetti a cui fare attenzione nella Corporate Communication e quali i trend da cavalcare? La trasformazione digitale ha posto i comunicatori davanti a nuove sfide. La complessità e la velocità con cui la comunicazione oggi attraversa i media e la vita quotidiana dei cittadini, richiede a chi fa comunicazione la capacità di seguire o anticipare queste tendenze. Ma ciò che conta è anche la lettura delle attese dell'opinione pubblica verso la sostenibilità, verso prodotti e servizi ecosostenibili, nuove sensibilità, tematiche di genere, la difesa dell'ambiente, l’attenzione alle crisi sociali. La capacità di interpretare i trend consente – anche attraverso le nuove tecnologie – di comunicare meglio. La società è molto più complessa di come la immaginiamo, non esiste un solo uno strumento. C'è chi legge il giornale, chi guarda la tv, chi guarda una pubblicità in strada, chi usa TikTok: comunicare solo attraverso i social non basta. Un buon comunicatore sa interpretare le strategie della propria azienda, trasformarle in messaggi diretti alle persone con cui vogliamo entrare in contatto, usando strumenti diversificati, che possano allargare le nostre capacità di comunicare. Chi è Gianluca Comin. Gianluca Comin è docente di Strategie di Comunicazione e Tecniche di Pubblicità presso l’Università Luiss Guido Carli e referente scientifico dell'Executive Programme in Corporate Communication di Luiss Business School. Ha fondato Comin & Partners, specializzata in consulenza strategica, comunicazione e reputation management. Ha rivestito incarichi di rilievo presso numerose aziende private e pubbliche tra cui Enel, Telecom e Montedison. È autore di “2030, La tempesta perfetta” (Rizzoli), “L’impresa oltre la crisi” (Marsilio), “Comunicazione Integrata e Reputation Management” (Luiss University Press), “Zona Rossa. Il Covid-19 tra infodemia e comunicazione” (Guerini e Associati). Nel 2021 ha pubblicato, con Gianluca Giansante, “Tu puoi cambiare il mondo. La reputazione personale: promuovere il talento, condividere il valore” (Marsilio). 28/08/2022

26 Agosto 2022

Biagio Capece: «È dal networking che nascono grandi opportunità»

Dopo il Master in Digital Export Management di Luiss Business School, lo studente pugliese è oggi Temporary Export Manager per Makeitaly Trasformare un marchio in un'impresa: è questa l'avventura che Biagio Capece, 29 anni, originario della provincia di Lecce, sta vivendo dopo aver concluso il Master in Digital Export Management di Luiss Business School. Del resto, non basta una laurea in legge quando il pallino per gli affari spinge lo sguardo oltre i confini nazionali. Grazie alle competenze acquisite durante il master, oggi Biagio è Temporary Export Manager per Makeitaly. Il suo obiettivo? Continuare ad imparare, cogliendo le opportunità del networking. Cosa ti ha spinto a scegliere il master in Digital Export Management di Luiss Business School? Durante i miei studi di giurisprudenza ho sempre scelto esami a vocazione internazionale. Ho dedicato la mia tesi di laurea agli strumenti di pagamento utilizzati nel commercio internazionale. Volevo specializzarmi nell'export e due anni fa non c'era molta offerta post-laurea sull'argomento. Navigando sul sito di Ice, dove avevo seguito diversi corsi, ho scoperto il master Luiss Business School: era perfetto per ciò che volevo fare, l'export manager. Avendo studiato giurisprudenza mi mancavano dei tasselli, che questo master ha finalmente aggiunto. A spingermi verso il percorso è stata anche la notorietà di Luiss Business School e Ice. Che ambiente hai trovato in Luiss Business School? A causa della pandemia, ho potuto frequentare Villa Blanc solo negli ultimi mesi. Durante il Covid eravamo lì solo una volta al mese. Ho trovato un bellissimo ambiente. Persone con cui ho subito stretto amicizia, creando un ambiente favorevole alla crescita personale e di gruppo. Eravamo tutti motivati dal punto di vista professionale, amichevoli ma giustamente competitivi. Ottimo rapporto sin da subito anche con il coordinatore del master. Qual è il corso che ha avuto un maggiore impatto sulla tua carriera? In generale, ho apprezzato il non soffermarsi solo sulla parte teorica, ma anche su quella pratica. Tra i corsi ce ne sono stati due che mi sono stati molto utili. Il primo? Quello di contrattualistica e pagamenti internazionali, tenuto dal professor Domenico Del Sorbo. La materia mi appassionava, in questo modulo ho potuto approfondire l'approccio pratico. E il secondo? Strategie di selezione e ingresso nei mercati internazionali con il professor Federico Tunzio. Oltre ad essere interessante, il corso ha permesso l'applicazione concreta di tutto ciò che avevamo studiato in precedenza attraverso un esame finale molto importante. In cosa consisteva? Abbiamo simulato una consulenza per l’espansione all’estero di un'azienda scelta da noi. Ci è stato chiesto di analizzare l’azienda, effettuare un’analisi di mercato, individuare un paese target per il prodotto dell'azienda e poi stilare una strategia d'ingresso fisica e digitale in quella nazione. Quello che faccio ora è molto simile a ciò che abbiamo fatto durante l'esame. In più, successivamente a quella prova, si è creato un ottimo rapporto con Tunzio, con cui è nata una collaborazione che va avanti ancora oggi. C'è stato qualche relatore in particolare che ti ha colpito? Tutti i relatori del format Leader 4 Talent sono stati di grande stimolo. Mi hanno dato una visione su quello che voglio fare insieme alla carica per andare avanti. Tra le fonti di ispirazione, c'è stato l'incontro con l'export manager di Banfi, cantina vitivinicola, ci ha parlato di come è riuscito a far apprezzare i propri vini nei mercati internazionali. Soft skill, come avete lavorato su questo ambito durante il master? Abbiamo allenato il team working grazie ai tanti progetti di gruppo, aiutandoci a collaborare in maniera attiva e proficua. Poi abbiamo fatto un corso specifico sulla negoziazione, molto importante per cercare di capire come riuscire a coinvolgere l'altra parte, facendo capire il valore della propria proposta e convincendola ad accettare una soluzione che sia win-win. Competitività: come avete allenato questa soft skill durante il tuo percorso in Luiss Business School? Più che allenarla, è nata spontaneamente. Frequentare un master come questo è un investimento. Tutti noi eravamo interessati a capire cosa sarebbe successo dopo il master. Questa sana competitività si è espressa al massimo durante la challenge finale, lanciata da Sace. Molti alumni hanno sperimentato il valore del networking che si viene a creare in Luiss Business School. Qual è stata la tua esperienza? È un concetto su cui si insiste molto, sia durante il percorso, sia durante i laboratori e gli incontri Leader 4 Talent. Dopo la fine del master, sono riuscito a rimanere in contatto con Tunzio, ma anche con altri professori e compagni di corso. Ho visto in prima persona quanto il networking possa dare in termini di opportunità. È fondamentale avere un vasto network per fare business, altrimenti si rischia di chiudersi in sé stessi, spegnendo lo sguardo verso l'estero. In Luiss Business School ho visto tanta voglia di collaborare, di fare network e condividere opportunità, considerandosi partner. La collaborazione resta un grande valore aggiunto di questa esperienza. In Luiss Business School si lavora molto sulla Leadership. Secondo te cosa ci vuole per essere veri leader? Essere dei veri leader significa avere un'idea che alcuni considerano folle, troppo grande, ma che può attirare altre persone all'interno di un determinato progetto per raggiungere un determinato obiettivo. Oggi lavori come Temporary Export Manager in Makeitaly: provenire da un percorso Luiss Business School ha fatto la differenza? Se sì, come? In realtà Makeitaly era un progetto di famiglia. Mio padre ha creato il marchio qualche anno fa, ma la società non era mai diventata operativa. Una volta terminato il master, l'ho riorganizzata per offrire consulenze a quelle aziende italiane che vogliono internazionalizzarsi. Siamo andati online a dicembre 2021. Ora siamo impegnati nella costruzione di un vasto network di professionisti, che operano in vari Paesi target per dare maggiori opportunità alle aziende che seguiamo. Tutti i tasselli messi insieme durante il mio percorso di studi – quello giuridico, il marketing, la contabilità, la capacità di effettuare una accurata analisi di mercato e identificare i mercati esteri prioritari, la protezione della proprietà intellettuale, l’elaborazione di una strategia di export e la sua attuazione a livello operativo – mi hanno permesso avere un quadro completo delle diverse competenze necessarie per effettuare la professione dell’export manager. Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Pensi che tornerai a formarti? Continuerò a studiare. Lo faccio ogni giorno, leggendo libri, seguendo webinar e corsi di formazione perché l'export è una materia che cambia di giorno in giorno. Rimanere aggiornati e formati è dunque fondamentale. È impossibile pensare che, con una formazione magari vecchia anche di qualche anno, si possa smettere di studiare. Anche solo in materia di finanziamenti a supporto delle aziende per l'internazionalizzazione, ci sono aggiornamenti quotidiani. Quali sono i tuoi suggerimenti per gli studenti futuri e in aula su come cogliere pienamente le opportunità del percorso in Luiss Business School? Fare network, perché è dal networking che nascono grandi opportunità. Uno dei valori che ho percepito è quello legato ai professori, professionisti che lavorano nel nostro stesso ambito di interesse tutti i giorni. Quindi è importante stringere e mantenere rapporti con professionisti affermati e futuri tali, oggi nostri “semplici” compagni di corso. 26/08/2022

25 Agosto 2022

Domenico Matrone, solide basi per vincere le sfide del recruitment

Peso del brand, network e competenze: così l'ex studente e oggi recruiter di Kraken spiega quanto un master Luiss Business School possa fare la differenza per un salto internazionale Il Covid ha cambiato tutto, soprattutto il mondo del lavoro. Le risposte che un recruiter si trova a dover fornire a un candidato si sono evolute di conseguenza. Lo sa bene Domenico Matrone, 31 anni, originario di Latina, oggi recruiter presso Kraken Digital Asset Exchange. Alle sue spalle, le solide basi del master in Gestione delle Risorse Umane e Organizzazione di Luiss Business School, che gli ha permesso di fare un salto di carriera al di fuori dei confini nazionali. Oggi, parlando da Amsterdam, riconosce i tratti di un vero leader e spiega come la sua formazione lo stia aiutando a riconoscere e vincere le sfide del suo settore. Domenico Matrone, cosa ti ha spinto a scegliere il master in Gestione delle Risorse Umane e Organizzazione di Luiss Business School? In primo luogo, il peso del marchio, riconosciuto a livello nazionale e internazionale. Sapendo di voler intraprendere una carriera all'estero, è stato il primo fattore che ha guidato la mia scelta. Successivamente, mi hanno colpito anche le tante storie di successo di ex studenti e il nome del direttore del corso. Gabriele Gabrielli non è un professore come gli altri: la sua esperienza nell'ambito corporate, in Trenitalia e in WINDTRE come direttore delle risorse umane. In più, il formato del corso era differente dalla classica università italiana, troppo concentrati sulla parte teorica. Qui c'è sia la parte in aula che l'internship pratico. Infine, c'è il network Luiss Business School, un valore preziosissimo. Che ambiente hai trovato in Luiss Business School? Friendly ma professionale. Durante il mio percorso universitario ho vissuto un'esperienza completamente diversa, in cui mi sono spesso sentito abbandonato a me stesso. Invece in Luiss Business School ho sempre ricevuto supporto per ogni necessità. Inoltre, si è creato subito un bel clima anche con i miei compagni di corso. Qual è il corso che ha avuto un maggiore impatto sulla tua carriera? Uno dei corsi che mi ha più ispirato è stato quello con Gabrielli sulla Compensation. Poi, c'è stato anche il modulo guidato da Mario Baglietto su selezione e recruitment. Adesso che sono un recruiter, mi è tornato molto utile anche nella pratica. Soft skill, come avete lavorato su questo ambito durante il master? Abbiamo seguito un corso che ci ha accompagnato tutto l'anno, in cui abbiamo lavorato su fattori fondamentali come le modalità di presentazione come young professional. Competitività: come avete allenato questa soft skill durante il tuo percorso in Luiss Business School? Non lo abbiamo fatto in maniera conscia. È stata una cosa molto spontanea, vissuta tra noi studenti, curiosi di conoscere le ambizioni post-master dei colleghi. Questo atteggiamento non ha impedito, ma anzi ha favorito la formazione di un gruppo sano. Molti alumni hanno sperimentato il valore del networking che si viene a creare in Luiss Business School. Qual è stata la tua esperienza? A distanza di anni, sono ancora in contatto con diverse persone del mio corso. Un paio di colleghi sono diventati recruiter. Altri si sono fermati nella parte Hr. È bello interfacciarsi e scoprire le varie scelte fatte. Sono l'unico andato all'estero del mio anno. Quando sono uscito da Rds e sono venuto ad Amsterdam per Nike, un mio collega mi ha chiesto un riscontro sull'azienda che lasciavo e ho potuto metterli in contatto. Ora lui è ancora lì. Quindi mi sento di dire che il network nato durante il percorso Luiss Business School funziona. In Luiss Business School si lavora molto sulla Leadership. Secondo te cosa ci vuole per essere veri leader? Soprattutto tanta umiltà. Bisogna essere consapevoli che, anche se si ricopre un ruolo importante, bisogna riuscire a comunicare in modo efficace con le persone con cui si lavora, con umiltà appunto, sapendo che i propri compiti vanno al di là del proprio ruolo e della propria responsabilità. Inoltre, non meno importante, ci vuole la capacità di gestire task complessi. Oggi sei un recruiter: provenire da un percorso Luiss Business School ha fatto la differenza nel tuo ingresso in queste aziende? Se sì, come? Sì, perché la fama internazionale del marchio mi ha permesso di aumentare le aspettative sul mio cv. Inoltre, ad Amsterdam, la Luiss Business School è molto conosciuta. Quali sono oggi le sfide da fronteggiare nell'ambito del recruiting? Il mercato è quello che è, difficile. A causa degli effetti prodotti dalla pandemia Covid-19, le aziende faticano a pensare sul lungo termine. In più, i candidati hanno cambiato i propri valori. Tra i deal-breaker, c'è la richiesta di tornare in ufficio: in molti non sono più disposti ad accettarlo. Si sta molto attenti alla job security, ma anche e soprattutto alla missione e ai valori delle aziende. Solo i profili più senior tendono a ritenere questi aspetti meno importanti. Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Pensi che tornerai a formarti? Cercherò di continuare a crescere attraverso il mio lavoro di recruiter. Cambiare nazione mi ha formato parecchio come persona: non escludo di fare qualche altro “salto” più avanti. La formazione continua in parallelo: mi sono iscritto a un corso in Data management in recruitment e forse più in là proverò un MBA. Quali sono i tuoi suggerimenti per gli studenti futuri e in aula su come cogliere pienamente le opportunità del percorso in Luiss Business School? Ascoltare i docenti. Sono professori che portano in aula tantissima esperienza aziendale, concreta. In più, i corsi hanno moltissime relazioni con il mondo dell'impresa e sanno tradurre in formazione le richieste delle aziende. Infine, consiglio di essere pazienti e determinati. 26/08/2022

04 Agosto 2022

Turismo, nuove prospettive di carriera

Il Covid ha trasformato il settore in un "sorvegliato speciale", ma anche in un bacino di possibilità lavorative. A questo, un master Luiss Business School offre risposte attraverso la formazione Il turismo traina il Pil mondiale in una percentuale pari al 10%. In Italia questo numero sale fino a circa il 13%. In epoca pre-Covid si è dato per scontato il modello di business applicato al settore turistico, ma la pandemia ha cambiato le dimensioni ma anche le esigenze delle imprese, trasformando il comparto in una specie di "sorvegliato speciale". Ora che il business è cambiato, c'è bisogno un upskilling e reskilling di alto profilo. Per questo Luiss Business School ha creato il Master in International Management – Major in Tourism Management, un programma di 12 mesi in lingua inglese progettato per giovani talenti che desiderano lavorare all’interno dell’ospitalità turistica. Nuove posizioni, nuove competenze «Il business è cambiato e con esso anche le figure richieste – spiega Elena Dittadi, Complex Reservation Manager, The St. Regis Rome | The Westin Excelsior Rome – Tutte le persone che lavoravano nel settore prima della pandemia, hanno dovuto reinventarsi e, per la prima volta in cento anni, vengono a mancare tantissime figure professionali. Non solo chef e camerieri, ma anche professionalità di alto profilo». Tra le professioni più richieste oggi nel settore dell'Hospitality e Tourism & Leisure ci sono: Hotel Manager, Marketing & Communication Manager, Digital Content Strategist, Customer Experience Manager CEM (un upgrade dei CRM specialist), Revenue Manager, Director of Rooms, Sem & Seo strategist, Finance executive. Secondo Dittaldi, una dei docenti del master, le aree maggiormente scoperte sono quelle di Digital content creator, Customer experience manager e Revenue manager. «I digital content oggi sono chiamati a scrivere contenuti che creino engagement con i clienti. Il Customer experience manager deve saper disegnare le esperienze del cliente, tanto da trasformarlo in un ambasciatore dell'hotel. Infine, c'è il Revenue manager, figura cardine di qualsiasi struttura». Non solo hard skill I recruiter non cercano solo competenze hard, ma soprattutto soft skill particolari. Si va dal problem solving al team engagement, passando per learning agility, cross-functional growth, adattabilità, digital awareness, critical thinking, body language. «Oltre a tecniche intrinseche del lavoro, bisogna avere ottime capacità di emotional intelligence e leadership. Ai leader è richiesto di essere visionari, di avere una visione globale, capacità di adattamento e reattività». Guardando al segmento luxury Il settore turistico ha un'alta domanda di professionalità a fronte di un'esigua offerta. Per di più, chi è alla ricerca di professionisti è posizionato nel segmento luxury. Basti pensare che solo a Roma stanno investendo tantissimi marchi internazionali simbolo dell'hotellerie di lusso, tra cui Four Season e Belmond. «Il Covid ha rallentato i flussi turistici durante il lockdown, ma ha da aprile 2022 gli arrivi sono triplicati. Si è aperto un mercato prima sconosciuto: quello del Nord Europa. In passato, questi turisti si fermavano a Venezia. Oggi si avventurano verso Roma, ma anche Puglia e Sicilia. Si tratta di un mercato con caratteristiche diverse, che ha bisogno di experience designer che sappiano applicare un approccio emozionale al segmento del lusso». L'abbondanza di posizioni aperte nel mercato luxury rende possibili anche ampi margini di contrattazione sullo stipendio, oltre alla possibilità di poter scegliere dove lavorare. Resta fondamentale avere la formazione giusta, che coniughi hard e soft skill con un approccio personale. Il Master in International Management – Major in Tourism Management partirà il 26 settembre e sarà erogato in lingua inglese. Hanno partecipato al webinar: Elena Dittadi, Complex Reservation Manager, The St. Regis Rome | The Westin Excelsior Rome e Rachele Zucchetti, Coordinatore Master Full-time, Luiss Business School. 04/08/2022

29 Luglio 2022

Soft skill, la vera sfida di chi sceglie un MBA

Decimo MBA Networking Day per Luiss Business School: 14 aziende hanno incontrato gli studenti per una giornata dedicata a connessioni e nuove opportunità Le hard skill possono essere sviluppate in qualsiasi momento della propria carriera, ma investire in un percorso di alta formazione come quello MBA significa scegliere di lavorare soprattutto sulle soft skill. Anche perché il mercato del lavoro ne è sempre più affamato. A dirlo sono 14 manager che hanno incontrato gli studenti nel decimo MBA Networking Day di Luiss Business School. Nella splendida cornice di Villa Blanc, a Roma, il 19 luglio si è tenuta una giornata di incontri e scambi, per riflettere sulle trasformazioni del mondo del lavoro e sulle opportunità di crescita e competitività che proprio la connessione con la formazione avanzata è in grado di generare. Le skill più sfidanti da sviluppare per la propria crescita professionale In un mondo del lavoro in continua evoluzione, le persone oggi sono l'asset fondamentale di un'azienda. Il purposele mette al centro. I processi si evolvono in sintonia con i criteri ESG, in cui il fattore umano assume un peso importante nella definizione di sostenibilità d'impresa. Ma quali skill e visione cercano le aziende in un candidato, che ha scelto di affrontare un percorso di alta formazione come un MBA? Lo abbiamo chiesto ai manager intervenuti durante MBA Networking Day di Luiss Business School. Valerio Marinozzi, HR Business Partner, Acea «La skill più sfidante da sviluppare durante il percorso MBA è l'adattabilità, accompagnata a empatia, interconnessione e intelligenza emotiva. Il lavoro non è più visto come un mezzo di sostentamento, ma un percorso che permette una realizzazione di sé stessi. Chi ha l'aspirazione di governare grandi processi aziendali – e chi fa il percorso MBA ce l'ha – deve essere una persona adattabile a cambiamenti che sono già arrivati e che continueranno ad arrivare. L'empatia sarà necessaria per gestire i team e le persone al loro interno, che porteranno esigenze e bisogni sempre diversi e più complessi. Ciò potrà realizzarsi solo se ci sarà un focus costante sulla persona». Siria Scandellari, COO, BeSafe Group «Una delle sfide principali per sviluppare le proprie skill proviene dalla metodologia. Un self-assesmentpuò aiutare a identificare i vuoti di forza e di miglioramento. Oggi abbiamo accesso a una fonte quasi illimitata di risorse e di materiale dedicato. Non bisogna dunque limitarsi alle prime informazioni disponibili, ma fare proving, quindi indagare, applicare creatività perché le fonti di ispirazione e di apprendimento provengono da ogni parte del mondo». Laura Bonucci, Human Resources, Colliers «Bisogna approcciarsi al mondo del lavoro con la capacità e la voglia di continuare a imparare. Una skill importante è proprio quella di imparare a imparare: questo deve essere l'approccio da usare per poter crescere e avvicinarsi al mondo del lavoro. Un'altra skill fondamentale è la capacità di comunicare e approcciarsi alla comunicazione in modo attivo, non solo nel team e nella società, ma anche con il cliente esterno e con gli stakeholder. Inoltre, bisogna avere una visione che contempli le tematiche ESG». Martina Budassi, Senior Talent Attraction and Acquisition, EY «Le tre skill che possono e devono essere implementate da parte degli studenti MBA per entrare nel mondo del lavoro sono: pensiero strategico, pensiero critico e problem solving. Questi tre aspetti contano e vanno oltre le upskill, che sicuramente si apprendono già durante il proprio percorso». Livia Lorenzetti, Recruiter, Challenging & Innotek Consulting «Essere flessibili, elastici, per accogliere le sfide del mercato di oggi, ancor prima di reagire. Bisogna cercare di essere aperti e pronti a scegliere anche di virare e cambiare, cogliendo il meglio da ogni opportunità». Nicola Del Zotto, Branch Manager, Jefferson Wells Italia «Gli studenti alla fine di un MBA non devono pensare di aver terminato un percorso di studi, perché sono al punto di partenza della costruzione della propria carriera. Si tratta di un punto di partenza privilegiato, a cui non tutti possono accedere. In un mondo in cui le competenze fanno la differenza perché la tecnologia va veloce e il mondo si trasforma, il bagaglio del percorso MBA è una cassetta degli attrezzi con cui lavorare meglio e costruire il proprio futuro. È la linea su cui costruire un futuro». Alessia Cerbone, Pre-Seed & Acceleration Associate, LVenture Group «È molto difficile trovare persone che sappiano adattarsi a diversi contesti e che riescano a prendere ciò che di buono c'è in un settore e traslarlo in altri. Quindi le migliori skill per un candidato sono flessibilità e pensiero laterale». Alfredo Politano, Senior Manager Financial Services, Minsait «Le skill più ricercate ad oggi sul mercato in termini manageriali non sono quelle tecniche, ma quelle che attengono al range comportamentale e che aiutano a emergere in situazioni difficili. Si ricercano l'empatia, il senso di inclusività anche rispetto all'ambiente in cui si lavora, oltre a una vision complessiva che spinga ad essere proattivi. Bisogna lavorare prima su sé stessi per poi affacciarsi in maniera propositiva al futuro». Pierangelo Rivera-Beer, Senior Talent Acquisition Advisor, MSD Italia «Tra le competenze più sfidanti da sviluppare per gli studenti che hanno terminato un MBA c'è il sapersi relazionare con altre persone, con rispetto. Perché la parte tecnica può impararla chiunque, in qualunque momento». Enrico Gori, Engagement & Development Manager, Kuwait Italia «In questo momento di transizione e incertezza, per le aziende e per i singoli, serve un esercizio di flessibilità per rimanere davvero sostenibili. Il verbo non è scelto a caso: la sostenibilità non è qualcosa di cui entrare in possesso, ma un modo di essere, in cui bisogna rimanere. Solo attraverso le singole persone sostenibili è possibile fare aziende altrettanto sostenibili». Enrico Rizzo, Market Access Strategy Manager, Takeda Italia «Aziende come Takeda cercano persone che abbiano pensiero strategico, spiccate capacità verso il digital e che sappiano creare partnership nell'interesse dei nostri pazienti». Noemi Russo, Talent & Employer Branding Coordinator, Unilever Italy «Bisognerà concentrarsi su quelle che in Unilever chiamiamo Future-fit skill, cioè quelle competenze che permettono sia a studenti che a professionisti di affrontare un mondo del lavoro in continua evoluzione. Da un lato, ciò significa concentrarsi sulle soft skill, importanti per relazionarsi con il proprio team e con l'esterno. Dall'altro lato, contano tanto anche le hard skill, in particolare data analytics e digital skill, oggi fondamentali in una realtà sempre più digitalizzata». 29/07/2022

MBA

20 Luglio 2022

La Cina è più vicina con un master: la storia di Aurora Monti

La Junior Product Manager di China-Wi racconta quanto il Master in Marketing Management di Luiss Business School sia stato necessario per la sua carriera Una solida competenza linguistica ha bisogno di competenze tecniche per permettere a uno studente di diventare un professionista qualificato. Questa consapevolezza ha spinto Aurora Monti a frequentare il Master in Marketing Management, con major in Digital Export, di Luiss Business School in collaborazione con ITA. Conoscere una lingua, anche se difficile come il cinese, non crea in automatico un esperto di import-export. Tra lettere di credito e trasporti internazionali, è tra i banchi di Villa Blanc che Aurora Monti, Junior Product Manager di China-Wi, ha scoperto il fascino del commercio internazionale e le competenze che richiede. Aurora, cosa ti ha spinto a scegliere il Master in Marketing Management, con major in Digital Export, targato Luiss Business School? Ho scelto di proseguire i miei studi perché, dopo la pandemia, avevo voglia di dare una svolta alla mia carriera. Così ho ripreso a studiare per entrare nel commercio internazionale. Puntavo alla Cina, Paese in cui ho investito durante la mia formazione. In più, il mondo dell’import-export mi ha sempre affascinata. Ma avevo bisogno di competenze specifiche. Così, informandomi online, ho scoperto il master in Marketing Management, con major in Digital Export. Dato il prestigio accademico e professionale che la Luiss Business School gode, ho scelto di iscrivermi. Tre parole per definire l’ambiente che hai trovato in Luiss Business School. Professionale, perché ho sempre avuto l’impressione di confrontarmi con dei professionisti. Affidabile, perché ho scelto di entrare in contatto con una realtà storica e longeva. Internazionale, perché la Luiss Business School ha molte certificazioni e accordi con realtà estere e accoglie studenti internazionali. Tra i corsi del tuo master, c’è qualche relatore che ha lasciato il segno? I corsi che mi hanno segnata maggiormente sono quelli che mi hanno fatto entrare in contatto con la realtà dell’import-export in cui lavoro ora: marketing digitale ed export. Ci hanno dato le basi su tutte le realtà necessarie per fare questo lavoro: dalle dogane ai trasporti, affrontando tematiche di cui oggi mi occupo ogni giorno. Soft skill: come avete lavorato su questo ambito durante il master? Accanto ai corsi tradizionali, la Luiss Business School ci ha offerto la possibilità di partecipare a laboratori di vario tipo, per allenare soft skill come il Public speaking o How to present. Sono capacità molto importanti da allenare per una vita professionale vincente. Quali sono stati i momenti più significativi del percorso in Luiss Business School? Uno fra tutti, la challenge finale con Sace. Ci ha permesso di confrontarci con un’istituzione che supporta le imprese italiane che si affacciano al commercio internazionale, proponendo nuove idee per fornire strumenti innovativi per le aziende italiane. Questa sfida ci ha permesso di metterci alla prova anche nel lavoro di gruppo. Hai svolto anche attività di supporto organizzativo relative ai corsi come tutor d’aula in Luiss Business School: cosa ti ha dato questa esperienza? Ho sentito un senso di responsabilità verso la scuola e i miei colleghi. Di fatto ero un tramite che doveva fare da raccordo. Mi ha dato l’opportunità di capire come traghettare le informazioni tra due interlocutori, collegando l’alto con il basso. Nella tua formazione antecedente al master, si legge un forte legame con la Cina. Hai studiato cinese in Italia e all’estero. Come hai iniziato? Dopo il liceo ho scelto di approfondire lo studio delle lingue, in cui mi sono sempre sentita portata. Oltre l’inglese, volevo mettermi alla prova con una lingua che mi portasse a superare i miei limiti. E quindi mi sono buttata su un idioma tanto affascinante quanto complicato come il cinese. Con tanto impegno e dedizione, sono riuscita a superare questa sfida. Come funziona il tuo ruolo in China-Wi? Ho attivato uno stage curricolare con China Wi, proponendo questa realtà al career service Luiss Business School. A gennaio sono entrata in questa azienda, una trading company che si occupa di compravendita internazionale. Personalmente, seguo lo sviluppo del prodotto, fungendo sia da R&D che da ufficio acquisti per il cliente. Il mio ruolo, un po’ come durante il tutoraggio in aula, è far in modo che l’acquisto sia semplice per il cliente italiano. Vado a verificare cosa ci viene richiesto, studiando il prodotto, i requisiti tecnici, le certificazioni. Non ultimo, analizzo l’offerta già presente sul mercato, per poi cercare fornitori in Cina che producano il manufatto per conto del cliente. Raccolgo i preventivi e poi restituisco il prodotto richiesto – dotato però anche di un valore aggiunto– a chi usufruisce del servizio. Insomma, anche qui faccio da raccordo! In che modo il master ti ha supportato in questo percorso? Ho acquisito delle basi che prima non avevo. Nel mio ruolo è importante avere nozioni di commercio internazionale, sapere cos’è una lettera di credito o una bolla doganale, oltre cosa vuol dire spedire le merci con un container. Rispetto alla tua esperienza, quali opportunità offre il mercato cinese per chi vuole lavorare nel mercato dell’export e quali competenze è utile sviluppare in questo campo? In questo momento, a causa della pandemia, i rapporti fisici sono un po’ difficoltosi. L’online resta uno strumento fondamentale per i rapporti Italia-Cina. Il mercato cinese ha tanto da dare a chi vuole fare commercio internazionale. Ma c’è bisogno di tanta competenza tecnica per poter avere a che fare con questo mercato. In più, è necessario un presidio fisico sul posto, per svolgere il controllo qualità. Pensi che in futuro continuerai a costruirti sul campo o pensi di tornare sui banchi per acquisire nuove competenze? In questo momento ho scelto di continuare ad acquisire competenze sul campo: solo mettendosi in gioco tutti i giorni si può acquisire una solida professionalità. Ma un domani non escludo la scelta di un master executive. Sono una persona ambiziosa, che vuole arrivare sempre più in alto, diventando una professionista sempre più qualificata. Un consiglio per chi deve iniziare. Godersi appieno la vita del campus. Noi non abbiamo potuto farlo perché vivevamo ancora una situazione ibrida, tra live e online. È molto importante sfruttare tutte le occasioni di confronto reale con professionisti dell’ambito del proprio master, come avviene durante gli incontri Leader 4 Talent. L’obiettivo deve rimanere quello di cercare il confronto con chi ne sa più di noi. 20/07/2022

12 Luglio 2022

Formazione, competenze trasversali per un impatto a 360 gradi sulle imprese

Presentati i risultati dell'analisi degli interventi formativi finanziati da Fondimpresa nel 2020, realizzata da Luiss Business School, Fondazione ADAPT, EU.R.E.S. Ricerche Economiche e Sociali e Fondazione Giuseppe Di Vittorio La pandemia ha aggiunto complessità a un mondo del lavoro impegnato nel confronto con le transizioni energetica e digitale. In questo contesto, la formazione e i Fondi Paritetici Interprofessionali giocano un ruolo importantissimo nel creare valore attraverso l'upskilling e reskilling delle risorse umane di un'azienda. A Villa Blanc, sede di Luiss Business School a Roma, si è tenuta la presentazione dei risultati dell’analisi degli interventi formativi finanziati da Fondimpresa nel 2020, realizzata da Luiss Business School, Fondazione ADAPT, EU.R.E.S. Ricerche Economiche e Sociali e Fondazione Giuseppe Di Vittorio. Un importante momento di riflessione sul ruolo chiave che la formazione assume per rispondere ai bisogni di competenze che con la pandemia sono divenute strategiche per affrontare la ripresa in un’economia fortemente globalizzata e digitale. Competenze trasversali Nel rivolgere il proprio saluto iniziale, Raffaele Oriani, Dean, Luiss Business School, ha rimarcato l'importanza della formazione d'impatto. «Si tratta di un percorso in cui istituzioni come Luiss Business School accompagnano le imprese nei processi di trasformazione, con effetti sulla crescita di lungo termine quanto sulla realtà operativa. Non si rimane nell'ambito delle sole conoscenze teoriche, ma impattano sulle competenze organizzative delle persone. Per questo, sono necessarie competenze trasversali, che permettano di avere un impatto più rotondo sulle imprese». Formare per far ripartire l'Italia Negli ultimi anni Fondimpresa ha investito oltre 5 miliardi di euro nella formazione: una risposta alla complessità che Aurelio Regina, Presidente, Fondimpresa, ha specificato come necessaria per rispondere al fenomeno di accelerazione contemporanea. «Un anno dei prossimi equivarrà a quattro anni del passato. Si va sempre più veloce, verso impellenti trasformazioni. A queste sfide importanti si è aggiunta una grande complessità, portata dalla pandemia. In un contesto come questo, a quella digitale si affiancherà un'altra grande trasformazione, quella ecologica ed energetica, di cui ancora non decifriamo la complessità, ma che sarà accelerata dal conflitto russo-ucraino. In questo scenario di incertezza e trasformazione economica, investire nella formazione è necessario e indispensabile per far ripartire il Paese in un'economia che sarà fortemente digitalizzata e tecnologica». Parlando dell'offerta di Fondimpresa, Regina ha sottolineato: «i nostri fondi professionali sono la perfetta sintesi tra l'interpretazione delle necessità delle imprese e la gestione complessa di chi deve amministrare denaro pubblico. In futuro, dovremo avere un ruolo più proattivo verso le imprese». Come incrementare il valore delle risorse umane «La necessità di valorizzare i propri dipendenti diventa ancora più pressante in questo momento storico, in cui le imprese hanno grandi difficoltà nel reperire le figure professionali che cercano», ha esordito Rossella Accoto, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. «Il valore delle risorse umane non è immutabile, ma può crescere con la formazione continua». In questo contesto i fondi di formazione professionale svolgono un ruolo dirimente. Queste istituzioni sono spesso state chiamate a contrastare situazioni di crisi nella più recente storia economica e sociale, come durante la crisi del 2009, in cui fu allargato l'ambito d'intervento anche a chi aveva perso il lavoro. Nel più ampio scenario della Next Generation EU sono previsti investimenti importanti, inseriti in un quadro pluriennale, finalizzati al progresso della società dell'apprendimento. Nel contesto del Pnrr, l'upskilling e il reskilling avranno un ruolo strategico. «In questa logica, la formazione diviene la principale leva strategica – ha aggiunto Accoto – sia per rispondere alle necessità di nuove competenze per le transizioni, soprattutto digitali ed ecologiche, sia per arginare gli effetti della crisi sull'occupabilità delle persone. In questo quadro, tutti gli attori vengono chiamati a rafforzare la capacità di collaborare, unendo gli sforzi in un'ottica di complementarità e non sovrapposizione». All'interno del piano si inseriscono tre programmi guida. Ci sono il programma di riforma a garanzia dell'occupabilità dei lavoratori, il cosiddetto programma Goal, rivolto ai non occupati; il fondo Nuove Competenze e il programma di investimento Sistema Duale. «L'innovazione è un processo complesso, che può declinarsi in molti modi. Ma la sua implementazione necessita di processi formativi. Anche la più rilevante tra le innovazioni non avrebbe alcun impatto se non vi fossero lavoratori in grado di assorbire le potenzialità e le funzionalità, implementando tutta la catena del valore dell'impresa. In questo contesto, va tenuto in conto il ruolo strategico dei fondi paritetici interprofessionali». Uno studio per disegnare il futuro della formazione Nell'introdurre la presentazione dei dati dell’analisi degli interventi formativi finanziati da Fondimpresa nel 2020, Matteo Giuliano Caroli, Direttore della ricerca, Associate Dean per l’Internazionalizzazione, Direttore BU Applied Research and Consulting, Luiss Business School, ha esplicitato: «l'obiettivo dello studio è duplice: da un lato, rendicontare i risultati all'attività del 2020 di Fondimpresa; dall'altro, sulla base dei numeri, tracciare traiettorie per l'evoluzione futura». Nel 2020, Fondimpresa ha mobilitato una notevole mole di risorse a favore della formazione delle imprese aderenti, pari a 308,5 milioni di euro. Le imprese aderenti al Fondo sono in aumento, per un totale di 209mila aziende coinvolte, con una presenza nettamente prevalente di quelle di dimensione minori. È proporzionalmente molto significativo il peso delle imprese localizzate nelle regioni meridionali (comprese le isole) e nel manifatturiero. L'indice di attrattività del Fondo, riferito alle imprese è pari al 12,5%, in aumento rispetto al 2019. Ci sono anche imprese, dette silenti, che pur avendo aderito al Fondo, non hanno mai svolto attività formativa. Alla fine del 2020 erano pari al 55%, erano distribuite per lo più al Sud e rispondevano ai criteri di micro e piccole dimensioni. La formazione d'impatto richiede una massa critica: se si fanno due ore di formazione, difficilmente si avrà un impatto formativo importante. Per questo le aziende ricorrenti (che partecipano a più di un’attività formativa nell’anno) sono molto importanti per Fondimpresa: equivalgono al 30% della totalità delle beneficiarie. Sono per lo più micro e piccole imprese, legate al manifatturiero, distribuite per lo più al Nord. La maggior parte dei beneficiari sono uomini (67,9%, 2021, rispetto al 32,1% delle donne), non giovani, operanti nel settore manifatturiero e nelle regioni settentrionali. Ciò dipende dalla composizione della popolazione aziendale e non dai criteri di accesso di Fondimpresa. L'upskilling e reskillng riguarda persone con più di 45 anni. Prevalgono persone con Diploma di scuola superiore (47,9%), nonostante sia in crescita l’insieme dei beneficiari con Laurea o specializzazione. I Piani Formativi finanziati attraverso il Conto formazione sono prevalentemente di breve durata e per piccoli gruppi di persone o individuali; più di due terzi dei lavoratori sono coinvolti su piani «base». Questa scelta rimette a fuoco la criticità della durata dei programmi, ancora troppo brevi perché siano davvero impattanti ed efficaci. Le tematiche formative riguardano la sicurezza sul luogo del lavoro e delle abilità personali, insieme a temi di gestione dell'azienda. La missione di Fondimpresa è particolarmente sfidante, in considerazione della notevole eterogeneità del sistema delle imprese e quindi delle persone cui indirizza il suo supporto alla formazione. «Rivolgersi a target molto differenziati è una sfida enorme. C'è la necessità di differenziare l'azione in più possibile, con elementi normativi istituzionali indispensabili», ha concluso Caroli. «Le grandi imprese svolgono un ruolo di capofiliera, alla guida di sistemi di fornitori. L'obiettivo oggi è farli crescere sia nel proprio interesse, ma anche nel segno della sostenibilità. Questi soggetti devono fungere da motore di sviluppo condiviso, Crediamo che si possa lavorare su questo tema, con meccanismi di stimolo che coinvolgano le grandi imprese nell'attivare l'azione formativa per le medio piccole e piccole realtà. Uno strumento utile sono le reti di impresa, ormai consolidate, che favoriscono la collaborazione». «Il ruolo di Fondimpresa, consolidato, che emerge dallo studio è quello di raggiungere e coinvolgere un'ampia platea delle imprese. Tutto starà nel trasformare questa capacità in un'azione più chirurgica, tenendo conto che il sistema delle imprese è molto eterogeneo. Pur con i limiti istituzionali, deve essere trattato in modo differenziato. Poi bisogna stimolare collaborazione e interazione tra le diverse tipologie di impresa sullo sviluppo delle competenze». All'evento “VI RAPPORTO NAZIONALE FONDIMPRESA, Anno 2020. La formazione come leva strategica per l’innovazione e la sostenibilità”, tenutosi il 12 luglio a Villa Blanc, Roma, sono intervenuti: Raffaele Oriani, Dean, Luiss Business School; Aurelio Regina, Presidente, Fondimpresa; Matteo Giuliano Caroli, Direttore della ricerca, Associate Dean per l’Internazionalizzazione, Direttore BU Applied Research and Consulting, Luiss Business School; Giorgio Alleva, Direttore, Dipartimento di Metodi e modelli per l’economia, il territorio e la finanza, Università Sapienza di Roma; Nadio Delai, Sociologo; Lucia Valente, Professore Ordinario di Diritto del Lavoro, Avvocato giuslavorista; Rossella Accoto, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali; Annamaria Trovò, Vicepresidente, Fondimpresa. Claudio Tucci, giornalista, Il Sole 24 Ore, ha moderato la tavola rotonda. 12/07/2022

04 Luglio 2022

Rinnovabili, burocrazia, consapevolezza: i nuovi scenari dell'energia

Presentata la nuova edizione di Edison Energy Camp, il programma nato dalla collaborazione tra Edison e Luiss Business School La gestione dell'emergenza collegata al comparto energetico e, in special modo, alle forniture di gas dalla Russia continua a tenere banco su tutti i media. Ciò che viene chiamato in causa è il modello di consumo, sia lato consumer che impresa. Per questo Edison in collaborazione con Luiss Business School, ha creato l'Edison Energy Camp. Solo raccogliendo le migliori tra le giovani menti sarà possibile disegnare le strategie per il futuro dell'energia. Durante l'evento I nuovi scenari dell’energia, tenutosi il 22 giugno presso il Palazzo Edison a Milano, è stata inaugurato la nuova edizione del programma nato dalla collaborazione tra Edison e Luiss Business School, con la partecipazione di World Energy Council Services Italia. «"I nuovi scenari dell’energia" è un tema rilevante per il Paese e per la nostra vita quotidiana - ha esordito Raffaele Oriani, Dean, Luiss Business School - Il programma Edison Energy Camp è molto articolato e durerà per tre anni. Partirà a Milano, ma ospiteremo una parte della formazione anche a Roma e online, che per noi rappresenta un nuovo standard. Sensibilizzare le nuove generazione di professionisti su queste tematiche sia necessario per il sistema Paese». Come fronteggiare la dipendenza dal gas russo La ripresa produttiva post Covid ha innescato un aumento della domanda e dei prezzi dell'energia. Non c'è stata la discesa ipotizzata a causa della guerra. L'impatto è molto forte sia sul bilancio delle famiglie, che arrivano a pagare gli aumenti fino a una mensilità media in più all'anno, portando l'inflazione a 7,5%-8% a livello europeo. Anche le industrie pagano gli aumenti in termini di perdita di competitività. «Siamo in una situazione di affanno – spiega Nicola Monti, CEO, Edison – i costi di investimento, del debito, di accesso al mercato finanziario per le aziende sono aumentati, mettendo in dubbio la dinamica positiva innescata dal perseguimento degli obiettivi di decarbonizzazione. La situazione mette in evidenza un'eccessiva dipendenza dal gas russo, anche per mancanza del nucleare sul territorio italiano». Le rinnovabili sono solo una parte della risposta, perché il gas è ancora la fonte primaria che alimenta le centrali che vanno in soccorso di pannelli fotovoltaici e pale eoliche quando sole e vento non ci sono. L'Italia consuma 70 miliardi di metri cubi di gas e si contempla già l'abbassamento di un grado medio nei riscaldamenti durante il prossimo inverno. La quantità di gas da sostituire resta comunque rilevante: per questo bisogna rivedere le pratiche di consumo. «Ci attendono mesi molto complessi, ma nonostante la delicatezza di questa fase, bisogna comprendere la natura di questa opportunità – spiega Matteo Caroli, Associate Dean per l’Internazionalizzazione; Direttore BU Applied Research e Osservatori, Luiss Business School – L'Italia ha dimostrato di sapersi muovere meglio durante i momenti di difficoltà, superando le criticità che hanno finora rallentato la transizione energetica. Questo richiederà una forte coesione dal punto di vista del comportamento delle persone: bisogna essere coscienti che occorrerà fare qualche sacrificio. Accanto alla transizione, bisognerà mettere il tema del risparmio energetico. Sarà necessario affiancare operazioni per innescare la consapevolezza del consumo, così come si è fatto per quello alimentare». Transizione energetica: come impatterà sui modelli di business Le risposte contemporanee alla crisi energetica passano anche da iniziative come le Comunità Energetiche. Si tratta di gruppi di persone – singoli o piccole imprese – concentrate in una specifica area (come un quartiere o un piccolo paese) che si auto-organizzano la produzione energetica, ottenuta da fonti rinnovabili. È uno dei mezzi per combattere la povertà energetica che il mondo sta affrontando. «Il passaggio a nuove fonti di energia rinnovabile è assolutamente necessario – aggiunge Caroli – non solo per ragioni ideologiche e ambientali, ma anche perché la crisi del gas è stata semplicemente enfatizzata dalla guerra russo-ucraina. Bisogna però immaginare una strategia di elettrificazione in attesa di capire se l'altra opportunità su cui si sta sviluppando molta ricerca, cioè l'uso dell'idrogeno, potrà rappresentare una reale alternativa». «Bisogna accompagnare i grandi clienti industriali, ma anche i piccoli e la pubblica amministrazione verso un percorso di decarbonizzazione. Il processo non verrà messo in pericolo dalla crisi, che ci obbligherà ad accelerare nella realizzazione degli investimenti nelle fonti rinnovabili e nell'efficienza energetica per ridurre le dipendenze da alcune fonti primarie come il gas russo. Tuttavia, è bene ricordare che l'Europa è responsabile per il 6-7% delle emissioni di CO2 in tutto il mondo. Possiamo anche centrare i nostri obiettivi, ma se poi Cina e India non fanno la propria parte, sarà tutto inutile». Burocrazia, il grande ostacolo L'efficienza energetica impatta sulle vite dei cittadini anche attraverso gli interventi edilizi, incentivati da operazioni come il Superbonus 110%. Tuttavia, per accelerare i processi di autorizzazione per questo settore e per la semplice installazione di nuovi impianti rinnovabili, vanno riviste le pratiche di permitting. Infatti, gli adempimenti burocratici sono ancora un ostacolo importante sul cammino della transizione energetica italiana verso fonti rinnovabili. Del resto, l'Italia installa un decimo delle rinnovabili che dovrebbe installare secondo i piani stabiliti dal governo. «Occorre mettere il tema della transizione energetica, dell'elettrificazione e del risparmio tra le priorità politiche del nostro Paese – aggiunge Caroli – sensibilizzando i cittadini a fare la propria parte». L'evento “I nuovi scenari dell’energia” ha ospitato gli interventi di: Raffaele Oriani, Dean, Luiss Business School; Matteo Caroli, Associate Dean per l’Internazionalizzazione; Direttore BU Applied Research e Osservatori; Professore Ordinario di International Business, Luiss Business School, Nicola Monti, CEO, Edison. Modera i lavori Cheo Condina, giornalista, Il Sole 24 Ore. 4/7/2022

28 Giugno 2022

Adriano Romani, dalle vittorie in aula a quelle sul campo

Il ventiseienne romano ha completato il master Luiss Business School in Corporate Event: “un vero leader è colui che pensa al bene del gruppo” Adriano Romani è un allenatore di flag football americano. Ama questo sport, che sarà presente anche alle prossime olimpiadi. Con i suoi Grizzlies Roma è diventato campione d’Italia Fidaf. Ma il ventiseienne romano è sempre stato affamato di sfide. Appassionato di fotografia, ha frequentato un master e il 18 giugno inaugurerà la sua prima mostra. Non contento, ha scelto di seguire il master in Corporate Event di Luiss Business School per mettersi alla prova. Ha scoperto che una challenge resta sempre una challenge e che la differenza la fanno le soft skills e la propria visione di leadership. Adriano, recentemente sei diventato campione d’Italia FIDAF, regolarmente presente tra gli sport nazionali inseriti dal CONI e a breve sarà anche alle prossime olimpiadi. Un grande obiettivo raggiunto. Quali sono le caratteristiche principali per vincere sfide sportive e no? Prima di tutto, non porsi limiti. Poi, cercare di fare gruppo con i propri compagni di squadra e raggiungere un obiettivo. Queste sono consapevolezze e capacità sviluppate durante il percorso in Luiss Business School, attraverso i lavori di gruppo. Dopo un anno di studi, ho osservato alcune differenze nel mio modo di pormi con la squadra e anche con coach più grandi. Quali sono le skills che hai allenato in Luiss Business School e che ti sono servite nelle sfide sportive? Il conflict management è stato determinante all’interno delle challenge, ma anche nel contesto sportivo, quando si ha a che fare con età e personalità diverse. Poi c’è il problem solving. Vengo da studi classici e ho scelto un master di economia, ma la difficoltà del percorso di studi, fatto con serietà, mi ha permesso di sviluppare l’attitudine alla ricerca di soluzioni anche impensate a problemi da risolvere. Un atteggiamento determinante nel mio lavoro sul campo. La tua performance sportiva è stata influenzata dal tuo percorso in Luiss Business School? In realtà, ha influenzato tutta la mia vita. È stata l’esperienza più formativa e intensa che io abbia mai fatto. Questa realtà sfidante a livello pratico e teorico mi ha permesso di mettermi alla prova, sentendomi orgoglioso di essere parte di un gruppo di lavoro, di una squadra, ma anche di una comunità, quella di Luiss Business School. Il successo sportivo maturato quest’anno è arrivato anche grazie alla maturità sviluppata in questo percorso molto duro e formativo. A breve sarai protagonista di una mostra legata a un libro fotografico. Come sei riuscito a conciliare sport e amore per la fotografia con un percorso impegnativo come quello di un master in Corporate Event? Faccio una vita molto diversa da quella dei miei coetanei. L’impegno del master e quello sportivo mi hanno portato a scegliere di sacrificare uscite serali e altri svaghi. Ma senza rimpianti: mi piace confrontarmi con realtà sfidanti. Da dislessico, sono stato abituato sin da piccolo a studiare e ad applicarmi più degli altri. Ora sto vivendo la gioia di due grandi successi: quello sportivo e quello artistico. Il 18 giugno, al museo Pigorini di Roma, i miei scatti dedicati al Festival del Cinema potranno essere visibili a tutti. C’è un filo conduttore tra la tua esperienza nel coaching staff di una squadra di football e il desiderio di lavorare nel campo dei corporate event? Se sì, qual è? Il porsi degli obiettivi sfidanti, che portino a superare i propri limiti. La caratteristica che guida tutto è l’adrenalina. C’è qualche relatore che ti ha influenzato durante il tuo percorso in Lbs? Abbiamo avuto diversi relatori stimolanti, ma l’esperienza di Paola Aruta, docente di Epr e media relations, mi ha colpito. Ha studiato ad Harward e, per me che ho paura di prendere l’aereo, è stata illuminante la sua determinazione. Ho capito che, per seguire un sogno, bisogna sacrificarsi. Dopo quel corso, ho ricevuto una telefonata proprio dagli Stati Uniti: una squadra mi ha chiamato per andare ad allenare lì. In quel momento ho pensato a lei. Partirò tra 10 giorni, una decisione che ho potuto prendere anche grazie a quella testimonianza. Il network è uno dei valori fondanti in Luiss Business School: come riesci a tenere insieme la naturale competizione connaturata al tuo essere uno sportivo al fare rete? Sono sempre stato in sfida con me stesso, ma non con gli altri. Per questo è facile per me avere rapporti con il mio team e con gli avversari. Per me la challenge è come un gioco: ci sfidiamo e poi andiamo a mangiare insieme dopo il match. La mia idea di competizione è sana. Il network funziona e, grazie alle soft skills sviluppate, mi sono sentito pronto a interagire con persone più grandi, con background diversi e più complessi del mio. In più, lavorare in gruppo mi ha aiutato ad allenare il concetto di leadership condivisa. C’è il momento in cui si è chiamati a guidare e quello in cui si deve condividere il comando. In Luiss Business School si lavora molto sulla Leadership. Secondo te cosa ci vuole per essere veri leader? Umiltà. Il vero leader è colui che riesce ad usare le sue caratteristiche, sviluppate nel tempo, per tirar fuori il meglio dagli altri, fungendo da vero a proprio collante nell’ingranaggio. In uno sport come il mio, dove ci sono molti coach e c’è un’organizzazione molto orizzontale, un vero leader è colui che pensa al bene del gruppo. Conquistare la fiducia di persone più grandi di te, rimanendo umile e mostrando i propri valori non è facile, ma è proprio questa una delle eredità migliori che mi porto dalla Luiss Business School. Progetti per il futuro: tra football, fotografia e formazione avrai molte direttrici aperte… Sportivamente, la mia idea è di continuare ad allenare. Dopo questo anno in America, penserò a cosa fare. Invece, sul fronte formazione, terminato il master, vorrei trovare uno stage sfidante almeno quanto i corsi seguiti presso la Business School. Ho voglia di misurarmi e crescere. Essendo un appassionato di fotografia e di costruzione dell’immagine, mi piacerebbe lavorare in realtà collegate alla costruzione dell’immagine. 28/6/2022

23 Giugno 2022

Transizione energetica e digitale: le solution degli studenti Luiss Business School alla Global challenge di Italgas

Battute finali per la Luiss Business School Global Business Challenge, che ha visto protagonista il settore energetico con Italgas Per la Luiss Business School Global Business Challenge, il Gruppo Italgas ha sfidato gli studenti a elaborare soluzioni innovative che mettano in pratica trasformazione digitale e transizione energetica. Parola chiave per affrontare i due imperativi contemporanei: piattaforme. Il lancio della challenge ha rappresentato la fase di confronto sul campo seguita all’analisi del case study “Italgas: embracing digital”, curata da Enzo Peruffo, Professore Ordinario di Strategie d’impresa e Associate Dean for Education, Luiss Business School Ecco le soluzioni individuate dai gruppi e le rispettive visioni sul futuro del settore energetico. La solution di Business as Usual Francesco Giannoni è il portavoce del gruppo Business as Usual. Il ventiquattrenne di Pistoia è uno studente del Master di International Management e ha condiviso la challenge con Carolina Allocca, Francesco Oliva, Daniil Gershman. La solution del gruppo si articola in tre moduli: si parte da un'idea e si sviluppa in due appendici. L'applicazione della blockchain permette di gestire processi produttivi e logistici, diminuendo l'impatto ambientale e aumentando l'efficienza della supply chain. «Usando i dati, andremo a sviluppare un'app per il B2B e una per il B2C. I dati potranno così essere ricevuti dagli stakeholder di Italgas, ma anche dall'utente finale». La seconda parte della solution mira a contenere il rischio legato alle fragilità del settore, diversificando gli investimenti. «Vorremmo suggerire di investire nel settore assicurativo, dove le blockchain sono presenti. Si possono collegare contratti, eliminando l'intermediario, velocizzando l'outcome e rendendo più efficiente il sistema sia verso l'azienda sia verso il cliente. Nel settore assicurativo dell'energia c'è poca competizione e serve grande esperienza per operare: chi può farlo meglio di Italgas?» La solution di Here 2 Disrupt Celestino Cresta è il portavoce del gruppo Here 2 Disrupt. Il ventottenne di Catanzaro è uno studente del master in Strategy for Disruptive Growth e ha condiviso la challenge con Emanuele Castorina (Strategy for Disruptive Growth), Luca Meloni (Strategy for Disruptive Growth), Luca Molteni (Strategy for Disruptive Growth), Elena Fontana (Human Resources). «Per comprendere meglio i meccanismi che regolano la supply chain del gas, abbiamo proposto un ledger blockchain sia per migliorare le procedure di monitoraggio, sia l'economicità delle stesse, sia l'attendibilità delle informazioni condivise. In questo modo, gli operatori potranno condividere più facilmente i dati in loro possesso, spaziando dagli estrattori ai consumatori finali. Le soluzioni blockchain potrebbero portare a una riduzione del 30% dei costi, con transazioni più sicure. Grazie a queste informazioni, il cliente potrebbe anche scegliere la provenienza del gas per la propria utenza. Inoltre, si andrebbe a creare un nuovo modello di fiducia, necessario alle aziende del settore. La nostra solution ipotizza sei mesi di prova in Medea, società del gruppo Italgas, con otto manager dedicati all'implementazione della tecnologia. Grazie alla presenza dei contatori smart di Italgas, sarebbe sufficiente implementare il software. Abbiamo scelto la blockchain di Solana perché è carbon free. Dopo aver concluso la sperimentazione su Medea, si dovrebbe passare alle altre società e infine a Italgas. A questa fase dovrebbe seguire una campagna marketing per indicare i benefici per i clienti finali». La solution di Shaping a Powerful Future Giuseppe Zito Affinito è il portavoce del gruppo Shaping a Powerful Future. Il trentunenne di San Giorgio a Cremano (NA), è uno studente dell’Executive Programme in Marketing & Sales e ha condiviso la challenge con Enrico Gigliotti, Paolo Castiglione, Elisa Cagnizi, Andrea Cecolin. «Partendo dalla storia di Italgas, abbiamo sviluppato una nostra strategia, che potesse allinearsi con un rinnovamento tecnologico che andasse a valorizzare due fattori: i dati e le persone. Sono i più grandi asset oggi in possesso di un'azienda. Ciò che abbiamo fatto non punta a digitalizzare i processi aziendali, ma a costruire una strategia digitale, che orienti le persone verso un approccio sempre più data driven. Per farlo, abbiamo preso in considerazione tre tecnologie, basate su cloud, che devono solo collegarsi ai sistemi già in uso in Italgas. Si parte da una lettura del parco dati di Italgas, provenienti da più fonti, si fa analisi citizen e data science, potenziate poi da power users. Queste figure entrano alla fine del ciclo produttivo del dato per sviluppare reportistiche o analisi avanzate per il business». Il valore di una challenge Un master Luiss Business School non è solo un percorso lineare, fatto di lezioni ed esami. Le challenge sono un modo per mettersi alla prova in modo concreto e sfidante. Come spiega Giannoni, inizialmente si può anche essere intimoriti. «Ma affrontare la challenge sviluppando una nostra idea, ci ha messo a diretto confronto con successo e fallimento. Essere arrivati in finale è un traguardo di cui andare fieri. Portiamo a casa una conoscenza aumentata di noi stessi, del nostro valore e della nostra autostima». «La challenge è stato un modo per applicare le conoscenze conseguite durante il master a una grande azienda come Italgas – spiega Cresta - Abbiamo stimato costi e ricavi, redatto un business plan e utilizzato i metodi di gestione del lavoro acquisiti durante i laboratori Luiss Business School». «La vera sfida è stata lavorare con persone provenienti da settori professionali diversi – aggiunge Affinito - Studiare una strategia ispirazionale per un'azienda altrettanto ispirazionale, ci ha permesso di entrare in sintonia con standard di eccellenza. Inoltre, le regole del concorso sono regole abbastanza stringenti, il che ci ha messi ancora di più alla prova nel costruire un processo di sintesi, introducendo le giuste capacità comunicative». Transizione energetica, la visione degli studenti L'attuale situazione geopolitica ha complicato il lavoro di tutto il settore energetico. Secondo Giannoni, «in questo settore si parla tanto e alla fine si agisce poco perché c'è poca conoscenza del settore. Le soluzioni prospettate nel breve periodo, come la produzione green di idrogeno, saranno difficili da implementare nel breve periodo. Sarà necessario un metodo energetico transitorio e sarà il nucleare. Le energie rinnovabili sono ancora discontinue. Il nucleare inquina meno ed è una fonte sicura. Spero che tutti i Paesi europei non vadano in questa direzione, spronati a fare meglio dall'attuale situazione». Secondo Cresta, il referendum sul nucleare degli anni Ottanta ha frenato l'Italia dal punto di vista dello sviluppo energetico. «Ora che l'UE l'ha reinserito tra le fonti energetiche rinnovabili, Stati come la Francia, che hanno delle centrali in funzione, se la stanno cavando un po' meglio degli altri. Da calabrese, credo che la mia regione potrebbe diventare il parco energetico d'Italia. Ma le soluzioni tech per implementare la transizione energetica sono molteplici. Si potrebbe applicare l'intelligenza artificiale alle centrali produttive, la sensoristica IoT, i tracker Gps sulle navi che trasportano gas». Ma la situazione geopolitica è solo l'ultimo tassello in uno scenario fortemente condizionato dalla crisi ambientale. «È necessario un ripensamento delle logiche attuali verso soluzioni più sostenibili – spiega Affinito – Eseguire una transizione energetica sostenibile significherà puntare anche su solare, eolico, idrogeno verde e biometano. La transizione energetica è già in atto: non dobbiamo temerla, ma cavalcarla». --- Il 23 giugno un comitato presieduto da Paolo Gallo, CEO, Italgas, e Raffaele Oriani, Dean, Luiss Business School, e composto da Leonardo Ambrosi, Innovation and Digital Transformation Director, Italgas, Marco Barra Caracciolo, Chairman & CEO, Bludigit, Mirko Cafaro, External Relations and Press Office Manager, Italgas, Chiara Ganz, External Relations and Sustainability Director, Italgas, Leonardo Quattrocchi, Professor of Practice, Luiss Business School, ha decretato che il gruppo “Here 2 Disrupt” vincitore. Congratulazioni! 23/06/2022

10 Giugno 2022

Competenze trasversali per fare la differenza

Presentati i risultati del programma Con la Scuola, progetto di formazione promosso da Snam, ELIS e Luiss Business School Con oltre 250 ore di formazione dispensate a 500 docenti, per un impatto medio su 2000 studenti italiani, Con la Scuola ha concluso con successo un nuovo percorso formativo. Al centro di tutto, gli istituti formativi come organizzazione, e i docenti ed i dirigenti scolastici come i protagonisti del cambiamento. Il team di docenti di Con la scuola li ha affiancati nella progettazione e realizzazione del loro modello di scuola/comunità “apprendente”. Con la scuola è promosso da SNAM e realizzato da Luiss Business School, che ha sposato in pieno la missione di questo percorso. Come spiega Raffaele Oriani, Associate Dean for Faculty e Direttore Business Unit Custom & Consulting, Luiss Business School, «la nostra missione è avere un impatto sulla nostra comunità di riferimento. Un sistema formativo più efficace va a vantaggio di tutto il sistema Paese. Lavorare sulle competenze trasversali dei docenti e consigli di classe è in linea con il nostro approccio formativo. Infatti, miriamo a lavorare sulla capacità di gestire persone e situazioni complesse, innovare e gestire in modo creativo i problemi, fattori validi in ogni contesto». Con la scuola: qualche numero L'edizione 2021/2022 di Con la Scuola ha prodotto alcuni numeri interessanti. Ha dispensato oltre 250 ore di formazione a distanza e in presenza, per oltre 500 docenti con un impatto stimato su circa 2000 studenti, 60 consigli di classe, 26 dirigenti di 24 scuole coinvolte. «Quelli di Con la Scuola sono risultati incredibili – ha sottolineato Marta Luca, Head of Human Capital Development Diversity and Inclusion, Snam – In questi anni, abbiamo toccato con mano quanto i docenti siano il cuore della scuola. Questo è il punto di partenza e di realizzazione di una società più inclusiva e di un mondo migliore. Dobbiamo continuare a investire nella formazione del personale docente, per allineare e far evolvere l'offerta formativa e la leadership nelle scuole, per rispondere alle domande e alle esigenze sempre più complesse delle nuove generazioni. La scuola è il fulcro del territorio, primo ambiente di lavoro di Snam, ed è lì che bisogna investire, creando un ambiente sostenibile. Se vogliamo migliorare la leadership formativa, dobbiamo migliorare la qualità delle risorse umane». Le scuole sono state anche avamposto e presidio formativo durante la pandemia, garantendo ai ragazzi la possibilità di mantenere forte l'attenzione sulla crescita, nel voler formarsi a tutti i costi per il proprio futuro, per il proprio Paese. Secondo Giovanni Brugnoli, Vicepresidente per il capitale umano, Confindustria, «abbiamo una responsabilità comune nell'orientare gli studenti in base alle proprie specifiche caratteristiche. Il buon orientamento scolastico può produrre un ottimo grado di occupabilità. Il Pnrr dà nei confronti del mondo scolastico una partita finanziaria notevole. Dobbiamo sfruttare questa occasione per avere una scuola più inclusiva, aperta al mondo dell'impresa». Con la scuola, il modello che crea competenze Durante i colloqui, le aziende cercano nei candidati preparazione rispetto all'azienda, motivazione, voglia di lasciare un segno, di mettersi in gioco. Ma, ribaltando la domanda sul personale scolastico, tra dirigenti e formatori, emerge che ancora non è del tutto chiaro il concetto stesso di competenza. Il 57% dei docenti intervistati per il progetto Con la scuola ha dichiarato che la competenza si acquisisce studiando e facendo pratica. Il 41% pensa che si sviluppi con l'allenamento, mentre il 2% crede che si possegga dalla nascita e non muti. «Lavorando sul gruppo, siamo riusciti ad attivare un cambiamento – sottolinea Francesca Traclò, coordinatrice scientifica del progetto “Con la Scuola”, Luiss Business School – La competenza riporta al centro lo scopo educativo, che significa lavorare relazionandosi con i ragazzi. Lavorare con i docenti sull'osservazione è il modo per uscire dal giudizio, per aprire una vera relazione educativa. Dal percorso fatto nell'ultimo anno, abbiamo portato a casa la necessità per i docenti di avere più collaborazione e condivisione. In più, i docenti hanno bisogno di sperimentare il successo e lo abbiamo visto quando la relazione con gli studenti è diventata generativa». Il questionario compilato al termine del programma Con la scuola ha messo in evidenza che bisogna passare dalla formazione al singolo a quella rivolta all'organizzazione, al consiglio di classe e ai dipartimenti. È necessario passare dal (pre)giudizio all'osservazione, creando un linguaggio e uno scopo educativo comuni e imparando a lavorare insieme. “La scuola come sistema complesso” Dopo un secolo di didattica trasmissiva, è tempo di cambiare. Come evidenzia Antonello Giannelli, Presidente, ANP, «è necessario operare un profondo rinnovamento nella scuola, soprattutto sulla prassi didattica». I dati che arrivano dai test Invalsi ci dicono che ogni anno perdiamo un quinto degli alunni italiani. «Da un lato, contribuiamo alla povertà educativa, rendiamo le persone poco soddisfatte di sé. Gli abbiamo fatto provare insuccesso e frustrazione, trasformandoli in potenziali disoccupati, con potenziali impatti sociali negativi. Dall'altra parte, abbiamo demotivato delle persone che, se stimolate nel modo giusto, avrebbero potuto diventare dei lavoratori di successo, contribuendo al benessere di tutti. Questi temi dovrebbero essere di dibattito pubblico. Per questo è necessario passare a modelli didattici innovativi e fare uno sforzo di motivazione verso i ragazzi». 10/6/2022

01 Giugno 2022

ESG Reporting & Planning per leggere il futuro delle aziende

L’evento nato dalla collaborazione tra Luiss Business School e Oracle Italia pone al centro i valori ESG, la loro misurabilità e il ruolo nella pianificazione dei processi aziendali Attenzione all’ambiente, impatto sociale e aspetti di governance (ESG) sono i principi che stanno guidando le trasformazioni aziendali e finanziarie in tutto il mondo. Gli stessi criteri ESG mirano a condurre una transizione sostenibile nel mondo della finanza. Ma per rendere un business sostenibile è necessario monitorarne il valore e i risultati prodotti sulla profittabilità. Per questo le attività di pianificazione e reporting ESG, coadiuvate da tecnologie e strumenti adeguati, assumono un ruolo chiave. Questi sono i punti chiave dell’evento ESG Reporting & Planning: misurare i dati di sostenibilità per governare il business, nato dalla collaborazione tra Luiss Business School e Oracle Italia. Dati ESG, misurazione e pianificazione finanziarie: le sfide da affrontare Delineando lo scenario attuale in cui le aziende globali si stanno muovendo, il professor Raffaele Oriani, Associate Dean for Faculty Luiss Business School, ha sottolineato che gli investimenti sostenibili a livello globale oggi ammontano 35,5 trilioni di euro. Il 35,9% degli Asset Under Management è rappresentato da investimenti sostenibili. Entro il 2025 gli asset ESG potrebbero superare i 53 trilioni, rappresentando più di un terzo degli asset totali (con un aumento del 15%). Il 50% degli asset ESG globali sono in Europa, anche se gli Stati Uniti segnano una crescita molto veloce, soprattutto a livello di bond collegati ai criteri ESG. Contemporaneamente aumentano i bond e le società che adottano tali strumenti. La crescente rilevanza dei temi di sostenibilità per chi investe o per chi concede un credito, rende necessari strumenti che siano in grado di misurare le performance delle imprese e di strumenti finanziari ESG. Ma i processi di misurazione sono eterogenei: non c’è uniformità nella considerazione dei criteri di valutazione per i tre pilastri. Questa è una delle sfide a cui si è chiamati a dare una risposta Tra i temi aperti, relativi allo sviluppo della finanza sostenibile, restano sul tavolo la necessità di una tassonomia condivisa, che permetta di identificare attività, prodotti e servizi finanziari sostenibili; la necessità di maggiore comparabilità nelle informazioni pubblicate da parte delle imprese; una maggiore integrazione e dialogo su temi ESG fra tutti gli stakeholder coinvolti; l’armonizzazione del trade off tra performance ESG e rendimento finanziario. Governare il business applicando i criteri ESG La tavola rotonda, moderata dal professor Cristiano Busco, Full Professor Accounting, Reporting & Sustainability, Luiss Business School, ha messo al centro l’importanza dei dati e valori ESG al fine di arrivare a una governance che traduca lo spirito in pratica. «Da azienda pubblica siamo stati pionieri atipici nell’affrontare le tematiche ESG – ha sottolineato Lucia Fioravanti, Direttore Finanza e Affari Corporate, Sogei – Da due anni stiamo infatti investendo sulla ricerca di modelli che portino la sostenibilità ancora più avanti. Stiamo lavorando sulla sua accountability nell’ambito dei servizi pubblici, articolandola a livello ambientale, digitale e sociale. Coinvolgendo le pubbliche amministrazioni, abbiamo adottato il modello matematico del social return of investment per misurare il valore della sostenibilità in termini di incremento del portafoglio dell’offerta di servizi sanitari pubblici, di occupabilità e sviluppo di competenze. Cercheremo di portare questo modello nella fase di progettazione, in modo da porre l’attenzione sia sul modo di erogare un servizio pubblico sia sull’avanzamento tecnologico legato al fattore della diversity delle persone che andranno ad utilizzarlo». «Nel mondo di Leonardo il cammino verso la sostenibilità è iniziato 13 anni fa. Il codice di Corporate Governance ha formalizzato ciò che era nato spontaneamente – ha spiegato Alessandra Genco, Chief Financial Officer, Leonardo – I KPI finanziari e sostenibilità oggi sono due modi di guardare alla crescita e alle opportunità di sviluppo dell’azienda. Seguendo il modello del World Economic Forum, teniamo in considerazione questi cinque capitali chiave: finanziario; umano; sociale; ambientale, fondamentale per tutte le aziende; produttivo/di supply chain. L’unico modo per immaginare un modello di business sostenibile è basato sulla sinergia di tutti questi capitali, che vanno considerati in modo olistico per produrre un risultato obiettivo». «Muoviamo lavori per circa 20 miliardi di euro e non possiamo più farlo senza considerare il carbon footprint – ha spiegato Alberto Milvio, Chief Financial Officer, Autostrade per l’Italia – Ci orienteremo verso scelte di finanza sostenibile. Abbiamo negoziato una linea di credito legata a parametri di sostenibilità,  presto usciremo con il nostro framework di finanza sostenibile e andremo su mercati legati a questi valori. Da queste scelte non si torna indietro». La validazione dei dati C’è chi, come Oracle, ha puntato sulla sostenibilità anche per attrarre talenti e supportare con le proprie tecnologie i clienti nei loro sforzi in questa direzione. C’è chi, come Leonardo, ha deciso di mettersi alla prova con la misurazione esterna sugli 11 Kpi legati ai criteri ESG, per essere certi di essere sulla strada giusta. C’è chi, come Autostrade per l’Italia, ha messo in campo sistemi di controllo interno del mercato finanziario. C’è chi, come Sogei, ha fatto del report integrato una consuetudine. «La sostenibilità ha un valore sistemico e le aziende devono muoversi in una partnership continua – ha spiegato Fioravanti – Si arriva a una integrazione quando la sostenibilità entra nel concetto di rischio: è questa la vera sfida». No planet B Il 94% degli intervistati per la survey Oracle No Planet B ritiene che gli umani abbiano fallito nella gestione del pianeta e il 61% che solo l’uso di strumenti di intelligenza artificiale possa rendere le attività umane più sostenibili. La ricerca ha coinvolto 11 mila persone distribuite in 15 Paesi – consumatori, dipendenti aziendali, business leader. «L’umanità sostenibile in azienda è alla base del nostro futuro – ha rimarcato Giovanni Nubile, Country Leader Applications, Digital Finance and Supply Chain, Oracle Italia – Ciò vale soprattutto per le aziende. Il 91% dei manager intervistati pensa che il problema sia la gestione della sostenibilità nei sistemi aziendali – ad esempio la difficoltà nel reperire i dati ESG e interpretarli, per prendere le giuste decisioni – fattore che spesso fa pendere l’ago della bilancia verso la sola profittabilità. Ma il 70% delle persone interpellate ha ammesso che preferirebbe non avere più a che fare con aziende non sostenibili.  Sostenibilità e redditività non sono più obiettivi in contrasto fra loro, e come Oracle siamo certi di poter aiutare le aziende a fare meglio». «Il futuro ci dice che non bastano più compliance e reporting – ha spiegato Edilio Rossi, Digital Finance & Supply Chain Sales Development Director, Oracle Italia, durante la presentazione della piattaforma Oracle Cloud EPM – Il mercato e gli investitori chiedono una visione che passi attraverso una lettura che non sia solo economica e finanziaria». L’evento ESG Reporting & Planning: misurare i dati di sostenibilità per governare il business si è tenuto il 18 maggio a Villa Blanc, Roma, sede Luiss Business School. Hanno partecipato: Raffaele Oriani, Associate Dean for Faculty, Luiss Business School; Cristiano Busco, Full Professor Accounting, Reporting & Sustainability, Luiss Business School; Lucia Fioravanti, Direttore Finanze e Affari Corporate, Sogei; Alessandra Genco, Chief Financial Officer, Leonardo; Alberto Milvio, Chief Financial Officer, Autostrade per l’Italia; Giovanni Nubile, Country Leader Applications, Digital Finance and Supply Chain, Oracle Italia; Edilio Rossi, Digital Finance & Supply Chain Sales Development Director, Oracle Italia. 31/05/2022

esg

01 Aprile 2020

CDP, Luiss Business School, Talent Garden e P4I: #ITALIASMART – Virtual Panel su innovazione e smart working

CDP, Luiss Business School, Talent Garden e P4I: il 1° aprile alle 15 #ITALIASMART – Virtual Panel su innovazione e smart working RIVEDI IL WEBINAR    Si terrà oggi 1° aprile alle ore 15:00 #ItaliaSmart, il virtual panel organizzato da Cassa Depositi e Prestiti in collaborazione con Luiss Business School, Talent Garden e P4I - Partners4Innovation per approfondire il tema dell’innovazione e dello smart working a cui parteciperà il Ministro per l'Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione Paola Pisano. L’emergenza Covid-19 impone infatti a tutte le organizzazioni di ridefinire i propri processi in una logica digitale, a partire dalla sperimentazione dello smart-working. Durante il virtual panel si analizzeranno quindi le opportunità connesse allo sviluppo delle nuove tecnologie, delineando trend e best practice per le competenze e il lavoro del futuro. Interverranno tra gli altri Maurizio Di Fonzo, Chief People and Organization Officer Cassa Depositi e Prestiti, Paolo Boccardelli, Direttore Luiss Business School, Mariano Corso, Direttore Scientifico P4I - Partners4Innovation, Davide Dattoli, CEO e Co-Founder Talent Garden, Monica Parrella, Direttrice generale del Personale Ministero dell’Economia e delle Finanze. Il virtual panel, a cui parteciperanno i manager di tutte le società partecipate da Cassa Depositi e Prestiti, vuole essere anche un momento di riflessione per tutte le aziende italiane in un momento di profonda trasformazione. E proprio nell’ottica di formare la classe dirigente del Paese per un futuro che si preannuncia molto diverso da come lo si prospettava, Luiss Business School ha messo gratuitamente a disposizione di CDP e delle sue partecipate una serie di strumenti di formazione digitale. 01/04/2020

28 Marzo 2020

Luiss Business School Webinar Series con Stefano Donnarumma, CEO Acea

Un confronto per approfondire la gestione delle crisi nelle organizzazioni complesse, un tema sempre più rilevante alla luce delle sfide presenti e future che stanno emergendo durante l’emergenza coronavirus. Insieme a Stefano Donnarumma analizzeremo come ripensare l’organizzazione del lavoro, la gestione dei processi, il ruolo delle nuove tecnologie e le nuove competenze necessarie. RIVEDI IL WEBINAR   Il 3 aprile 2020 alle 18.30 con Stefano Donnarumma, CEO Acea, si terrà un nuovo appuntamento della serie di webinar targata Luiss Business School. Un confronto per approfondire la gestione delle crisi nelle organizzazioni complesse, un tema sempre più rilevante alla luce delle sfide presenti e future che stanno emergendo durante l’emergenza coronavirus. Insieme a Stefano Donnarumma analizzeremo come ripensare l’organizzazione del lavoro, la gestione dei processi, il ruolo delle nuove tecnologie e le nuove competenze necessarie. La formula in live streaming permetterà di reinventare gli incontri di formazione dedicati a professionisti e imprese e di scoprire in una modalità nuova e interattiva gli Executive Programme in Sviluppo Manageriale e Project Management: sarà infatti possibile partecipare al Q&A che seguirà il Webinar per approfondire le tematiche emerse e tutte le opportunità dei programmi. Per partecipare al Webinar è necessaria la registrazione. RIVEDI IL WEBINAR 28/03/2020